Istituzioni > Politica e Istituzioni

La politica di cooperazione dell’UE nel Mediterraneo e il ruolo dell’Italia

  • APR 2005
  • Carlo Secchi

Condividi

I Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo hanno innanzitutto un importante potenziale economico che può essere sviluppato grazie a strategie di cooperazione da cui la stessa UE può trarre vantaggio.

Il 2005 segna i dieci anni di relazioni tra Unione Europea (UE) e Paesi della sponda Sud del Mediterraneo nel quadro del cosiddetto Processo di Barcellona. Il Mediterraneo ha sempre avuto una rilevanza strategica per l’Italia per effetto della condizione geografica e delle scelte di natura politica che dal secondo dopoguerra hanno accompagnato il processo di integrazione comunitaria. I Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo hanno innanzitutto un importante potenziale economico che può essere sviluppato grazie a strategie di cooperazione da cui la stessa UE può trarre vantaggio. In tale contesto, la politica commerciale integrata da interventi di tipo sociale può garantire la stabilità in una regione che si “rimpicciolisce” sempre più con le sue esportazioni di prodotti e di persone, spesso per questi ultimi, in condizioni rischiose. Una maggiore attenzione rivolta all’area mediterranea, del resto, non deve essere interpretata come uno sbilanciamento pericoloso della propria strategia geopolitica. La nascita del partenariato Euromediterraneo stesso è avvenuta quando l’UE iniziava a definire i passi fondamentali verso il suo allargamento ad Est. Di questa lettura sinergica si è fatto portavoce il nostro Paese che, durante la sua ultima Presidenza dell’UE nel 2003, ha rilanciato il Processo di Barcellona ad otto anni dalla sua nascita intendendo il Mare Nostrum come strumento di comunicazione e trait d’union piuttosto che come confine naturale percepito come barriera tra civiltà, razze e religioni.

L’UE e ilMediterraneo

Agli inizi degli anni Sessanta, Paesi con una storia coloniale quale la Francia iniziano a porre la questione dei rapporti commerciali tra Europa e i Paesi del Mediterraneo. Soltanto nel 1972, al vertice di Parigi, viene definita la cosiddetta Politica Globale Mediterranea, basata sull’apertura dei mercati europei ai prodotti dei Paesi del bacino mediterraneo. La spinta liberalizzatrice europea si spegne per effetto della crisi del settore tessile europeo e per un approccio protezionistico alla politica agricola comune. Il periodo di crisi nei rapporti euro-mediterranei si risolve nel 1990, quando i Paesi membri adottano un regolamento per realizzare una politica rinnovata per il Mediterraneo fino al 1996 su proposta dalla Commissione, per sostenere progetti di carattere regionale, soprattutto in materia ambientale, e nuove forme di partenariato con i Paesi dell’area sostenuti in seguito dai Consigli europei di Lisbona (26-27 giugno 1992), Corfù (24-25 giugno 1994) e Essen (9-10 dicembre 1994). Ad un anno dalla fine di questo periodo di strategia rinnovata, e quasi in coincidenza con il Consiglio europeo di Madrid (15- 16 dicembre 1995) che lancia definitivamente il processo di allargamento ad Est conclusosi nel maggio 2004, per la prima volta i Ministri degli Esteri dei Paesi dell’UE incontrano, a Barcellona, gli omologhi di dodici Paesi del Sud e dell’Est del Mediterraneo: Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto, Israele, Giordania, Autorità Nazionale Palestinese, Libano, Siria, Turchia, Cipro e Malta.

La Conferenza di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995 produce, con voto all’unanimità dei 27 Paesi partecipanti, la Dichiarazione sul Partenariato Euromediterraneo ed un relativo programma di lavoro1 centrato sui temi dell’allargamento del mercato, dell’assistenza ed integrazione reciproca nei settori della sicurezza, della tutela dei diritti umani e del rispetto delle diversità culturali e religiose. Con il processo avviato a Barcellona, si gettano quindi le basi per la creazione di un quadro multilaterale di dia logo e di cooperazione e l’aspetto commerciale ed economico, che aveva caratterizzato i rapporti Euromediterranei fino ad allora, viene ad essere integrato da una dimensione sociale, politica, culturale e di sicurezza. Lo spirito di partenariato supera quindi la politica delle relazioni bilaterali fino a realizzare una politica globale che riguarda tutti questi Paesi concepiti come un unico insieme politico - geografico nella salvaguardia e nel rispetto delle specificità proprie di ogni partecipante al processo. Il partenariato Euromediterraneo, che né si pone in antitesi né sostituisce le altre azioni ed iniziative intraprese a favore della pace, della stabilità e dello sviluppo della regione, viene quindi realizzato su due livelli complementari: uno a carattere regionale e l’altro a carattere bilaterale, attraverso la stipulazione di Accordi di associazione tra l’UE e i dodici Paesi del Mediterraneo (conclusisi per Malta e Cipro con l’adesione del 2004). Attualmente i Paesi che hanno già firmato tali accordi sono: Tunisia (firmato nel 1995 ed entrato in vigore nel 1998), Israele (firmato nel 1995 ed entrato in vigore nel 2000), Marocco (firmato nel 1996 ed entrato in vigore nel 2000), Territori Autonomi Palestinesi (firmato ed entrato in vigore nel 1997), Giordania (firmato nel 1997 ed entrato in vigore nel 2002), Egitto (firmato nel 2001 ed entrato in vigore nel 2004), Libano (firmato nel 2002 ed in vigore dal 2003 solo per misure intermedie) e Algeria (firmato nel 2002 e in corso di ratifica). Nonostante la Siria abbia chiuso la fase negoziale nell’ottobre 2004, i difficili rapporti con il Libano sfociati nei fatti drammatici dei mesi scorsi rallentano la decisione dell’UE. Mentre gli accordi di associazione preparano il terreno a scambi e commerci verticali tra Nord e Sud, le ulteriori iniziative mirano ad attenuare la frammentazione dei mercati regionali del Sud. Per l’approccio regionale sono stati identificati tre assi prioritari:

• Politico e di sicurezza
• Sociale, culturale e umano
• Economico e finanziario

Il partenariato prevede l’istituzione di un dialogo politico globale e regolare, a complemento di quanto è previsto a livello bilaterale dagli accordi di associazione. Oltre agli obiettivi comuni in materia di stabilità interna ed esterna, le parti si impegnano a rispettare i principi espressi dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo per garantire le libertà fondamentali quali quelle di espressione, di associazione, di pensiero, di coscienza e di religione. Assume quindi importanza l’obiettivo di introdurre lo Stato di diritto e la democrazia, riconoscendo a ciascun partecipante il diritto di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, socioculturale, economico e giudiziario. Sulla questione della sicurezza, si è riconosciuta l’importanza di un impegno coordinato nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e alla droga, nella non proliferazione chimica, biologica e nucleare, nonché l’adesione e l’ottemperanza agli accordi sul disarmo e sul controllo degli armamenti. L’aspetto sociale, culturale ed umano è finalizzato al ravvicinamento e alla comprensione tra popoli e ad una migliore percezione reciproca. Il partenariato si fonda, così, da un lato, sul delicato compromesso tra l’esistenza, il riconoscimento e il rispetto reciproco di tradizioni, di culture e di civiltà diverse su entrambe le sponde del Mediterraneo e dall’altro,sulla valorizzazione delle radici comuni. In tale ottica, la dichiarazione di Barcellona e il suo programma di lavoro riconoscono l’importanza del dialogo interculturale e interreligioso; del ruolo dei mezzi di comunicazione di massa per la conoscenza e la comprensione reciproca tra culture; dello sviluppo delle risorse umane e degli scambi culturali, della conoscenza di lingue straniere; del settore sanitario; della necessità di coinvolgere la società civile nel partenariato.

Una regione sicura e prospera non può prescindere da uno sviluppo socioeconomico sostenibile ed equilibrato basato sul miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, l’aumento del livello di occupazione e la promozione della cooperazione e dell’integrazione regionale. Per il conseguimento di tali obiettivi, il partenariato prevede innanzitutto la creazione, nel 2010, di una zona di libero scambio che raggrupperà in unico mercato circa quaranta Paesi. Nel rispetto delle disposizioni dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio2 la zona di libero scambio nascerà grazie agli accordi Euromediterranei e a quelli di libero scambio stipulati tra gli stessi Paesi terzi mediterranei per eliminare progressivamente gli ostacoli tariffari e non tariffari sui prodotti manufatti, agricoli e sugli scambi in materia di servizi.

Alle norme di origine, di certificazione e di tutela dei diritti di proprietà intellettuale e industriale, saranno affiancate politiche fondate sui principi dell’economia di mercato e dell’integrazione delle economie, tenendo conto dei rispettivi bisogni e livelli di sviluppo. In questo contesto economico il settore privato sarà responsabile del miglioramento del settore produttivo e dell’occupazione e dovrà essere sostenuto da un opportuno quadro istituzionale e regolamentare e da politiche per attenuare le conseguenze sociali negative che possono risultare da tale adattamento.

Per incentivare la cooperazione a livello economico, i Paesi mediterranei dovranno eliminare gli ostacoli agli investimenti esteri diretti e incentivare il risparmio interno. Secondo la dichiarazione di Barcellona, infatti, l’introduzione di un ambiente favorevole agli investimenti avrà come conseguenza il trasferimento di tecnologie e l’aumento di produzione ed esportazioni, grazie anche a sostegni alle piccole e medie imprese, promozione del ruolo della donna nello sviluppo, cooperazione mirata in settori tradizionali - quali quello agricolo, ittico, idrico ed energetico - e per le infrastrutture di trasporto, le tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni.

La realizzazione di una zona di libero scambio e il successo globale del partenariato Euromediterraneo non possono non poggiare su un rafforzamento della cooperazione finanziaria e su un potenziamento sostanziale dell’assistenza finanziaria fornita dall’UE. Nel primo periodo di intervento (1995-1999) ai 4.808 milioni di euro della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ne sono stati aggiunti 3.435 stanziati tramite il nuovo programma denominato MEDA.

IlprogrammacomunitarioMEDA
Con gli obiettivi fissati a Barcellona, il Consiglio adotta nel 1996 un regolamento per la gestione del programma MEDA che diventa il principale strumento finanziario dell’UE per la realizzazione del partenariato Euromediterraneo. Il programma offre supporto finanziario e tecnico per accompagnare i Paesi del Mediterraneo nel loro percorso di riforma socio economica con programmi sia bilaterali sia di cooperazione regionale. Nel periodo 1995-2001 MEDA ha rappresentato quasi l’80% dei 6,4 miliardi di euro assegnati alla cooperazione finanziaria tra l’UE e i suoi partner3. Integrando le iniziative nazionali con un programma MEDA a livello regionale, si potrà assicurare la realizzazione degli obiettivi del partenariato Euromediterraneo. L’attuazione delle attività nell’ambito di un programma regionale contribuisce, infatti, ad ottenere notevoli benefici in termini di efficacia o di impatto rispetto ad una molte plicità di programmi nazionali. Inoltre, alcuni dei problemi individuati presentano una dimensione transnazionale e, per essere risolti correttamente, richiedono una cooperazione regionale, in particolare nella prospettiva di un’integrazione Sud-Sud.

Con un nuovo regolamento approvato nel 2000, MEDA entra nel suo secondo periodo di intervento con una razionalizzazione del processo decisionale. La funzione strategica della programmazione viene ora garantita grazie ad una migliore definizione di documenti di strategia nazionale e regionale, di programmi indicativi nazionali e regionali, di piani di finanziamento annuali. L’aumento dell’efficacia e della condivisione della programmazione è fondato sul rafforzamento del dialogo con i partner mediterranei. I programmi indicativi nazionali e regionali coprono periodi triennali, si basano sui documenti strategici e tengono conto delle priorità individuate con i partner mediterranei; tali programmi definiscono gli obiettivi principali, le linee direttrici e i settori prioritari del sostegno comunitario.

Il programma MEDA è dotato di un meccanismo di revisione interno prevedendo l’aggiornamento dei programmi indicativi, nonché la loro eventuale modifica in funzione dell’esperienza acquisita e dei progressi compiuti nei settori delle riforme strutturali, della stabilizzazione economica, dello sviluppo industriale, del progresso sociale. La dotazione finanziaria del programma MEDA per il periodo 2000-2006 è di 5.350 milioni di euro che integra i 6.400 milioni della BEI fino al 2007 e, sempre per lo stesso periodo, un milione per progetti di tipo transnazionale.

I principali progetti realizzati sono stati: la rete Euromediterranea di più di 70 Istituti di ricerca economica (Femise); la cooperazione in materia statistica (Medstat); un sistema informativo per la gestione delle risorse idriche locali (Emwis/Semide); l’iniziativa per la realizzazione di una società dell’informazione (Eumedis); programmi per l’ambiente (SMAP), per il settore dell’audiovisivo (CapMed, CinemaMed), per la valorizzazione del patrimonio culturale (EuroMed Héritage) e per la promozione del patrimonio culturale partendo dai giovani (EuroMed Gioventù), aiutando la comprensione delle rispettive situazioni e culture, e quindi la tolleranza, il dialogo e il rispetto reciproco.

Per quanto concerne la cooperazione nei settori dell’istruzione e formazione, è stato esteso Tempus III (programma trans-europeo di cooperazione per l’istruzione superiore) ai partner mediterranei sostituendo così Med-Campus.

Il contributo italiano al partenariato Euromediterraneo

La strategia dell’UE per rafforzare le relazioni nell’area del Mediterraneo è sempre stata sostenuta dall’Italia, come dimostrato anche dall’ultima Presidenza del Consiglio dell’UE nel secondo semestre del 2003. La Presidenza italiana ha rilanciato il processo di Barcellona, alla vigilia della crescita orientale dell’UE, per la stabilizzazione e crescita nella regione. Una particolare attenzione sarà dedicata al dialogo fra le culture e le civiltà con l’obiettivo di ricostituire un clima di comprensione e fiducia fra le due sponde del Mediterraneo, che coinvolga non solo i Governi ma anche le società civili. Nonostante il tempo esiguo dei sei mesi, si sono svolti diversi incontri Euromediterranei a livello ministeriale in materia di: commercio (Palermo, 7 luglio), istruzione (Catania, 7-8 novembre), ambiente (Catania, 10-14 novembre), agricoltura (Venezia, 27 novembre) ed energia (Roma, 1-2 dicembre).
La riunione di Napoli (2 e 3 dicembre) con la partecipazione dei Ministri degli Esteri dei 15 Paesi membri, dei 10 in via di adesione e degli 10 del Mediterraneo4 ha poi segnato un momento decisivo con l’istituzione della Fondazione per il Dialogo tra le Culture e le Civiltà, il potenziamento dello strumento della BEI per il Mediterraneo (FEMIP) e l’istituzione dell’Assemblea Parlamentare Euromediterranea. La Fondazione Euro-Mediterranea per il Dialogo tra le Culture (intitolata al ministro svedese Anna Lindh scomparsa poche settimane prima della riunione di Napoli) ha sede ad Alessandria in Egitto e si propone quale catalizzatore di tutte le iniziative volte a far crescere il dialogo e la “reciproca comprensione” tra i popoli che si affacciano sul Mediterraneo.
Sulla base della decisione del Consiglio dei Ministri responsabili per l’Economia e le Finanze (Ecofin), i Ministri degli Esteri riuniti a Napoli hanno condiviso il rafforzamento del Fondo Euro-Mediterraneo di Investimento e Partenariato (FEMIP) e quindi l’aumento delle risorse finanziarie per le piccole e medie imprese e per i progetti infrastrutturali, con una prospettiva di possibile trasformazione in filiale autonoma della BEI sulla base di un consuntivo previsto per fine 2006.
Con la nuova Assemblea Parlamentare Euromediterranea, infine, si istituisce un forum permanente composto da 240 deputati (120 dell’UE e 120 dei Paesi Mediterranei) che lavora con commissioni dedicate alla cooperazione: politica e di sicurezza, economica e finanziaria, e nei settori sociale, umano e culturale.

I prossimi cinque anni
Il Processo di Barcellona ha sviluppato una forte partnership sulla base della condivisione delle responsabilità, e quindi anche dei risultati, sul dialogo e sulla cooperazione. Il partenariato in sé è stato un obiettivo raggiunto con successo visto che si sono creati o rafforzati dei legami di natura politico-istituzionale tra UE e Mediterraneo dove molti Paesi hanno intrapreso un percorso di riforme ritenuto inderogabile. Inoltre, alla luce di un contesto conflittuale derivato dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, il partenariato si è dimostrato strumento necessario per gettare le basi di uno spazio di dialogo, pace, sicurezza e prosperità.

Nonostante un mondo caratterizzato da un’economia sempre più globalizzata, l’UE rimane il principale partner dei Paesi del Mediterraneo sia nel commercio dei beni sia in quello dei servizi. Più del 50% del commercio della regione è con l’UE e per alcuni Paesi, questa accoglie più del 70% delle esportazioni. Sul fronte degli investimenti diretti esteri, come su quello del turismo l’UE è ancora il partner principale, come nell’ambito dell’assistenza finanziaria con circa 3 miliardi di euro l’anno. Il 2005 segna i primi dieci dal lancio del Processo di Barcellona e, alla riunione Euromediterranea svoltasi a L’Aia (29-30 novembre 2004), i Ministri degli Esteri hanno rilanciato l’impegno politico al processo decidendo di fare di questo anno l’Anno del Mediterraneo.
Il ricco calendario di incontri politici e di eventi per coinvolgere i cittadini si chiuderà con vertice di alto livello a Barcellona in novembre. Nel frattempo, la Commissione europea, alla luce dei risultati del primo decennio, ha reso noto il programma di lavoro per rafforzare il partenariato Euromediterraneo nei prossimi cinque anni5. Le proposte sono destinate a realizzare progressi concreti in tre ambiti prioritari per il futuro della regione: l’istruzione, la crescita economica sostenibile, i diritti umani e la democrazia. Il miglioramento della qualità dell’istruzione per tutti e la garanzia di un accesso a condizioni più eque costituiscono l’obiettivo centrale del programma di lavoro. La Commissione propone di:

• a) promuovere un consistente aumento del sostegno dell’UE e degli Stati membri nel campo dell’istruzione e della formazione professionale, con l’obiettivo di aumentare di almeno il 50% la quota di contributi destinati all’istruzione;
• b) ottenere dai partner l’impegno su una nuova scadenza 2015 per l’eliminazione dell’analfabetismo nella regione, la piena scolarizzazione di base per bambini e bambine e l’eliminazione a tutti i livelli di istruzione delle disparità dovute al genere;
• c) predisporre un sistema di borse di studio per studi universitari in Europa, con una percentuale di posti riservata alle donne.
Per sostenere la crescita economica è fondamentale la creazione di una zona di libero scambio prevista dalla dichiarazione di Barcellona per il 2010. Tuttavia, a soli cinque anni da tale scadenza è necessario procedere alla liberalizzazione degli scambi nei settori dell’agricoltura e dei servizi, la convergenza della regolamentazione, l’avvio, su base volontaria, da parte dei partner Euromediterranei di negoziati regionali sulla liberalizzazione dei servizi e del diritto di stabilimento, la fissazione da parte dei partner Euromediterranei di una tabella di marcia per la liberalizzazione nel settore agricolo. La riforma politica è la chiave per realizzare stabilità e sicurezza sostenibili. Nella proposta della Commissione si vuole dare nuovo rilievo nell’ambito del partenariato Euromediterraneo a questioni quali la tutela dei diritti umani, l’attribuzione di poteri effettivi alle donne, il rafforzamento della democrazia, il pluralismo e l’indipendenza della magistratura. La Commissione propone una maggiore cooperazione in tali ambiti, tra cui un nuovo strumento per la democrazia, a sostegno dei partner che dimostrano un esplicito impegno a favore della riforma politica.

Conclusioni
Come per il percorso di crescita interna, l’UE ha seguito nei rapporti con i Paesi del Mediterraneo un approccio funzionalistico. L’importanza che gli aspetti economici hanno assunto nella fase iniziale, è stata accompagnata da un arricchimento di obiettivi che hanno trasformato una semplice politica commerciale ancora legata alla storia coloniale di alcuni Paesi membri in vera e propria strategia di cooperazione e politica estera. Se lo sviluppo del commercio ha subito dei rallentamenti in alcuni settori sensibili per l’economia dell’UE e la scadenza del 2010 per la creazione di un’area di libero scambio sembra richiedere un impegno politico straordinario, i fenomeni di immigrazione regolare e clandestina, la questione israelo-palestinese e le recenti questioni legate al dialogo inter religioso hanno evidenziato l’importanza di uno strumento permanente di confronto e cooperazione per lo sviluppo tanto economico quanto sociale.

L’evoluzione del Processo di Barcellona nelle sue priorità e nei suoi strumenti, fino alle proposte per i prossimi cinque anni presentate nell’aprile 2005, dimostra l’importanza che assume l’individuo come titolare di diritti inalienabili e quindi motore del cambiamento e dello sviluppo. L’affermazione della democrazia a livello politico e del libero mercato a livello economico diventa quindi lo strumento alla base di tutto il processo, che non può essere finalizzato alla mera riduzione di un dazio o ad un convegno sulle differenze tra Cristianesimo e Islam. Lo sviluppo del capitale umano avviene innanzitutto endogenamente grazie ad un contesto familiare e sociale in cui i diritti, la libertà nonché i doveri, per educare alla responsabilità, sono garantiti; nella sua parte esogena sono l’educazione e l’istruzione fornite dalle istituzioni scolastiche e accademiche ad avere quella responsabilità formativa che accrescendo conoscenza e capacità critica, alimentano un circolo virtuoso che sviluppa nell’individuo un’etica della libertà, e quindi del dialogo e della comprensione. In questo percorso si inseriscono le iniziative espressione di questa stessa libertà che vanno dalla società civile, che integra in maniera costruttiva il framework istituzionale (per esempio nel settore dei servizi pubblici con il volontariato), alla presenza di un tessuto economico dinamico in cui la concorrenza possa portare i benefici al cittadino nel suo ruolo di consumatore, grazie ad un migliore rapporto qualità/prezzo, e di imprenditore, autonomo nelle scelte da prendere in un quadro giuridico certo.
della democrazia a livello politico e del libero mercato a livello economico diventa quindi lo strumento alla base di tutto il processo, che non può essere finalizzato alla mera riduzione di un dazio o ad un convegno sulle differenze tra Cristianesimo e Islam. Lo sviluppo del capitale umano avviene innanzitutto endogenamente grazie ad un contesto familiare e sociale in cui i diritti, la libertà nonché i doveri, per educare alla responsabilità, sono garantiti; nella sua parte esogena sono l’educazione e l’istruzione fornite dalle istituzioni scolastiche e accademiche ad avere quella responsabilità formativa che accrescendo conoscenza e capacità critica, alimentano un circolo virtuoso che sviluppa nell’individuo un’etica della libertà, e quindi del dialogo e della comprensione. In questo percorso si inseriscono le iniziative espressione di questa stessa libertà che vanno dalla società civile, che integra in maniera costruttiva il framework istituzionale (per esempio nel settore dei servizi pubblici con il volontariato), alla presenza di un tessuto economico dinamico in cui la concorrenza possa portare i benefici al cittadino nel suo ruolo di consumatore, grazie ad un migliore rapporto qualità/prezzo, e di imprenditore, autonomo nelle scelte da prendere in un quadro giuridico certo.In secondo luogo l’Italia, in qualità di grande Stato membro oltre che fondatore dell’UE, non può sottrarsi, anche per la sua particolare collocazione geografica e per motivi storici e culturali, da un ruolo attivo e di stimolo nel contesto europeo e sostenere una più intensa cooperazione con i paesi della riva Sud. Lo sviluppo delle relazioni Euromediterranee che, per i motivi appena esposti, dovrà essere a tutti gli effetti una delle priorità della politica estera italiana, dovrà anche avvalersi dell’opera delle imprese, delle camere di commercio, delle università e delle organizzazioni non governative in generale. Alla luce delle diverse esperienze nate negli ultimi anni tanto nelle regioni del Sud, quanto in quelle del Nord - quali la Lombardia - soltanto con un rapporto sinergico tra Istituzioni e mondo della cooperazione può realizzarsi quel processo di cambiamento sociale necessario per risultati efficaci.

NOTE
1 I due documenti della Conferenza di Barcellona del 1995 sono disponibili nella sezione Euromed del sito della Commissione europea http://europa.eu.int/comm/external_relations/euromed/bd.htm
2 Secondo l’art. XXIV del General Agreement on Tariffs and Trade (GATT) alla base dell’OMC, gli accordi regionali possono essere strumentali, e non di ostacolo, alla liberalizzazione del commercio a livello multilaterale. Per maggiori informazioni: http://www.wto.org/english/tratop_e/region_e/region_e.htm
3 Sempre fino al 2001, l’86% delle risorse MEDA sono state assegnate in modo bilaterale, il 12% per attività regionali (delle quali possono beneficiare i 12 partner mediterranei e gli allora 15 dell’UE). Il restante 2% ha finanziato l’assistenza tecnica.
4 All’evento di Napoli hanno anche partecipato, in qualità di osservatori, i rappresentanti di Libia, Mauritania, Bulgaria, Romania, Lega Araba e UMA (Unione del Maghreb Arabo). Erano infine presenti l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune, Javier Solana, e il Commissario per le Relazioni Esterne, Chris Patten.
5 Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento “Tenth Anniversary of the EuroMediterranean partnership: a Work Programme to meet the Challenges of the next five years” presentata il 12 aprile 2005 e disponibile su: www.europa.eu.int/comm/external_relations/euromed/barcelona_10/docs/10th_comm_en.pdf

Contenuti correlati

ARTICOLO | Primo Piano di "Atlantide" n. 37 (2016)

Migrazioni e Mediterraneo: cosa insegna la storia

GIU 2016 | Massimo Guidetti

Nella storiografia prevalente la civiltà europea appare frutto della “sedentarizzazione” dopo le invasioni barbariche. Ma questa immagine trascura la presenza pressoché in9nterrotta di movimenti di popolazione

Clicca qui!