L’iniziativa “Liceo digitale”, proposta da Luciano Violante, realizzata in sinergia con Leonardo S.p.A., Ministero dell’Istruzione e Istituto Matteucci di Roma è una importante innovazione nel sistema Education che mette al bando i divieti e punta sulla pedagogia. L’obiettivo è favorire il dialogo tra le materie scientifiche, tecniche e umanistiche, fondamentali per garantire un futuro sostenibile. Trenta gli studenti che hanno formato la prima classe di questo indirizzo di studi, a partire da settembre 2022, con durata quinquennale. Successivamente, considerata l’alta richiesta, si sono formate altre due classi; per l’anno scolastico 2024-2025 le classi saranno in tutto cinque. L’allora Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, definì il progetto “una vera grande innovazione per la scuola italiana”.
Il progetto risponde a stimoli provenienti da più direzioni: il Piano Nazionale Scuola Digitale, al quale la didattica deve far riferimento, richiede espressamente alle scuole di “sviluppare in modo integrato le competenze digitali con i curriculi disciplinari”. È necessario, inoltre, ridare dignità agli istituti tecnici. Gli studenti avranno competenze matematiche e informatiche integrate da conoscenze umanistiche (filosofiche e artistico-letterarie), con lo scopo di educare all’umanesimo digitale come condizione necessaria per un pensiero autonomo.
Deficit di esperti in tecnologie digitali
Lo studente durante il primo biennio segue un percorso di introduzione all’Intelligenza Artificiale (tematiche tecniche e aspetti umanistici), con il supporto di esperti che affiancano i docenti curriculari; nel secondo biennio e nel quinto anno verrà, poi, coinvolto in un progetto affiancato da un tutor e parallelamente parteciperà a uno stage in aziende che si occupano di IA e linguaggio matematico.
È un’esperienza necessaria perché nel nostro Paese mancano più di un milione di esperti in tecnologie digitali. Avvicinare le nuove generazioni alle discipline STEAM – ossia Science, Technology, Engineering, Art, Mathematics – contribuisce alla crescita di competitività del sistema industriale nazionale e va nella direzione di colmare il nostro deficit di competenze digitali. Occorre investire nelle competenze e nel potenziamento della formazione. Un compito che si assolve attraverso la diffusione di una cultura dell’innovazione.
La necessità di competenze umanistiche introduce il grande capitolo della pedagogia digitale.Siamo in presenza di una tecnologia sempre più mediatrice tra vita materiale e vita immateriale, tra individuo e comunità, tra cittadini e amministrazioni.
A differenza delle altre grandi innovazioni, il digitale può creare pensieri, formare le nostre opinioni, emulare comportamenti umani come la conversazione e la risoluzione di problemi. La piattaforma AI Xiaoice, sviluppata in Asia da Microsoft, è capace di conversare in forma individualizzata con gli utenti di alcuni sistemi di messaggistica ed è in grado di apprendere ed elaborare informazioni riservate su disagi psichici, abusi, gusti individuali.
Le reti digitali mettono in comunicazione con luoghi apparentemente irraggiungibili che possono nascondere anche insidie. L’IA, come tutte le grandi innovazioni, presenta opportunità e rischi. Il digitale va difeso, esteso, potenziato, garantito nell’accesso e nella fruizione a tutti in condizione di eguaglianza, sussidiarietà e inclusione. Come abbiamo imparato a governare i cambiamenti epocali, per costruire nuovi strumenti e ottimizzare i nostri modi di vivere e permetterci un maggiore benessere, ora è necessario acquisire una nuova “capacità d’uso”, attraverso una moderna “pedagogia” che ci renda consapevoli dei molti pregi, delle opportunità ma anche dei rischi di queste tecnologie.
Il digitale è un ambiente
Il digitale non è solo un insieme di strumenti. È innanzitutto un ambiente, al cui interno l‘essere umano svolge la propria vita quotidiana. Il suo sviluppo porta con sé nuove e inedite possibilità di sviluppo, ma, al contempo, comporta un aumento – nel numero e nell’intensità – dei pericoli per la sicurezza dei cittadini. Dalle minacce alla cybersecurity dei sistemi informatici (virus, ransomware, phishing, attacchi DDoS), a quelle che riguardano la cybersafety: la tutela dei diritti e della sicurezza del nuovo ambiente deriva anche dalla salute psicofisica e dalla postura intellettuale e morale degli utenti, soprattutto dei minori, che sono i più esposti.
I rischi da “isolamento”, da vita “onlife”, vanno dall’ADHD (disturbo da deficit dell’attenzione), gaming disorder (da poco inserito dall’OMS nel manuale internazionale di classificazione delle malattie), al cyberbullismo e pedopornografia. La transizione digitale non ha un punto di arrivo perché viviamo un ‘epoca in continua transizione. L’apparato normativo è spesso in ritardo rispetto alle drammatiche conseguenze di questi fenomeni.
Emblematico il caso del cyberbullismo: se di “bullismo” le istituzioni parlano dal 2012, il “cyberbullismo” viene ufficialmente riconosciuto e contrastato solo dal 2019, dopo l’ennesimo caso di suicidio provocato online. L’unica strategia realmente preventiva è quella pedagogica, riunendo tutto il mondo della scuola (docenti, alunni e genitori), coinvolgendo personalità esperte in ogni campo, dalle neuroscienze al diritto, dalla programmazione informatica all’etica, ma anche in una sinergia fondamentale tra pubblico e privato.
Per rispondere a questi rischi che minano la convivenza civile, occorre partire – sin dalla scuola primaria – da un’educazione che supporti il cittadino nella formazione di una consapevolezza civica e digitale capace di affrontare le sfide presenti e future.
Aumento del flusso dei dati. Che fare?
Per i “nativi digitali”, le nuove tecnologie offrono una gamma di possibilità di azione e socializzazione sempre più all’avanguardia, che vanno dai social network, al gaming online, passando per la realtà aumentata fino ad arrivare alla realtà immersiva e all’uso di visori e microchip impiantati sottopelle per accedere e interagire in spazi virtuali sempre più verosimili e aperti.
Gradualmente, a partire dal 2030, sarà attivata la rete satellitare 6G: fino a 10 Terabyte al secondo. Pregi e difetti del digitale risulteranno amplificati. L’aumento del flusso di dati, in entrata e in uscita, renderà possibili e diffuse applicazioni e tipologie di dispositivi di nuova concezione, ad alto impatto intrusivo. L’Intelligenza Artificiale, infatti, sarà in grado di gestire non solo i dati personali dell’utente, ma anche i suoi dati biometrici, monitorandone l’inconscio. Visori, occhiali e nuovi dispositivi potranno persino indurre variazioni biometriche, e cioè agire sull’inconscio a livelli inediti, con chiari pericoli in termini di condizionamento e manipolazione.
L’utilizzo non consapevole delle tecnologie digitali contribuisce allo sviluppo di malessere psicologico, isolamento sociale e dipendenza patologica.
La generazione Alpha (nati dopo il 2011), utilizza abitualmente il gaming online, ma non è consapevole di agire nel metaverso. Perciò Massimiliano Nicolini, uno dei maggiori tecnologi del Web 3.0, parla di “realtà abituale” per evidenziare la non consapevolezza dell’utilizzo delle nuove tecnologie.
Sempre più connessi, sempre più giovani, sempre più a lungo online, al limite della dipendenza. Secondo un’indagine del Ministero dell’Istruzione e del Merito condotta nel 2023, il 47% dei ragazzi italiani afferma di essere connesso oltre 5 ore al giorno: lo stesso tempo trascorso in classe. L’Ofcom (autorità britannica per le società di comunicazione) stima che 500 milioni di minori al mondo accedano a contenuti per maggiorenni, spesso aiutati dai loro genitori. Contenuti inappropriati, iperstimolazione sensoriale e conseguenze neurologiche, problemi a livello di competenze cognitive e non-cognitive, deficit di attenzione, mancanza di empatia (minori sono le vittime del cyberbullismo e della sextortion, ma minori sono anche i responsabili).
Una nuova pedagogia digitale – sistemica e preventiva – non si limita all’informazione sull’innovazione tecnologica e sulle minacce che questa comporta, ma pone anche le condizioni perché gli studenti siano in grado di riconoscere e affrontare possibili minacce future attraverso un costante esercizio etico e intellettuale. La crescita del giovane cittadino non può prescindere dal coinvolgimento e quindi dalla formazione dei formatori, attraverso un costante processo di aggiornamento agli sviluppi tecnologici (lifelong learning). Non ultimo, una pedagogia della cybersafety si struttura anche a partire da un approccio pratico, in considerazione delle possibilità fornite dai nuovi ambienti digitali, come ad esempio dalle simulazioni effettuate attraverso gli strumenti di realtà immersiva, esperienze in grado di generare un significativo impatto sull’emotività e sulle capacità relazionali dell’individuo.
Laddove la cybersecurity si occupa della sicurezza delle macchine e dei sistemi informatici, la cybersafety mira a proteggere l’essere umano.
La cybersafety dell’ambiente digitale e la cybersicurezza dei sistemi informatici sono risposte complementari alla stessa questione, imposta dall’accelerazione del progresso tecnologico, quella della formazione (e poi protezione) di individui dotati di una consapevolezza civica e di un’identità digitale aggiornata al presente e pronta per il futuro.
È una questione che richiede, appunto, una fondamentale collaborazione tra pubblico e privato, nonché una collaborazione accademica transdisciplinare (dall’informatica alla giurisprudenza), ma che deve partire innanzitutto dalla scuola primaria, con approccio sistemico, dall’atteggiamento – fisico, intellettuale e morale – di alunne e alunni.
L’aggiornamento tecnologico del corpo docente
L’ormai compiuta digitalizzazione dell’infanzia nel nostro Paese richiede anche un aggiornamento tecnologico del corpo docente, e dunque percorsi di formazione sullo stato attuale delle tecnologie digitali, come pure sulle più attendibili proiezioni relative alle tecnologie di recente e prossima implementazione (metaversi, blockchain e Web3, sviluppi dell’Intelligenza Artificiale conversazionale), ma richiede anche e soprattutto un coinvolgimento attivo di alunne e alunni.
Rispetto alle cyberminacce, come abbiamo già detto, i minori sono i cittadini più esposti, ma sono anche la prima linea di difesa in fatto di prevenzione.
Una strategia preventiva realmente sistemica non si limita all’informazione sullo stato attuale o prossimo della tecnologia digitale e neppure all’enumerazione delle minacce digitali già operanti, ma deve mettere gli adolescenti nella condizione di riconoscere e combattere minacce che ancora non esistono, ma che si manifesteranno, in modi che ciascuno dovrà verificare, in uno sforzo di immaginazione etica, che richiede però esercizio costante.
La scuola deve favorire questo processo, individuale e performativo, con ogni mezzo disponibile, anche ovviamente con i mezzi offerti dal digitale, in particolare mediante l’esperienza della realtà immersiva. Per esempio, con l’esercizio etico dell’immedesimazione nella situazione dell’altro (e dell’altra): l’identificazione con l’altro, infatti, favorisce la crescita emotiva e diventa consapevole volano del rispetto reciproco, e dunque del legame sociale.
La ricerca è coordinata da Marco Casu, dottore di ricerca in filosofia teoretica; del Comitato scientifico fanno parte Salvatore M. Aglioti, ordinario di Neuroscienze cognitive e Fisiologia psicologica (Sapienza Università di Roma; Center for Life Nano- & Neuro-Science, Roma; Istituto Italiano di Tecnologia); Roberto Battiston, ordinario di Fisica sperimentale (Università di Trento), già presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI); Mario Caligiuri, ordinario di Pedagogia generale e sociale (Università della Calabria) - Delegato Ministero dell’Istruzione e del Merito; Nunzia Ciardi, vice direttore generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN); Pietro Curzio, presidente emerito Corte di Cassazione; Giusella Finocchiaro, ordinario di Diritto privato e di Diritto di internet – Alma Mater Studiorum Università di Bologna; Giulia Guglielmini, presidente Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo; Massimiliano Nicolini, direttore del Dipartimento Ricerca e Sviluppo – Olimaint; Oreste Pollicino, ordinario di Diritto costituzionale – Università Bocconi, MIlano; Maria Prodi, dirigente scolastica, esperta di politiche scolastiche; Francesco Profumo, presidente di Isybank, la nuova banca digitale – Intesa Sanpaolo; Federica Resta, dirigente del Garante per la protezione dei dati personali; Andrea Simoncini, ordinario di Diritto costituzionale e Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università di Firenze; Luciano Violante, Presidente Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine ETS.
Su queste basi si è costituita una nuova Associazione Futuri Probabili che affronta il tema della tutela delle persone nei nuovi contesti di vita digitale. Nasce con l’obiettivo di educare la prossima generazione del Paese alla prossima generazione del digitale.
Il futuro e la coesione del Paese
I nativi digitali sono i futuri ricercatori nei campi più investiti dalle trasformazioni, l’IA, la robotica, lo spazio, la demografia, la medicina. Spetterà loro l’onere di individuare gli scenari prevedibili nell’arco del prossimo decennio, i cambiamenti nella vita delle persone, nelle aziende, nella governance delle nazioni e le conoscenze che si renderanno conseguentemente necessarie nelle successive giovani generazioni.
Il sapere pedagogico, e le scienze umano-sociali in generale, volgono alla costruzione del futuro, con uno sguardo preferenziale alle giovani generazioni: perché sappiano ri-apprendere a sognare, a sperare, a progettare una vita proiettata verso il futuro.
Perché qualsiasi programma informatico sarà sempre sviluppato da una mano umana. I giovani che formiamo oggi sono non solo gli utenti, ma anche i creatori degli strumenti di domani. Da come saranno formati dipende il futuro e la coesione del Paese.