Trimestrale di cultura civile

Editoriale. L’inevitabilità della storia è sempre inevitabile?

  • GIU 2024
  • John Zucchi

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Gli accadimenti storici sono sempre e comunque solo il risultato dell’azione di grandi forze impersonali? Tale convinzione negli anni si è indebolita. La disciplina storica ha infatti potuto beneficiare dello sviluppo della storia sociale e quindi della conoscenza di donne e uomini, della loro visione del mondo, della loro connessione con le differenti espressioni culturali. Un certo determinismo è stato messo in discussione seppur oggi, con le due guerre in corso in Medio Oriente e nel fianco est dell’Europa, permanga una diffusa diffidenza verso chi tenta un approccio diverso. Certo, è difficilmente dimostrabile che un individuo possa far mutare il corso della storia. Tuttavia l’intelligenza e la lungimiranza di personalità politiche – vedi Adenauer, De Gasperi, Schuman, Roosevelt, Mandela – sono stati fattori decisivi nel condurre la storia in un senso diverso dal previsto.

Nel maggio del 1953 Isaiah Berlin, esimio professore di Teoria sociale e politica a Oxford, tenne la prima Auguste Comte Lecture alla London School of Economics, che fu poi pubblicata come saggio (Historical Inevitability, 1954). La dedica sulla prima pagina del volume riportava solo quattro parole tratte da Notes Towards a Definition of Culture di T.S. Eliot: “...queste grandi forze impersonali...”.

Il discorso di Berlin riguardava l’“inevitabilità storica”, un argomento molto attuale in quel periodo. Il mondo era appena uscito da una seconda grande guerra nell’arco di una sola generazione. Molti storici, teorici della politica e sociologi condividevano una spiegazione scientifica della storia – compresa la guerra – cioè l’idea che il percorso della storia fosse determinato da forze sociali, economiche, scientifiche...

Berlin non era d’accordo con chi credeva totalmente nell’inevitabilità storica, chi parlava di un ritmo della storia: “Certamente significa aderire all’idea che la nozione di responsabilità individuale è, ‘in fin dei conti,’ un’illusione. Nessuno sforzo, per quanto ingegnoso, di reinterpretare quell’espressione tanto tormentata, restituirà, all’interno di un sistema teleologico, il suo normale significato alla nozione di libera scelta. I burattini possono essere consapevoli e identificarsi felicemente con il processo inevitabile in cui recitano le loro parti; ma esso resta ineluttabile e loro rimangono marionette”.

Dai tempi della lezione di Isaiah Berlin, la disciplina storica si è molto evoluta. Uno dei principali cambiamenti – in positivo – è stato lo sviluppo della storia sociale, che ci ha permesso di conoscere a fondo la vita di uomini e donne di diverse classi, razze o etnie, schiavi o liberi, ricchi o poveri. Questo approccio storico ci ha permesso di entrare nella mentalità di individui e gruppi, cercando di capire la loro visione del mondo e le loro connessioni con ampie correnti culturali.

Da un lato, sentiamo di essere più capaci di comprendere le persone e la differenza che un uomo o una donna possono fare nella società in cui vivono. Dall’altro lato, è estremamente facile cedere a una visione negativa e sostenere che, a prescindere dalla rettitudine morale, dall’idealismo o dal carisma di ogni singolo individuo, la storia è in realtà il risultato dell’azione delle “grandi forze impersonali” che Eliot aveva denunciato.

Anche oggi possiamo riconoscere questa visione deterministica della storia quando pensiamo a due delle guerre più significative in corso – e purtroppo non le uniche. Nonostante gli appelli provenienti da tutto il mondo, sembra che la logica della guerra prolunghi la tragedia in Medio Oriente. Il governo israeliano non cederà a un vero cessate il fuoco e non metterà fine al conflitto, né lo farà Hamas. Queste “forze impersonali” sembrano negare totalmente qualunque possibile alternativa. Chi chiederà la pace sembrerà che abbia perso.

In Ucraina vediamo un esempio ancora più struggente di quello che sembra essere l’assalto inevitabile della storia. L’appello di Papa Francesco per la pace, il suo invito a non equiparare la richiesta di un accordo di pace a un segno di debolezza (da qualunque parte venga), è una delle rare voci che contrastano l’inevitabilità di una lunga guerra. Tuttavia, la sua richiesta è percepita come assurda, ingenua e persino irritante. Alcuni suggeriscono che non essendo lui parte in causa dovrebbe tenersi fuori da tali questioni. Sia che si sostenga la Russia sia che si sostenga l’Ucraina, sembra che l’unica soluzione per il prossimo futuro sia quella di continuare ad armare e riarmare entrambe le parti. In effetti, è un vero e proprio eufemismo affermare che saranno le “grandi forze impersonali” a determinare il risultato.

La sfida all’ineluttabile corso degli eventi

Ma deve essere per forza così? La storia segue un percorso ineluttabile? Può un individuo cambiare un corso che sembra essere inevitabile? Può una persona fare la differenza? È difficile da “dimostrare”. Possiamo facilmente sostenere che la lungimiranza, la personalità, l’autorità o l’intelligenza di qualcuno siano state determinanti nel condurre la storia in una direzione o in un’altra. Tra i politici si pensi all’importanza di Adenauer, Schumann o De Gasperi per l’Europa del dopoguerra. Oppure alla capacità di Franklin D. Roosevelt di comunicare agli americani durante la Grande Depressione e all’influenza positiva che ciò ha avuto sul Paese.

E ci sono altri che hanno sfidato l’inevitabile corso degli eventi in modo straordinario, e le loro storie sono così note che non è necessario che mi dilunghi qui. Basti pensare a Nelson Mandela, attivista dell’African National Congress fin dai primi anni Cinquanta, il cui rilascio dal carcere nel 1990, dopo 27 anni, ha portato a un cambiamento rivoluzionario nella politica sudafricana. Non solo, ma ha raggiunto il cuore di milioni di persone in tutto il mondo, compresi gli ex sostenitori dell’apartheid nel suo stesso Paese. Si può dire lo stesso di Martin Luther King, che ha avuto un’influenza ineguagliabile sul movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. Ci sono anche coloro che apparentemente non hanno cambiato il corso della storia, ma sono stati nobili perdenti per una grande causa. Si pensi ad Alexander Navalny, morto in un campo di lavoro, o al Manifestante Sconosciuto che fermò la colonna di carri armati in Piazza Tienanmen, semplicemente stando lì. Il “tank man” è rimasto senza nome. Non sappiamo cosa sia stato di lui. Conosciamo la sorte di Mahsa Amini, uccisa in custodia a Teheran, dopo essere stata arrestata perché non indossava l’hijab. La sua morte ha scatenato rivolte per mesi in Iran. Possiamo affermare che Amini, Navalny o il tank man non abbiano cambiato nulla, dal momento che i poteri che hanno sfidato sono ancora ben saldi, ma cosa sappiamo del futuro? Potrebbe sembrare che Mandela abbia passato una vita in prigione prima di “fare la differenza”, ma non è vero. Quella differenza è iniziata anni prima del suo rilascio. Abbiamo anche visto come Navalny e Amini abbiano riacceso l’immaginario pubblico nei loro Paesi e in tutto il mondo. I “grandi uomini” e le “grandi donne” della storia non cambiano mai le cose da soli. Piuttosto offrono nuove possibilità al mondo. E miracolosamente, a volte, il mondo li ascolta.

Gli storici sostengono, a ragione, che la versione della storia popolata dai “grandi uomini” sia facilmente criticabile. Gli storici possono ammettere che i leader facciano la differenza, ma pensano anche che ci siano forze che hanno collocato quei leader in quei determinati ruoli in quel dato momento. Tuttavia, è anche vero che molti di questi “grandi uomini” e “grandi donne”, una volta non erano nessuno. La loro fama può essere esplosa all’improvviso, ma già prima che questo succedesse, essi avevano una consapevolezza di sé e un’integrità che – nonostante tutti i loro difetti –in qualche modo raggiungevano e colpivano gli altri.

Il piccolo miracolo di un bambino

Dobbiamo forse cercare di guardare alle persone semplici, a quelle che storicamente potrebbero sembrare nullità, a chi ha le sue radici nel popolo e chiederci se potrebbero davvero avere un impatto sulla storia, magari in una circostanza imprevedibile? Dopo l’invasione della Normandia nel 1944, i canadesi stavano cercando di trattenere i tedeschi a sud di Caen ed erano impegnati in una battaglia nella piazza centrale della città di Falaise. I due eserciti erano alloggiati in vari edifici sui lati opposti del campo di battaglia. Tutto questo faceva parte di un piano per dare tempo agli americani di costruire una testa di ponte a ovest. Un ufficiale canadese, Jacques Dextraze, che comandava il reggimento Fusilliers Mont-Royal (e che sarebbe poi diventato generale), raccontò in seguito che nella piazza le mitragliatrici sparavano senza sosta in tutte le direzioni, quando a un certo punto il fuoco era cessato. Dextraze si era affacciato e aveva visto un bambino di quattro o cinque anni che era uscito dalla porta di una scuola e stava passando nella piazza, guardandosi intorno con un dito in bocca. Gli spari erano cessati immediatamente. Una donna, presumibilmente sua madre, era corsa subito in piazza, aveva preso in braccio il bambino guardando da una parte e dall’altra e poi si era precipitata in chiesa. Quel silenzio totale era durato ancora qualche secondo, poi il crepitio delle mitragliatrici era ripreso inesorabile. Nulla era cambiato rispetto alla battaglia, ma almeno per qualche istante, l’inevitabile corso del potere e della violenza aveva dovuto fermarsi di fronte a un fatto, davanti a un bambino che non era consapevole del piccolo miracolo che aveva compiuto.

Il gesto di Viola Desmond

Questo mi porta a un secondo esempio che viene sempre dalla gente semplice. La banconota canadese da dieci dollari ha l’immagine di una donna, il suo nome è Viola Desmond, nata nel 1914 a Halifax, in Nuova Scozia. Una giovane afro-canadese, sicura di sé, che aveva studiato per diventare estetista e, per fare questo, aveva dovuto lasciare la sua città nella quale le persone di colore non potevano essere formate per quel lavoro. Tornata ad Halifax, aveva iniziato la sua attività, offrendo servizi e prodotti di bellezza e formando altre persone di colore che volevano intraprendere il suo mestiere. Nel 1946 si recò in viaggio d’affari con il marito nella città di New Glasgow, a poche ore da Halifax e nel viaggio la loro auto si ruppe. Mentre la macchina veniva riparata, Viola entrò in un cinema. Le fu venduto un biglietto per un posto in balconata, ma lei voleva sedersi in parterre. Questo avrebbe comportato un piccolo sovrapprezzo che lei era disposta a pagare, ma la sua offerta non fu accettata perché era di colore e non poteva sedere nel posto che desiderava.

Viola Desmond si sedette comunque dove voleva e per questo gesto fu arrestata e incarcerata per evasione fiscale, per non aver pagato il prezzo pieno del posto che aveva scelto. Viola portò il suo caso in tribunale dove perse, ma la sua storia portò a una nuova consapevolezza i neri della Nuova Scozia. Allo stesso tempo, fu anche uno dei tanti episodi che misero in imbarazzo i presuntuosi canadesi, che erano soliti criticare le relazioni razziali negli Stati Uniti, senza guardare cosa accadeva in casa loro. Infatti, sette anni più tardi, la Nuova Scozia mise fuori legge la pratica per cui Viola era stata incarcerata.

Leyner Palacios, quando un individuo può fare la differenza

Un terzo esempio viene dalla zona ai margini della giungla nella regione di Boyajá, al nord della Colombia, nella frazione di Pogue, non lontano dalla costa del Pacifico. Leyner Palacios, un afrocolombiano che oggi ha 48 anni, è nato ultimo di 24 figli di una famiglia di agricoltori. Essendo il più giovane, ha dovuto imparare a cavarsela da solo e probabilmente proprio per questo ha acquisito una particolare capacità di negoziazione che gli è sempre stata utile nella vita. Palacios è stato profondamente influenzato da padre Jorge Luis Mazo, un missionario cattolico che lo aveva fatto conoscere anche ad altri sacerdoti e suore. Padre Jorge venne assassinato nel 1999 e la sua morte ha avuto un forte contraccolpo su Palacios. I missionari avevano notato la sua capacità di essere empatico e di arrivare al cuore degli altri, così gli avevano chiesto di accompagnarli nei loro viaggi per aiutarli nel comunicare con le comunità che desideravano incontrare; avevano anche osservato che aveva una spiccata capacità di negoziare con chiunque e questo suo dono è stato indispensabile nelle pericolose e tese trattative con i guerriglieri delle FARC o con i paramilitari.

Una delle esperienze che Palacios racconta, evidenzia il modo misterioso in cui l’individuo può fare la differenza in quello che sembra il corso inevitabile di eventi. Alla fine degli anni Novanta, le FARC – presenti nella regione di Pogue da diversi anni – iniziarono a reclutare adolescenti che non potevano opporsi alla richiesta. I sacerdoti e le suore della regione chiesero un incontro pubblico a Bellavista e fu chiesto a Leyner Palacios di rivolgersi alle FARC domandando che i ragazzi del posto non venissero reclutati. Si trattava di un appello molto pericoloso e dopo che Leyner aveva esposto la richiesta, aveva chiuso gli occhi aspettandosi di essere fucilato. Invece è scoppiato un applauso, non solo da parte della sua gente, ma anche dai guerriglieri delle FARC. Questa storia non è un “vissero tutti felici e contenti”, perché cinque anni dopo le FARC avrebbero bombardato la chiesa di Bellavista uccidendo più di cento fedeli all’interno, tra cui molti parenti di Palacios, ma lui è stato determinante nel far sì che le FARC si sarebbero poi scusate per l’attentato e lo avrebbero fatto pubblicamente a Bellavista. In seguito, Palacios è diventato membro della Commissione per la Verità che ha indagato sul conflitto che ha coinvolto le FARC e i gruppi paramilitari nel Paese per oltre mezzo secolo. Ancora oggi, di tanto in tanto, gli capita di doversi nascondere.

Sono tre storie semplici e si può facilmente giudicare ingenuo pensare che possano insegnarci qualcosa sul peso dell’individuo nel corso della storia. Henri-Irénée Marrou, nel suo Il senso della storia, pubblicato nel 1959, affermava che il corso della storia non è determinato da “attori storici [che] non sono più uomini ma entità: città antiche, feudalesimo, borghesia capitalistica, proletariato rivoluzionario. Qui si va oltre”. Per lui, la “sfera specifica realmente esistita” non è né il fatto di una civiltà né il sistema o il supersistema, ma l’essere umano la cui individualità è l’unico organismo veramente fornito dall’esperienza”.

Ognuno di questi episodi contiene una lezione. Il ragazzo che è corso nella piazza centrale di Falaise non sapeva nemmeno cosa stava facendo, ma un semplice fatto ha impedito a centinaia di soldati di spararsi addosso con accanimento, almeno per qualche minuto. Un bambino vulnerabile ha regalato alcuni momenti di silenzio. I cuori delle persone possono essere raggiunti, anche in mezzo alla violenza. Viola Desmond era considerata una cittadina di seconda classe, ma aveva una grande coscienza di sé e non aveva paura di perseguire i suoi diritti e di affermare la sua dignità di fronte alle leggi e alle abitudini della maggioranza. In questo caso, non c’è stato un cambiamento immediato come nella piazza di Falaise, ma è stato uno dei tanti episodi di questo tipo attraverso i quali si è insinuato nella mente dei canadesi il dubbio di essere chiusi all’esperienza dell’altro. L’esempio del giovane Palacios, che nel 1997 negoziò con le FARC, chiedendo loro di non reclutare minori nella sua regione, è un toccante promemoria del fatto che ci sono momenti in cui il singolo individuo consapevole può davvero fare la differenza. Si è rivolto alle FARC e si aspettava di morire. In qualche modo, stranamente, si potrebbe dire miracolosamente, l’altra parte ha ascoltato e accettato la sua richiesta. Come scrisse Chesterton in uno dei racconti di Padre Brown: “la cosa più incredibile dei miracoli è che accadono”.

Ancora oggi, è possibile credere che questi miracoli siano possibili senza sentirci troppo ingenui. È semplicistico da parte nostra credere che un Luther King o un Mandela o un Amini possano ancora sorgere? Non osiamo sperare che tra di noi ci siano ancora molte persone come Desmond o Palacios capaci di rischiare la vita di fronte al potere, come oggi alzare un ramoscello d’ulivo quando la pace sembra improbabile. È possibile credere che un individuo dotato di consapevolezza e buona volontà possa ancora tendere la mano al nemico e rischiare di chiedere la pace?

John Zucchi è scrittore e docente presso il Dipartimento di storia e di studi classici della McGill University di Montreal, Canada.

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