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Scuola di politica 2023 / Prima lezione

Ma che cos’è la politica oggi?
Pace e guerra nel XXI secolo

  • 1 APR 2023
  • Alessandro Colombo
  • Enzo Moavero Milanesi
  • Francesco Occhetta
  • Vittorio Emanuele Parsi

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Il conflitto in Ucraina e gli altri 160 in corso nel mondo. Il ruolo (insufficiente) delle organizzazioni internazionali. Le domande e le scelte che l’Europa non può evitare. Interventi di Parsi, Moavero, Colombo, Occhetta

Dopo la lectio inaugurale di Luciano Violante (“Democrazie senza elettori”, 16 marzo 2023), la quinta edizione della Scuola di Politica “Conoscere per decidere” promossa dalla Fondazione per la Sussidiarietà ha realizzato la prima tappa del suo percorso sabato 1 aprile affrontando il tema “Guerra e pace nel XXI secolo”. 

  • Al mattino con una lezione di Vittorio Emanuele Parsi, Professore di Relazioni internazionali, Università Cattolica del Sacro Cuore e
  • al pomeriggio con gli interventi di Enzo Moavero Milanesi, Professore di Diritto dell’Unione Europea al College of Europe di Bruges e all’Università Luiss di Roma; Padre Francesco Occhetta, Docente di Scienze sociali e coordinatore di Comunità di Connessioni e Alessandro Colombo, Professore di Relazioni internazionali, Università degli Studi di Milano.

Circa duecento i partecipanti, parte in presenza, parte in collegamento dagli “hub” di Chiavari, Lamezia Terme, Modena, Pesaro, Ravenna, Reggio Emilia, Trento, Verona.  

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TRACCIA DEGLI INTERVENTI

 Vittorio Emanuele Parsi esordisce tracciando il percorso storico che ha portato l’Europa a rimuovere la guerra, sentita “dolorosissima e inutile”. Con la fine della Seconda Guerra mondiale l’Occidente risorge trasformato e si fonda su categorie nuove e diverse: quella della democrazia rappresentativa, dell’economia di mercato e della società aperta. Tutto cambia intorno a un punto solo, ma fondamentale: chi condivide quei valori non riesce a concepirsi come nemico.

La minaccia a questo stato di cose è arrivata dalla Russia. Ma siamo in grado di difenderci? Nessuna democrazia è irreversibile e l’Europa non può continuare a “scroccare” sicurezza. Se siamo esposti a rischi di attacco, l’Unione europea deve decidere di migliorare la sua capacità di difendersi, militare e politica. Ma la UE non riesce a concepirsi come soggetto politico. E non decide per una difesa comune. In una guerra non ci sono pareggi e chi vince impone i suoi principi.

L’Europa deve decidersi a difendere il suo sistema democratico. Deve decidere per una democrazia pacifica ma non imbelle. Dobbiamo accettare la fatica di una scelta. Con tutto ciò che comporta. 

 

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Enzo Moavero Milanesi esamina il ruolo delle organizzazioni internazionali: la CECA (1950) che segna l’avvio di una comune gestione delle risorse energetiche europee e di un lungo periodo di pace; la NATO cui l’Europa affida la sua difesa; l’ONU, che ben presto delude le speranze che sia una fucina di pace; l’OSCE, che non riesce a maturare strumenti per concretizzare azioni di pace; il WTO, che si è dimostrato incapace di governare la globalizzazione. 

In che mondo siamo? Si chiede Moavero. In un mondo caleidoscopico, interdipendente (vedi materie prime) ma multipolare. E imprevedibile. La UE offrirà un modello valido se mostrerà come conciliare competizione con collaborazione, innanzitutto al suo stesso interno, garantendo un’economia dinamica e competitiva, dentro un mercato comune.

A riguardo della guerra in Ucraina, non possiamo escludere che, attraverso un’azione politica e diplomatica, unita a una visione di lungo periodo, la UE avrebbe potuto scongiurare la guerra. Ma avrebbe dovuto interpretare un ruolo terzo e una serie di soluzioni da proporre. Questo è il dramma delle guerre: fino a che non si manifesta quel punto di incontro che porta a dire “basta”, la guerra va avanti. Il conflitto tra l’Iraq di Saddam Hussein e l’Iran di Khomeini? È durato dodici anni, la guerra di Corea non è nemmeno finita, è sotto armistizio. Questa può essere una guerra di lento logoramento.

Alessandro Colombo premette che distinguere tra pace e guerra è sempre più difficile. Vero è che dalla fine della seconda guerra mondiale noi europei non ci siamo fatti la guerra tra noi, ma l’abbiamo fatta ad altri. Inoltre gli Stati europei sono simili per regimi politici e cultura, ma il mondo non è così: contrapporre democrazie ad autocrazie non aiuta un ordine mondiale costituito di regimi diversi.

Minacciare Vladimir Putin di essere tradotto in un tribunale internazionale significa aver deciso di portare la guerra fino in fondo. Il che appare eticamente discutibile e politicamente stupido. Carl von Clausewitz ha mostrato che ogni guerra ha un punto culminante oltre al quale non si deve andare, perché si creerebbero più problemi di quelli che si risolvono. Ci siamo chiesti qual è il punto culminante di questa guerra? Quali rapporti ci immaginiamo tra noi e i russi dopo la guerra? Ce li immaginiamo? Oppure qualcuno è così stupido da immaginare una umiliazione, la disgregazione della Federazione russa, al confine con l’Unione europea e l’Alleanza atlantica?

P. Francesco Occhetta ricorda che oggi sono in corso nel mondo 160 guerre e che le democrazie liberali stanno diminuendo di numero. Non solo: le spese militari crescono; gli enti intermedi vengono umiliati, i Parlamenti implodono; la cultura della mediazione viene meno; avanzano spinte populiste e concezione messianica del leader. Dominano le spinte centrifughe e lo scontro.

A differenza che nel passato le guerre più recenti hanno fatto pagare il prezzo più alto alle popolazioni civili. Nella Prima guerra mondiale i morti civili sono stati il 5%; nella Seconda il 50%. Nelle ultime guerre il 90%.

La posizione della Chiesa suggerisce la strada di una cessione di sovranità a favore di una organizzazione internazionale orientata alla pace. A causa del prevalere di forze centrifughe orientate all’interesse personale, oggi questa cessione di sovranità risulta particolarmente difficile. La politica del disarmo ha bisogno di dialogo, di amicizia sociale. Per costruire una cultura di pace occorre non appiattirsi su linguaggi bellici. La Chiesa non si limita a valutazioni di tipo politico, ma offre sempre anche una visione antropologica, che considera la natura umana a tutto tondo, compreso l’aspetto psicologico. Su questo aspetto p. Occhetta suggerisce di leggere “Psicoanalisi della guerra” di Franco Fornari.

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