Nel Settentrione la speranza di vita alla nascita è di un anno e mezzo in più rispetto al Mezzogiorno. Bergamo e Cremona recuperano i tre-quattro anni “persi” a causa del Covid. Diminuisce la migrazione per i ricoveri, ma in Molise e Basilicata sfiora ancora il 30%
Che il benessere nei tanti territori che compongono il nostro, geograficamente lungo, bel paese sia molto diverso non è certo uno scoop giornalistico: le differenze tra nord e sud, ad esempio, tra città e campagna, montagna e pianura, e così via, sono oggetto di una pubblicistica infinita. E allora perché parlarne oggi?
Il suggerimento ci viene da un recente documento dell’ISTAT (Misure del Benessere equo e sostenibile dei territori, ottobre 2022) che fa il punto, in termini sintetici e quantitativi riferiti alle province e alle città metropolitane italiane, su alcuni aspetti specifici del benessere (salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, innovazione ricerca e creatività, qualità dei servizi), dai quali ne abbiamo estrapolati due di particolare rilevanza sanitaria: la speranza di vita e la mobilità ospedaliera.
LE “MISURE DEL BENESSERE” NEI TERRITORI
Dice ISTAT nel suo rapporto che “L’informazione territoriale sul benessere consente di comprendere meglio la concentrazione dei vantaggi e degli svantaggi nello spazio geografico, di localizzare con maggiore precisione le aree che contribuiscono più delle altre alle medie nazionali e quelle in maggiore ritardo”, ben sapendo che misurare la disuguaglianza è un’operazione concettualmente complessa oltre che tecnicamente complicata, perché ciascun indice di disuguaglianza cattura aspetti diversi della realtà ed induce quindi a valutazioni potenzialmente differenti (ed anche contrastanti), con polarizzazioni geografiche talvolta marcate (è il caso delle differenze nord-sud nella speranza di vita, ad esempio) ed altre volte più sfumate e frastagliate (come per la qualità dei servizi).
In questo rapporto, poi, “L’aggiornamento degli indicatori provinciali al 2020 e al 2021 consente anche di valutare l’entità dell’impatto della crisi da Covid-19 sui singoli territori e offre una prima lettura della diversa capacità/velocità di ripresa”.
Guardiamo in dettaglio i risultati che si riferiscono alla speranza di vita ed alla mobilità ospedaliera.
SI ALLUGA LA SPERANZA DI VITA
Nel 2021 la stima della speranza di vita alla nascita (cioè il numero medio di anni che un bambino che nasce in un certo anno di calendario può aspettarsi di vivere) è risultata di 82,4 anni (uomini 80,1; donne 84,7). Il dato del 2021 segnala un recupero pari a circa 4 mesi in più per gli uomini e circa 3 per le donne, dopo la grossa flessione registrata nel 2020 (da 83,2 del 2019 a 82,1 del 2020) in concomitanza con la pandemia da Covid-19.
DIFFERENZE TRA NORD E SUD
Il dato nazionale nasconde però profonde differenze territoriali: la speranza di vita alla nascita al Nord è 1 anno e 7 mesi in più rispetto al Mezzogiorno; inoltre, sempre nel mezzogiorno ha subito una riduzione di 6 mesi rispetto al 2020 arrivando nel 2021 a 81,3 anni (82,9 al Nord, con un recupero di quasi un anno rispetto al 2020). E’ facile ipotizzare l’impatto diversificato della pandemia da Covid-19 che si è diffusa con tempistiche differenti nelle varie zone del Paese (prima ondata ad aprile 2020 al Nord, Mezzogiorno interessato soprattutto nell’autunno 2020, con effetti sulla mortalità molto evidenti anche nella prima parte del 2021).
EFFETTI DEL COVID: DOVE SI SONO SUPERATI E DOVE NO
Molte aree del Nord-ovest che avevano perso nel 2020 tante posizioni in termini di classifica rispetto alla attesa di vita, hanno recuperano notevolmente nel 2021. La provincia di Bergamo, ad esempio, recupera nel 2021 quasi completamente i circa 4 anni di speranza di vita alla nascita persi nel 2020; allo stesso modo, la provincia di Cremona recupera nel 2021 circa 3 anni dei quasi 4 persi nel 2020, Piacenza e Lodi circa 2 anni e mezzo.
In direzione opposta, molte province del Mezzogiorno, che nel 2020 avevano in alcuni casi addirittura guadagnato mesi di vita, nel 2021 arretrano di molte posizioni: la provincia di Trapani nel 2021 perde mezzo anno, la provincia di Caltanissetta nel 2021 perde 1,1 anni di speranza di vita totale. Vi sono infine alcune province che hanno peggiorato la loro speranza di vita sia nel 2020 che nel 2021: è il caso, ad esempio, di Campobasso (perso circa 1 anno nel 2020 e un ulteriore anno e 4 mesi nel 2021) e di Enna (un anno perduto nel 2021 in aggiunta agli 11 mesi del 2020).
Le figure 1 e 2 completano la descrizione grafica per tutte le province italiane.
Figura 1 - Speranza di vita alla nascita.
Anno 2021 (numero medio di anni)

Figura 2 - Speranza di vita alla nascita.
Differenza 2021-2019 (numero medio di anni)

DIMINUITI DEL 12% I RICOVERI FUORI REGIONE
Veniamo adesso alla migrazione sanitaria, in particolare per quanto riguarda le prestazioni di ricovero, mobilità calcolata come rapporto percentuale tra le dimissioni ospedaliere effettuate in regioni diverse da quella di residenza e il totale delle dimissioni dei residenti nella regione.
Che per una parte di pazienti il ricovero in un'altra regione sia una scelta, che sia invece dovuto alla carenza di strutture e figure professionali adeguate, o che sia conseguenza di altre motivazioni (presenza di parenti ed amici disposti ad ospitare, ricoveri mentre si è in vacanza fuori regione, …), sta di fatto che in Italia nel 2020 l’emigrazione per ricoveri ospedalieri in altra regione è risultata pari al 7,3% del totale dei ricoveri.
Se la migrazione sanitaria viene ritenuta un difetto del nostro SSN, la buona notizia è che rispetto al 2019 l’indicatore che la misura è diminuito del 12%, anche se si deve segnalare che tale calo è almeno in parte legato alla situazione pandemica che ha fortemente limitato gli spostamenti fuori della propria zona di residenza.
La provincia in cui nel 2020 sono maggiormente diminuiti i ricoveri fuori regione è Rieti (dal 32,5% al 19,9%), seguita da Sondrio, Pescara, Trapani e Palermo (che hanno avuto una diminuzione di oltre il 25%).
IL DIVARIO TRA NORD E SUD
Complessivamente il numero dei ricoveri si è notevolmente ridotto (-17% in Italia; -21% nel Mezzogiorno), ma per il momento le differenze territoriali restano grandi: per motivi di cura l’11,4% dei ricoverati residenti nel Sud si è spostato fuori dalla propria regione mentre al Nord solo il 5,6% dei residenti ha usufruito di ricoveri in mobilità.
Tra le province con i livelli di mobilità più bassi nel 2020 si segnalano Sondrio, Lecco, Bergamo e Ravenna (meno del 2,5% di persone ricoverate fuori dalla regione di residenza). Intorno al 5% è la quota di persone che si spostano dalle due isole maggiori, con una variabilità che va dal 3,7% della provincia di Sud Sardegna a circa il 8% di Trapani e Caltanissetta. Ancora, nelle province di tipo rurale la quota di quanti si spostano per un ricovero fuori regione è il doppio rispetto a chi vive in province prevalentemente urbane (12,1% contro 6,3%). Infine, la mobilità sanitaria è più elevata nelle piccole regioni: in Molise, con Isernia (28,2%) e Campobasso (27,0%), in Basilicata, con Matera (28,9%) e Potenza (22,8%).
La figura 3 sintetizza graficamente la situazione per tutte le province del Paese.

LA PALLA AL NUOVO GOVERNO
Da queste colonne abbiamo recentemente ricordato i principi su cui è stato costruito il Servizio Sanitario Nazionale (https://www.ilsussidiario.net/editoriale/2022/9/22/dopo-le-elezioni-la-sanita-fara-rima-con/2408729/) che conclusioni ne dobbiamo trarre alla luce di questi dati del BES? Si può pensare che la sanità del nostro paese rispetti in pratica, ad esempio, il principio di universalità, cioè l’idea che ci sia una organizzazione capillare sul territorio nazionale capace di erogare i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) a tutta la popolazione? L’elevata migrazione sanitaria fuori regione suggerirebbe di rispondere negativamente.
E che dire del principio di equità ed uguaglianza? Le grosse differenze nella speranza di vita alla nascita sembrerebbero indicare che è fondamentale il luogo dove si risiede perché di per sé determina un allungamento ovvero un accorciamento della vita significativamente diverso (alla faccia di equità e uguaglianza).
Ci fermiamo qui perché abbiamo preso in esame solo due indicatori esemplificativi del benessere, ma il ragionamento può essere facilmente applicato ad altri principi regolatori del nostro SSN.
Saprà il nuovo governo intervenire per almeno ridurre (non ci sentiamo, realisticamente, di usare il verbo eliminare: sarebbe la realizzazione del sogno su cui è stato costruito il SSN) queste differenze? Ci auguriamo che la legislatura in partenza sappia cogliere, tra altro, anche questa provocazione che viene dalla vita reale.