Il Corriere della Sera, con un articolo a firma di Paolo Foschini, ha pubblicato il18 febbraio un ampio articolo in cui viene presentato il contenuto del nuovo Rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà, Sussidiarietà e… welfare territoriale.
L’autore dell’articolo sottolinea come nel mondo attuale il tasso di crescita delle diseguaglianze economiche tra ceto medio e ceti bassi-popolari si accentui sempre di più: “oggi è percepito a quota 54%”. Come “sempre più schiacciante (52%) è la divaricazione tra stipendi dei manager e dei lavoratori semplici”. Soluzioni possibili si chiede Foschini? “Una che in questo caso le riassume quasi tutte si chiama sussidiarietà, alleanza tra Stato e Terzo Settore, tra pubblico e privato in nome del bene comune: se venisse attuata davvero è la percezione del 74% degli italiani sarebbe la risposta più efficace e mirata ai bisogni delle persone”.
Il presidente della Fondazione, Giorgio Vittadini, spiega che “oggi più che mai la parola chiave è insieme: in famiglie, in realtà sociale di quartiere, in gruppi, che però devono poter essere aiutati dal pubblico”. Dice ancora Vittadini: “Perché le persone ti mettono sempre davanti a proposte pratiche, a soluzioni operative. La gente lo sa cosa serve. Ma per coinvolgere il pubblico non basta andare a votare. Bisogna partecipare”.
Benché, spiega il giornalista, “un italiano su quattro dice di sapere più o meno bene cosa sia la sussidiarietà, a saperlo molto bene sono solo quattro su cento, mentre quasi uno su due dice di non averne mai sentito parlare. Ma quando agli italiani reciti la definizione e spieghi che quel principio valorizza le iniziative di persone e gruppi per la realizzazione del bene comune, la percentuale di quanti riconoscono questa cosa come familiare sale al 94%”.
In cima alla classifica delle diseguaglianze percepite ci sono la povertà (58%), l’accesso ai servizi sanitari di qualità (44), lavorio precario e giovani (42).
Dice ancora Vittadini che la realtà fotografata dal Rapporto è “uno spaccato di vita vera”: “Il 30% delle famiglie dice che non trova posto negli asili nido, un quarto della popolazione che non ha accesso ai servizi, l’aspettativa di vita continua a salire ma la sua qualità continua a scendere, il disagio esistenziale è avvertito in modo trasversale”. L’emergenza prioritaria, spiega, “è la solitudine perché è quella che determina l’incapacità di muoversi anche là dove le soluzioni del welfare territoriale potrebbero esserci. La solitudine è non sapere a chi rivolgersi. Perdita dei legami: origine di tutto il resto”.
Gli italiani, conclude Foschini, hanno chiaro che la collaborazione tra pubblico e privato sarebbe il welfare perfetto, il che è appunto la sussidiarietà.
Articolo a firma Giorgio Vittadini su Il Sole 24 Ore del 19 febbraio, dedicato alla pubblicazione del nuovo Rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà: “Perché investire sul welfare, fattore di sviluppo”.
“La spesa per la protezione sociale in Italia al 2023 risulta pari al 29% del PIL, dato che ci colloca in una posizione più alta rispetto alla media europea, seconda solo alla Francia (32,6%), quasi al pari della Germania (28,3 %). La spesa è però sbilanciata a favore delle pensioni e a svantaggio delle diverse forme di marginalità. Nello stesso tempo, una percentuale significativa di italiani (tra il 67% e l'80%) ha incontrato difficoltà o impossibilità di accesso ai servizi fondamentali del welfare negli ultimi tre anni. È uno dei segnali di allarme che emerge dal Rapporto "Sussidiarietà e... welfare territoriale", realizzato in collaborazione con Aiccon, Ifel, Ipsos, Istat.
Il Rapporto mostra che circa il 20% della spesa totale per il welfare è a carico delle famiglie. Di fronte all'assenza o all'inadeguatezza dei servizi chi può permetterselo (sempre di meno) paga di tasca propria. Chi invece non ha le risorse necessarie rinuncia o attende, creando così un «popolo di vulnerabili in sala d'attesa».
È l’attacco dell’articolo che prosegue così: “Il tema dell'investimento sul welfare come fattore di sviluppo apre il problema enorme della qualità democratica del Paese perché, a tale obiettivo, vanno allineate le "regole del gioco" (politiche fiscali, quelle del lavoro, la responsabilità sociale d'impresa, la conciliazione vita-lavoro). Per questa ragione la protezione sociale andrebbe riformata mettendo a frutto le innovazioni che il progresso offre per distribuirne i benefici a tutti. L'esigenza di risparmiare ha portato le istituzioni a frammentare i servizi in base a singoli bisogni, quelli dei disabili, degli anziani, delle persone affette da dipendenze o con disturbi psichiatrici. È il servizio a essere assunto come criterio, non la persona”.
Il Rapporto propone diverse soluzioni, conclude Vittadini: “La presa in carico della persona, la progettazione integrata dei servizi, l'aumento degli investimenti sul capitale umano, la collaborazione tra pubblica amministrazione e Terzo settore che esca dalle logiche di mercato, la razionalizzazione dei flussi di spesa da parte di una regia centrale e il superamento del criterio della spesa storica con un approccio basato sul monitoraggio dei bisogni. Aiutare le persone e le comunità locali a rimettersi in azione, a riprendere in mano la propria vita, o ad assistere quella degli altri è più che mai importante in un'epoca di disintermediazione e sfaldamento delle relazioni. (…) La trasformazione del welfare deve essere un'azione comune che valorizzi l'esistente, ovvero la «biodiversità» delle istituzioni con una «finalità pubblica», disposte a condividere progettualità orientate al bene comune, secondo il principio di sussidiarietà, in un contesto in cui i soggetti pubblici sono chiamati a stabilire gli obiettivi di qualità dei servizi e a monitorare il loro perseguimento. Per costruire un nuovo patto sociale, che risponda alle esigenze di tutti, occorrono "più società e più Stato insieme".
Intervista a Giorgio Vittadini su Avvenire del 19 febbraio a cura di Paolo Viana. “L’Italia investe su cura e istruzione per tornare a essere un Paese solidale” è il titolo dell’articolo. “Il welfare è una conquista civile” dice il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà “però in declino: il 20% della spesa totale per il welfare è a carico delle famiglie, i bambini che frequentano gli asili nido sono meno del 30% rispetto al 38% della media europea; oltre un quarto (28,4%) delle famiglie con persone disabili è a rischio di povertà o esclusione sociale, una percentuale tra il 67 e l’80% ha incontrato grosse difficoltà o impossibilità di accesso ai servizi fondamentali del welfare negli ultimi tre anni”.
Vittadini sottolinea come il diritto tutti a vivere dignitosamente come sancisce la Carta Costituzionale “è su una brutta china”. Soprattutto nel caso della sanità, meno nell’assistenza sociale o nelle politiche che riguardano la conciliazione tra maternità e lavoro.
Tante le problematiche che il welfare non riesce ad affrontare. Il motivo, dice Vittadini, è dovuto al fatto che “è stato costruito pezzo per pezzo negli anni e non mettendo a sistema il contributo di tutti, realtà sociali in primis, che più facilmente permettono la presa in carico della perdonano solo dei suoi bisogni parcellizzati”.
Cosa propone dunque questo Rapporto per uscire da questo quadro? “Il Rapporto propone una riforma complessiva fondata sulla presa in carico della persona, sulla progettazione integrata dei servizi, sull'aumento degli investimenti in capitale umano, sulla collaborazione tra pubblica amministrazione e Terzo settore che esca dalle logiche di mercato, sulla razionalizzazione dei flussi di spesa, sul superamento del criterio della spesa storica. Consigliamo di lavorare sulle reti, in una logica di costruzione relazionale, in grado di generare capitale sociale. Secondo il principio di sussidiarietà: più società e più Stato insieme”.
Intervista a Giorgio Vittadini anche su Il Riformista del 20 febbraio, a cura di Mario Alberto Marchi. Titolo: “Un sistema di protezione sociale solido garantisce anche la tenuta democratica”.
“Si è diffusa l’idea che il welfare sia un peso economico insostenibile, ma la vera questione è un’altra” dice il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà “vogliamo una società che garantisca diritti sociali o preferiamo modelli, come quello americano, dove i servizi essenziali dipendono dal reddito? Il tema non è spendere di meno, ma spendere meglio”. Non è solo una questione economica, dice ancora Vittadini, ma culturale: “L’Italia ha costruito il welfare in modo frammentato, senza una visione strategica. I tagli alla spesa non sono la causa della crisi, ma la conseguenza di una trasformazione più profonda: è venuta meno l’idea che è necessario rinnovare continuamente il patto sociale cioè l’equilibrio tra merito e bisogno deve essere continuamente ricercato”.
C’è comunque un problema di risorse: “Il problema è che si è cercato di contenere la spesa tramite tagli orizzontali, e non tramite il suo efficientamento in vista della tenuta e/o ampliamento dell’offerta dei servizi e un miglioramento della loro qualità, soprattutto in considerazione dell’emergere di nuovi bisogni. Questa prassi da una parte ha perpetrato le disuguaglianze esistenti, e dall’altra ha anche impedito ai soggetti decisori di entrare nel merito della spesa verificandone la reale efficacia”. In conclusione, dice Vittadini: il Rapporto “propone una riforma su diversi livelli: la presa in carico della persona, che vada oltre la gestione parcellizzata dei singoli bisogni; un aumento degli investimenti in capitale umano, con più risorse per istruzione e formazione; una collaborazione più efficace tra pubblico e privato sociale, fuori dalle logiche di mercato; un utilizzo più razionale delle risorse, superando il criterio della spesa storica”.