In occasione della pubblicazione del volume "Viaggio nelle character skills. Persone, relazioni, valori", Susanna Mantovani e Franco Nembrini discutono con due autori del libro, Anna Maria Poggi e Giorgio Vittadini
Il tema delle “character skills”, le abilità non cognitive della personalità, è ormai entrato nel dibattito pubblico italiano soprattutto a riguardo della scuola. Il volume “Viaggio nelle character skills. Persone, relazioni, valori”, curato da Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi e Giorgio Vittadini, da poco pubblicato da Il Mulino, si è affermato come un punto di riferimento imprescindibile.
Quello che qui si può rivedere – e che è stato trasmesso come “Inside” de ilSussidiario.net il 17 maggio 2021 – è vero e proprio talk, intenso per la qualità delie idee esposte dai partecipanti, e nello stesso tempo snello per durata (un’ora) e ritmo, grazie agli inserti filmati e alla conduzione di un giornalista televisivo come Enrico Castelli.
Susanna Mantovani, è professore di Pedagogia generale e sociale all’Università degli Studi di Milano Bicocca. La sua riflessione prende avvio dal fenomeno dell’abbandono scolastico, in Italia particolarmente grave, e dalle diseguaglianze di condizioni e di opportunità, tutti problemi aggravatisi con la pandemia. Per una vera ripresa – “to recover, cioè riprendersi anche nel senso di guarire, star meglio – è necessario fare leva sul senso di responsabilità. sulla motivazione, sulla stabilità emotiva, cioè fare appello alla persona tutta intera”. Nella scuola italiana, secondo Susanna Mantovani, c’è di fatto una cura delle soft skills nelle elementari, poi via via “questa attenzione viene persa”, ma in questo modo la scuola “non sparirà, certo, ma rischia la marginalità”.
Il primo soggetto chiamato in causa sono dunque i docenti. Ha insegnato per quarant’anni e più Franco Nembrini, pedagogista e saggista di successo, soprattutto per la sua lettura di Dante. Nembrini spiega di aver sempre combattuto l’idea dilagante che l’insegnante abbia il compito di istruire e non di educare, di trasmettere nozioni e non di aiutare la crescita della personalità. La pandemia? “Ha svelato che a molti ragazzi è mancato non questa o quella materia, ma il rapporto vivo con l’insegnante”. Le sole competenze cognitive “lasciano il ragazzo nella solitudine”. Fino, in certi casi, alla disperazione: “Cari genitori, non è colpa vostra, è che per la scuola non sono una persona, sono niente”, ha scritto una ragazza che ha tentato il suicidio. Passione, interesse, stima, impegno e stabilità sono destate dall’incontro con qualcuno che si prenda a cuore la tua persona e ti accompagni in un cammino, come per Dante la Vergine, Lucia, Beatrice e Virgilio che lo scuote dalla paralisi nella selva oscura e gli indica “l’altro viaggio”.
Anna Maria Poggi insegna Diritto costituzionale all’Università di Torino. Nella scuola il corrispettivo più vicino a questa materia è l’educazione civica, o educazione alla cittadinanza. Riflette su questo: “Chi insegna diritto capisce che l’insegnamento della regola, della norma, non necessariamente diventa costruzione della personalità, incremento della consapevolezza, della responsabilità verso la comunità”. In altri termini la cittadinanza ha un fondamento morale, “come scrisse Aldo Moro nella relazione introduttiva alla legge da lui promossa che per la prima volta inseriva l’educazione civica tra le materie scolastiche”. Le abilità non cognitive “hanno a che fare con la capacità di relazionarsi con se stessi e con la realtà, e la scuola non può non tenerne conto”.
Infatti “senza apertura alla realtà non si può conoscere”, sostiene Giorgio Vittadini, statistico presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. “Non si può conoscere senza stabilità emotiva, motivazione, interesse, ecc. Il Premio Nobel Eckman ha scoperto e dimostrato che i test chiusi della scuola americana depauperano la vogli di conoscere”. Controprova italiana, l’indagine condotta dallo stesso Vittadini e dall’economista Giuseppe Folloni sugli studenti trentini, nella quale si documenta l’influenza positiva delle soft skills sui risultati dell’apprendimento.
Confermano e dettagliano questo approccio le interviste registrate a Lodovico Camozzi, imprenditore Damiano Previtali, dirigente del Sistema nazionale di valutazione del Miur e Roberto Ricci, dirigente di Ricerca Invalsi.