Trimestrale di cultura civile

Quale risposta politica
all’eco-ansia

Se ne parla con approssimazione e superficialità, ma è assai diffuso, specie tra i giovani, il fenomeno dell’eco-ansia. In una Comunicazione della Commissione europea, all’interno di un testo che si sofferma sulla necessità di promuovere un approccio globale alla salute mentale, viene indicato quel fenomeno proprio tra le patologie che concernono la salute e il benessere mentale della popolazione. L’“ansia climatica” è uno stato psicologico correlato a una inadeguata risposta della politica alle aspettative di poter conseguire una prosperità futura. Dunque, la gravità della situazione richiederebbe un impegno più focalizzato dei governi. “L’incapacità dei governi di affrontare adeguatamente il cambiamento climatico e l’impatto sulle generazioni più giovani costituisce potenzialmente un danno morale. Le nazioni devono rispondere per proteggere la salute mentale di bambine/i e giovani impegnandosi in azioni etiche, collettive e basate sulle politiche contro il cambiamento climatico”. Urge cambiare rotta in una logica di “buon senso”. Una partita fondamentale totalmente inserita negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile

La Commissione europea, con la Comunicazione COM(2023) 298 final. del 7 giugno 2023 su un approccio globale alla salute mentale, ha posto l’attenzione sul fenomeno dell’eco-ansia, indicandolo tra le patologie che riguardano la salute e il benessere mentale della popolazione, con particolare riferimento ai giovani, riportando le seguenti considerazioni: “I giovani sono estremamente preoccupati per i cambiamenti climatici e per la perdita di biodiversità. Da un’indagine recente è emerso che il 75% dei bambini e dei giovani rispondenti pensa che il futuro sia ‘spaventoso’. Allo stesso tempo, lo studio ha evidenziato che l’ansia e il disagio legati al clima sono correlati alla percezione di una risposta inadeguata da parte del governo e ai sentimenti di tradimento associati. Gli impegni assunti dall’UE per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e nell’ambito del quadro globale di Kunming-Montreal per la biodiversità sono pertanto importanti anche per la salute mentale dei nostri bambini e ragazzi”.

Coinvolgere i giovani

In questa Comunicazione, la Commissione cita uno studio pubblicato sulla rivista Lancet Planetary Health che con chiarezza definisce il fenomeno definito “ansia climatica” come uno stato psicologico correlato a una inadeguata risposta della politica alle aspettative di poter conseguire una prosperità futura.

Sebbene dolorosa e angosciante, come precisano i ricercatori, l’ansia climatica è razionale e non implica una malattia mentale, poiché di fatto l’ansia è un’emozione che ci mette in allerta rispetto a un pericolo, spingendoci a cercare maggiori informazioni sulla situazione e a trovare potenziali soluzioni. Tuttavia, poiché la crisi climatica è un fenomeno di estrema complessità e non ha soluzioni semplici, l’ansia può facilmente diventare troppo intensa, sovrastando le capacità di reazione dell’individuo, fino a divenire opprimente.

Date queste premesse, i ricercatori evidenziano che “il cambiamento climatico e l’inazione del governo sono fattori di stress cronici che potrebbero avere implicazioni negative considerevoli, durature e incrementali per la salute mentale di bambine/i e giovani. L’incapacità dei governi di affrontare adeguatamente il cambiamento climatico e l’impatto sulle generazioni più giovani costituisce potenzialmente un danno morale. Le nazioni devono rispondere per proteggere la salute mentale di bambine/i e giovani impegnandosi in azioni etiche, collettive e basate sulle politiche contro il cambiamento climatico”. Inoltre, viene messo in evidenza che questa incapacità di protezione può essere considerata un fallimento nei confronti del rispetto dei diritti umani e della responsabilità etica dei governi di prendersi cura delle persone a loro affidate e che in loro confidano per la loro sicurezza e benessere, il che produce dei danni morali che mettono a rischio la coesione sociale. A tale proposito, i ricercatori citano le angoscianti conseguenze psicologiche che si sperimentano quando si subiscono – o si assiste a – azioni che violano le proprie convinzioni morali più profonde.

Le cause legali intentate negli ultimi anni nei confronti dei governi per la loro inadeguata risposta al fenomeno dei cambiamenti climatici sono fondate su queste stesse premesse, in quanto l’inazione mette a repentaglio l’esistenza e danneggia il diritto alla vita. Le alte corti e i tribunali sono chiamati dunque a riconoscere un’intersezione tra diritti umani, cambiamenti climatici e ansia climatica, poiché, come evidenziano i ricercatori, sottoporre i giovani all’ansia climatica e al relativo danno morale può essere considerato “crudele, disumano, degradante e persino torturante”.

La Commissione europea, inquadrando l’argomento nella citata Comunicazione del 2023 evidenzia come gli impegni dell’UE per la neutralità climatica e per la tutela della biodiversità rappresentino una misura di prevenzione delle eco-ansie. Parallelamente, le recenti iniziative politiche per la valorizzazione della partecipazione dei giovani nei processi decisionali rappresentano un altro elemento posto alla base delle politiche europee, così come la verifica dell’impatto della legislazione sui giovani e sulle future generazioni. In particolare, la Commissione europea dando corso alle proposte emerse nell’anno europeo dei giovani (2022), all’inizio del 2024 ha indicato l’introduzione nel processo legislativo di una “verifica nell’ottica dei giovani” (youth test), sfruttando in questa direzione gli strumenti previsti nell’ambito del sistema europeo per la qualità e la coerenza delle politiche “Legiferare meglio (better regulation)”, come già richiesto dal Forum europeo della gioventù e ribadito in atti formali assunti sia dal Parlamento europeo (risoluzione del 24.11.2022, sull’eredità dell’Anno europeo dei giovani) sia dallo stesso Consiglio dell’UE (conclusioni del 29.11.2023 sull’integrazione della gioventù).

La distinzione fra giovani e future generazioni

Anche in Italia un processo equivalente dovrebbe essere introdotto portando in approvazione il DDL AS 1192 “Misure per la semplificazione normativa e il miglioramento della qualità della normazione e deleghe al governo per la semplificazione, il riordino e il riassetto in determinate materie che prevede l’introduzione della valutazione dell’impatto intergenerazionale delle nuove norme”.

La società civile italiana rappresentata nell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) ha promosso l’introduzione di questa novità normativa in diretta correlazione e in conseguenza anche con la modifica dell’art.9 della Costituzione (Legge cost. 11 febbraio 2022, n. 1) che ha introdotto nei principi fondamentali la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.

Le iniziative assunte sia a livello europeo che nazionale sono in linea con il rinnovo degli impegni assunti in sede di Nazioni Unite per l’accelerazione dei progressi nell’attuazione dell’Agenda 2030 e il raggiungimento dei suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). In particolare, i nuovi impegni sottoscritti lo scorso 23 settembre con il “Patto sul futuro” e l’allegata “Dichiarazione sulle future generazioni” comportano che ogni Paese dedichi un’attenzione particolare ai giovani, definiti come “agenti del cambiamento positivo” e assuma azioni concrete affinché essi possano appieno realizzare il proprio potenziale umano, assicurando la costruzione delle relative condizioni di contesto.

La “Dichiarazione sulle future generazioni” intende rappresentare e tutelare gli interessi delle “generazioni che non esistono ancora e che erediteranno questo pianeta”, ponendo così una distinzione tra giovani e future generazioni, il che implica una responsabilità degli stessi giovani nei confronti delle generazioni che non abitano ancora il pianeta: in questo modo, l’impegno verso le future generazioni è quindi aggiuntivo rispetto alla tutela degli interessi delle generazioni attuali. I leader mondiali riconoscono, infatti, che “investire nella costruzione di una base solida per una pace e sicurezza internazionali durature, per lo sviluppo sostenibile, la promozione del rispetto universale e dell’osservanza dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti e per il rispetto dello Stato di diritto è il modo più efficace per salvaguardare i bisogni e gli interessi delle generazioni future”.

Il “Patto sul futuro” riflette esso stesso l’eco-ansia, affermando che “siamo di fronte a rischi catastrofici ed esistenziali crescenti, molti dei quali sono causati dalle scelte che facciamo. Ci sono persone che stanno subendo terribili sofferenze. Se non cambiamo rotta, rischiamo di precipitare in un futuro di crisi e crolli continui”. Per questo, i leader del mondo hanno assunto 56 impegni per realizzare “un mondo sicuro, pacifico, giusto, equo, inclusivo, sostenibile e prospero, un mondo in cui il benessere, la sicurezza e la dignità e un pianeta sano siano garantiti per tutta l’umanità”.

Questi impegni, presi a livello di Nazioni Unite in continuità con il passato (G7 a presidenza italiana e G20 a presidenza brasiliana) e coerenti con le posizioni assunte dal Consiglio dell’Unione Europea, sono adeguati per ridurre il livello di eco-ansia nelle persone eco-sensibili ed eco-informate, in particolare nei giovani?

In teoria sì, ma in pratica si nota, anche in Italia, uno scollegamento tra impegni assunti nelle sedi multilaterali e messa in pratica delle azioni conseguenti a livello nazionale, il quale determina una schizofrenia chiaramente percepita dalle persone, la frammentarietà degli interventi, una visione a breve termine e una cronica mancanza di prospettiva a lungo termine delle politiche pubbliche.

Ritardi e contraddizioni

Diversi sondaggi d’opinione sulla popolazione italiana, quella europea e globale dimostrano costantemente una richiesta dei cittadini di maggiore impegno da parte dei governi e delle istituzioni nel portare avanti più decisive politiche per rispondere alla crisi climatico-ambientale, dimostrando una maggior lungimiranza e consapevolezza delle interconnessioni tra fattori ambientali, economici e sociali, rispetto alle azioni assunte dai governi nazionali. Ad esempio, il sondaggio Earth for All-IPSOS di giugno 2024 riporta che il 71% delle persone nella media dei Paesi del G20 (62% per l’Italia) ritiene che si debba agire nell’immediato ed entro il prossimo decennio per contrastare il cambiamento climatico e proteggere la natura, mentre solo un marginale 3% (sia per il G20 che per l’Italia) ritiene che non sia necessario compiere alcuna azione.

Analogamente, il sondaggio dell’Eurobarometro “Atteggiamenti degli europei nei confronti della politica energetica dell’UE”, pubblicato il 24 settembre 2024, mostra che più di tre europei su quattro (77%) ritengono che l’Unione Europea debba svolgere un ruolo di coordinamento più incisivo anche per rendere i prezzi dell’energia più accessibili a sostegno del perseguimento della transizione verso l’energia pulita e dell’indipendenza energetica, mentre il 79% (85% degli italiani) concorda sul fatto che il perseguimento degli obiettivi climatici stimolerà nuovi posti di lavoro e attirerà investimenti; il 69% (77% degli italiani) è convinto che garantirà una riduzione delle spese in bolletta a vantaggio di famiglie e imprese.

La società civile rappresentata nell’ASviS ha reiterato più volte la richiesta di assicurare la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, come previsto specificamente dall’Agenda 2030 secondo una logica di “buon senso” e come integrato in un fondamentale documento allegato alla Strategia Nazionale di sviluppo Sostenibile approvata dall’attuale governo il 18 settembre 2023, che prevede precisi meccanismi per la sua messa in pratica. Il Rapporto 2024 dell’ASviS (disponibile sul sito www.asvis.it) mostra non solo i ritardi di attuazione della Strategia, ma anche le contraddizioni delle azioni assunte dal governo e le dichiarazioni programmatiche pronunciate dal Presidente del Consiglio in sede ONU, G7 e Unione Europea.

Media italiani “distratti”

Ciò che appare sconfortante è la mancata attenzione posta su questi temi dall’opinione pubblica, anch’essa schiacciata sulla cronaca quotidiana. Ad esempio, i media italiani hanno quasi trascurato le decisioni assunte in sede di Nazioni Unite, i contenuti del “Patto sul futuro” (come già a suo tempo avvenuto anche per l’Agenda 2030) e gli atti assunti dal G7 a presidenza italiana. Tutto ciò non viene raccontato e non è oggetto del dibattito politico e del dibattito pubblico, se non in maniera del tutto sporadica e su aspetti marginali, trasmettendo il messaggio che nulla stia cambiando e possa cambiare. Ovviamente, questo silenzio può alimentare l’eco-ansia, soprattutto tra le giovani generazioni.

Ecco quindi che, invece che demonizzare o sbeffeggiare questo stato d’animo, come diversi giornali e politici italiani fanno spesso, dovremmo prendere seriamente la questione, affrontandola alle radici, cioè riducendo i rischi esistenziali per l’umanità ricordati dagli stessi leader mondiali. “Vasto programma”, penseranno molti, citando il generale De Gaulle. No, dovere etico e morale di tutti, risponderebbero Papa Francesco e il presidente Sergio Mattarella. Io non ho dubbi da che parte stare. Voi?

Enrico Giovannini è Direttore scientifico di ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile); è professore ordinario di Statistica economica all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ed è stato ministro delle Infrastrutture e del Lavoro.

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