Trimestrale di cultura civile

L’apprendimento digitale ha superato gli esami

  • AGO 2022
  • Jaci Lindburg
  • Martina Saltamacchia

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La proposta di conoscenza: prendere il meglio di un campus universitario e renderlo accessibile a tutti. Nulla a che vedere con i corsi per corrispondenza, una formula che ormai appartiene al passato. E nulla a che vedere con le università telematiche per come siamo abituati a pensarle. All’University of Nebraska at Omaha si propone l’università online perseguendo precisi parametri qualitativi. Competitiva con quel che avviene nel campus. E con l’online si offre a studenti lontani la possibilità della laurea e magari di diventare leader nei propri territori. Una formula educativa in continua evoluzione. La pandemia ha mostrato che studenti di tutte le età e provenienze desiderano avere maggior accesso a questo tipo di formazione online per complementare la propria vita. In questa partita i docenti sono chiamati a un impegno importante e a dimostrare che nessuno chiede loro di rinunciare alla qualità. Anzi. Intervista alla professoressa Jaci Lindburg, insegnante di Digital Learning all’università del Nebraska.

“Cosa intendiamo per digital learning? In Italia, quando parliamo di formazione a distanza, si tende a pensare ai corsi per corrispondenza, o alle lezioni tenute su Zoom o Teams durante la pandemia. Stiamo parlando di questo, oppure il digital learning è qualcosa di diverso?”.

Si avvia così la conversazione con la professoressa Jaci Lindburg, che insegna Digital Learning all’Università del Nebraska. Un’opportunità per comprendere ciò che non ti aspetteresti dal cosiddetto “apprendimento digitale”. Un percorso di studi divenuto assolutamente competitivo negli Stati Uniti. Da intendersi non come un qualcosa di alternativo alla formazione “in presenza”, ma piuttosto la possibilità di offrire la conoscenza universitaria a un’utenza maggiore. Ma ecco come Jaci Lindburg risponde alla prima domanda: “Nel mio corso di Digital Learning, il primo giorno, mostro agli studenti una slide che elenca tutti i termini in cui si declina quello che definiamo ‘apprendimento digitale’, un’espressione che credo rappresenti più accuratamente il corpus del lavoro che facciamo. Possiamo immaginare l’apprendimento digitale come un continuum su cui si vanno a situare componenti diverse. A un estremo del continuum troviamo il corso per corrispondenza e il corso online asincrono, mentre all’estremo opposto un corso in persona in cui venga utilizzata la tecnologia, passando per il corso con una settimana online e il resto del semestre in classe, il corso a distanza in diretta (in remoto), e così via. Tra le varie modalità, però, i corsi per corrispondenza sono qualcosa del passato, e a cui senz’altro non aspiriamo. Non ci si può limitare a trasmettere informazioni: entrare in contatto con lo studente e stabilire un rapporto significativo è componente indispensabile per l’apprendimento”.

Chi è il tipico studente online?

A livello nazionale e locale, lo studente è mediamente sui 26 anni, con preponderanza femminile. Ma in questi ultimi due anni stiamo assistendo a un cambiamento. La pandemia ha mostrato che studenti di tutte le età e provenienze desiderano avere maggior accesso a questo tipo di formazione online per complementare la propria vita. L’online è diventato parte integrante del puzzle formativo di ogni studente.

Solitamente, il pensiero mainstream ritiene che l’offerta online sia meno qualificata, una sorta di scorciatoia rispetto al percorso tradizionale…

È una preoccupazione comune. E sono contenta quando mi sento fare questa domanda perché è la riprova di quanto tutti teniamo alla qualità. Dico sempre ai docenti: nessuno vi chiede di sacrificare la qualità, mai. Quello che vi proponiamo è di prendere in considerazione la possibilità di fare qualcosa di diverso, che risponda in modo più efficace alle esigenze degli studenti. Nella nostra università offriamo corsi online da 15 anni, e non abbiamo mai riscontrato una differenza significativa nei risultati complessivi dell’apprendimento effettivo degli studenti, nei risultati ottenuti, nel tasso di abbandono degli studi tra le modalità di offerta dei corsi. In genere riscontriamo che gli studenti ottengono i risultati migliori nei corsi ibridi, in cui seguono il corso in parte online e in parte venendo in università. E questo è davvero entusiasmante, perché godono dei vantaggi della flessibilità di questi corsi, e allo stesso tempo vengono al campus per coltivare una connessione umana e profonda.

Credo che l’aspetto a cui non si pensa mai quando si parla di online sia quanto tempo si debba impiegare nel design e nell’architettura di ciascun corso; per costruire un corso online di qualità occorre moltissimo tempo.

Perché?

L’online rende visibile l’invisibile. Per creare un corso online di qualità, bisogna pensare in anticipo a come affrontare tutte quelle cose che accadono normalmente in classe. L’espressione di confusione sul volto degli studenti, il tipo che si attarda un po’ alla fine della lezione, o arriva prima per farti una domanda, tutte queste cose scompaiono online. Come si fa a riprodurre online il desiderio di avere un rapporto con gli studenti, di apertura e di chiarezza? Tutto questo deve essere creato e costruito intenzionalmente, e ci sono diverse strategie che si possono adottare, dagli orari di ricevimento virtuali ai peer assignments, e così via. Ma il primo passo per poter fare online tutte quelle cose che sono un po’ più invisibili nell’apprendimento faccia a faccia, è riconoscere quanto siano importanti e fondamentali per il successo di uno studente.

Quali sono, secondo lei, i punti di forza dell’apprendimento digitale?

Direi tre. Innanzitutto, l’accessibilità: gli studenti non devono dover scegliere se studiare o lavorare, se fare una cosa o l’altra nella vita. In una scuola come l’University of Nebraska at Omaha, che è un istituto metropolitano, abbiamo parecchi studenti che già lavorano e hanno figli, di età mediamente più alta rispetto allo studente tradizionale. L’online permette loro di continuare a frequentare l’università e lavorare allo stesso tempo.

Secondo, l’elemento inclusivo. In un corso online ben progettano, tutte le tipologie di studenti hanno la possibilità di giocare allo stesso livello. A me in aula piace essere quella che interviene e fa domande, ma mi rendo conto che spesso finisco per prendere il posto di uno studente più silenzioso che magari vorrebbe intervenire, ma è troppo timido o ci mette di più a elaborare le informazioni. Un ambiente online strutturato correttamente, invece, può essere attraente per tutte le diverse tipologie di studenti, per esempio perché chi non si esprimerebbe in classe può avere tutto il tempo per scrivere una riflessione ponderata in una discussione asincrona online.

E il terzo punto di forza?

Ciò che definiamo ambiente di apprendimento digitale di nuova generazione: un insieme coeso di strumenti che possono supportare l’apprendimento e una maggiore padronanza dei contenuti. Alla fine di una lezione frontale, lo studente esce e non può riavvolgere il nastro per riascoltare un momento in cui magari si è perso. L’ambiente di apprendimento digitale di nuova generazione, invece, permette di dire: “Non ho capito bene questo. Voglio rivedere quella parte della spiegazione o fare una domanda su quel passaggio”.

Quale cambiamento richiede l’online al docente, rispetto alla lezione frontale?

Nel supportare il processo di design di un corso online, incoraggiamo i docenti a pensare alla capacità di attenzione. Capisco benissimo perché le lezioni dal vivo in Zoom che abbiamo visto usare durante la pandemia non erano le preferite dagli studenti. Se uno pensa a come ha trascorso la giornata, la riunione di due ore su Zoom non è di solito al primo posto nella lista delle attività preferite, perché è difficile stare seduti e rimanere concentrati su qualcosa che non è tridimensionale e per lo più è solo una comunicazione verbale. L’approccio che suggeriamo ai docenti è il chunking (fare a pezzi), ovvero pensare ai diversi elementi che compongono l’argomento da insegnare. Per esempio, in un corso di management in cui si deve spiegare come dare un feedback ai dipendenti, si tratta di pensare ai vari passaggi e creare un paio di video di 10-15 minuti sulle diverse parti, magari inframmezzati da quiz con domande per verificare la comprensione, utilizzando in questo modo molteplici modalità di insegnamento. Tutto questo richiede una maggiore intenzionalità nell’esaminare ciò che si sta insegnando, quali sono i temi comuni, e come inserire attività per coinvolgere gli studenti invece che chiedere loro di star seduti ad ascoltare qualcuno che parla per due ore.

E per quei docenti che non si sentono le persone più tecnologiche del mondo?

Tutto questo non è qualcosa che chiediamo loro di fare da soli, ma lavorando insieme al nostro team di instructional designer per capire cosa funziona meglio online e come poter fare determinate cose. Il punto di partenza è il docente che dice: “Mi piace molto fare questo tipo di attività in classe, questo è quello che funziona molto bene e questo è quello che vorrei che imparassero. Come posso ricreare questo tipo di apprendimento online?”. Questo non significa semplicemente caricare la stessa attività online, ma ripensare a come quel tipo di apprendimento desiderato può accadere in modo analogo. E per ottenere tale risultato, potrebbe essere necessario un processo completamente diverso o una riorganizzazione dei fondamenti di quell’attività.

Mi sembra chiaro, allora, che il costo dell’infrastruttura necessaria per la creazione e il supporto di corsi online di qualità sia significativo. Perché investire in questa direzione?

Credo che investire in questo settore sia assolutamente la cosa da fare. In Nebraska, ogni anno un numero minore di studenti si diploma alle scuole superiori. Ci sono mezzo milione di persone con qualche corso universitario, ma non una laurea. Ci sono persone che arrivano a metà percorso universitario e magari pagano le bollette, ma non hanno i benefici di un diploma. E molte persone non vivono in una comunità con un campus universitario nelle vicinanze. Quando si iniziano a considerare questi fattori, l’istruzione a distanza e in digitale finisce per essere il metodo migliore per molti per continuare e finire gli studi. L’online è una grande opportunità di allineamento. Quindi, per me, non si tratta di capire se sarebbe meglio investire in un campus fisico. Certo, i campus universitari sono paradisi sicuri e un posto fantastico dove stare, lavorare e passare il tempo. Ma per me investire nell’apprendimento digitale significa prendere il meglio di un campus universitario e renderlo accessibile a tutti. E la vedo anche come una grande opportunità per gettare un ponte.

In che senso?

Normalmente, ogni studente si trova ad affrontare un paio di tappe impegnative. Alla fine della scuola superiore, a volte, si perde nel cercare di scegliere l’università, non sa bene dove andare e in cosa specializzarsi. Poi, una volta laureato, spesso attraversa un periodo difficile, e non è semplice trovar lavoro. Penso che l’apprendimento digitale sia un ottimo modo per connettere queste tappe. Ad esempio, uno studente che trova un’ottima opportunità di lavoro può iniziare a lavorare e finire gli ultimi 12 crediti online. Credo che questo aggiunga quella flessibilità che rende meno bruschi i passaggi della vita. Mi piacerebbe sviluppare un percorso in cui gli studenti inizialmente seguano corsi in presenza, poi comincino a fare uno stage e a frequentare alcuni corsi online. E poi magari, una volta pronti per incominciare a lavorare, finiscano gli studi completamente online. Penso che tutto ciò sia un ottimo modo di impiegare l’apprendimento digitale in maniera non dualistica, riconoscendo che non necessariamente la vita di tutti rientra in categorie perfette e ben definite. Forse un tempo lo pensavamo. “Lo studente universitario si trasferisce e va a vivere in un residence per quattro anni.” Io l’ho fatto e mi è piaciuto molto. Ma questo non significa che questo modello vada bene per tutti. E credo che l’apprendimento digitale sia ciò che rende possibile che l’università possa essere per più persone.

C’è chi obietta, però, che l’apprendimento digitale non è una forma di educazione, perché l’educazione è una relazione, non solo un trasferimento di informazioni…

Capisco perfettamente. Anche a me piace moltissimo quando insegno agli studenti in persona. Amo quella sensazione che si prova quando si è nella stanza con qualcuno, si parla di qualcosa e si vede che scatta una scintilla. Non credo che l’online cerchi di duplicare tutto questo. Quello che penso stia cercando di fare è incontrare gli studenti lì dove si trovano.

Allo stesso tempo, è importante rendersi conto che non formiamo lo studente solo attraverso il corso. Ci vuole un supporto completo per educare, sostenere e preparare una persona al suo futuro. E per ottenere questo, ci sono molte strategie diverse. Prendiamo il nostro programma online di biblioteconomia, che ha l’obiettivo di preparare studenti connessi da tutti gli Stati Uniti a lavorare nelle scuole e nelle biblioteche pubbliche di tutto il Paese. Il focus del programma non è solo sui contenuti da imparare per l’esame, ma anche sull’inserimento lavorativo. Oltre ai corsi, i docenti li esercitano sulle domande ai colloqui, sul portamento, sulle competenze digitali, e così via. Più capiamo che stiamo educando persone in quanto esseri umani nella loro totalità, e che non si tratta solo di una sorta di transizione (“sto insegnando questo corso e basta”), e più è lì dove è possibile realmente alimentare un rapporto.

Ma dunque nell’apprendimento digitale la figura del docente e il suo rapporto con lo studente non sono relegati ai margini?

Al contrario, l’aspetto umano del processo educativo è ancora più enfatizzato nell’apprendimento digitale rispetto a una classe normale. Per insegnare un corso online, non ci si può limitare a capire come spostare contenuti e tradurre le attività. Questo è un ottimo primo passo. Ma poi, come si fa a umanizzare il processo educativo? Come si fa a diventare parte integrante dell’esperienza dello studente, in modo che alla fine egli senta di conoscerti, di fidarsi di te e di poterti fare delle domande? Per questo, in un corso online, la visibilità del docente – che in aula accade organicamente: è lì davanti agli studenti – è un elemento fondamentale del processo di apprendimento. A partire da pratiche semplici come un video introduttivo nella home page del corso, in cui il docente si presenta: “Questo sono io. Questa è la ragione per cui mi piace insegnare questo corso. Questi sono gli ambiti della mia ricerca.”

Il Dean della Scuola di Pubblica Amministrazione, uno dei primi programmi nella nostra università che è stato attivato online, dice sempre: “Conosco i miei studenti online meglio di qualsiasi altro studente a cui ho insegnato faccia a faccia.” E questo perché, online, sta con loro di più. È un ambiente al cento per cento diverso. Non è certo la stessa magia della classe, che io amo e che tutti amano, del saluto alla fine della lezione. Ma tuttavia è la possibilità per qualcuno in una piccola città sperduta del Nebraska di far prosperare quella comunità diventando un leader. Ed è quella possibilità che, a sua volta, cambia il mondo, e non solo le comunità che hanno la fortuna di avere un campus universitario.

Jaci Lindburg è Vicepresidente associato per l’istruzione digitale dell’University of Nebraska e direttore di University of Nebraska Online.

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