Welfare > Terzo settore
Scuola di formazione politica 2022, appunti dalla quinta lezione

La leadership nei corpi intermedi:
terzo settore, cooperative, sindacato

  • 13 MAG 2022
  • Massimo Bonini
  • Claudia Fiaschi

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Chi ha un ruolo apicale in un ente deve saper dialogare e costruire una governance partecipata. E guidare un’organizzazione di lavoratori oggi richiede passione e attenzione capillare ai nuovi bisogni

Claudia Fiaschi, una vita dedicata al terzo settore, protagonista nella fase di riforma di questo comparto, che ha disboscato e armonizzato una pletora di norme che gravavano su associazioni di volontariato, onlus, cooperative sociali, fondazioni. Con orgoglio Fiaschi rivendica la difesa di alcuni importanti principi ottenuti con la riforma, tra cui il ruolo costituzionale del terzo settore, nell’idea che i cittadini che si occupano della cosa pubblica vadano protetti, e la salvaguardia della “biodiversità” di questi enti. La realtà degli ETS italiani costituisce una best practice, nel contesto europeo, per numero di enti, numero di addetti e qualità della normativa.

 

La partecipazione democratica dei soci

 

Spiegando che sono tre le caratteristiche di un ente del terzo settore - non avere scopo di lucro, svolgere attività di interesse generale e avere una governance partecipata – la Fiaschi ha focalizzato il tema della leadership. I tratti di una leadership per il Terzo settore, secondo Fiaschi sono: la cultura e la conoscenza teorica e pratica delle esperienze; la costruzione del consenso interno; l’animazione della partecipazione democratica dei soci; la conduzione efficace degli organi decisionali; l’incisività nella lobbie; l’efficacia comunicativa; la capacità di costruire alleanze tattiche e strategiche; la capacità relazionale; la facilitazione delle connessioni interne ed esterne. “Avere un ruolo di rappresentanza non significa prendere il potere e affermare le proprie idee, ma armonizzare posizioni diverse”. In particolare, ha tenuto a precisare Fiaschi, la capacità di fare sintesi, che è la leadership, dipende dal dialogo. Occorre un grande sforzo di dialogo perché solo così le posizioni si avvicinano sempre”.

Non siamo quelli del gettone nello smartphone

Massimo Bonini, segretario della più grande Camera del lavoro in Italia, per numero di iscritti e per lavoratori attivi, ha spiegato la specificità del sindacato italiano, che è confederale, cioè ha l’obiettivo di tutelare i lavoratori non solo nel luogo di lavoro, ma anche su temi come il diritto alla casa, alle ferie, al trasporto, alla digitalizzazione. Bonini ha contestato la “vulgata” di un sindacato obsoleto, che non rappresenta nessuno ed è il male del Paese, ed ha rivendicato importanti contributi, come quello di avere alzato l’attenzione sul tema dell’inserimento dell’algoritmo della contrattazione, quello dei lavoratori poveri, dei ciclo-fattorini e del lavoro frammentato. E quello dei giovani. A questo riguardo Bonini ha esibito un caso di successo, l’aver “sindacalizzato” l’Abercrombie, con l’iscrizione di trecento under 25, allora assunti con contratto a chiamata.

Bonini ha riconosciuto che il sindacato si è accorto con ritardo del cambiamento strutturale che stava avvenendo nel mondo del lavoro. Ma quando si parla dei sindacalisti come di coloro che “mettono il gettone nello smartphone”, non si tiene conto del livello generale della classe dirigente italiana e di quella imprenditoriale. Il 65% degli imprenditori non hanno chiaro quale è il processo di innovazione tecnologica che li sta interessando, che il processo di digitalizzazione riguarda la difesa dei loro dati e la gran parte di loro non usa la posta elettronica.

Come sono cambiate le assemblee

I tempi sono davvero cambiati e anche il leader sindacale deve fare i conti con una realtà estremamente mutata. Ha detto Bonini: “In un’unica assemblea – mi ricordano i miei colleghi più anziani – s’incontravano centinaia e anche migliaia di lavoratori. Mentre io devo fare 7-8 assemblee al giorno incontrando una decina di persone alla volta. Questo per dire che oggi la leadership nel sindacato può essere vissuta solo come una missione. Non può essere una logica da dipendente a muoverti, ma quella della passione”.

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