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VIDEO I Università Milano-Bicocca e Crisp con la Fondazione

Scuola, sì a una valutazione
che inneschi il miglioramento di tutti

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Come distinguere merito da meritocrazia? E come superare le contrapposizioni ideologiche prodotte dai dati Invalsi? Gli interventi di Ricci, Agasisti, Magni, Nigris, Riva, Ribolzi e Vittadini

Test nazionali e internazionali continuano a mostrare preoccupanti carenze nell’apprendimento degli italiani. Quale ruolo ha la valutazione nel migliorare la qualità dell’offerta formativa? Può avere una qualche utilità puntare sul merito?

Queste le domande al centro del confronto promosso dall’Università di Milano-Bicocca e dal Crisp, in collaborazione con la Fondazione per la Sussidiarietà, svoltosi lunedì 23 gennaio 2023, presso il Dipartimento di statistica e metodi della stessa Università.

I PARTECIPANTI

Sono intervenuti Roberto Ricci, Presidente di Invalsi, Tommaso Agasisti, Docente di Public Management, Politecnico di Milano, Francesco Magni, Docente di Pedagogia generale e sociale, Università degli Studi di Bergamo, Elisabetta Nigris, Docente di Progettazione didattica e valutazione, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Maria Grazia Riva, Docente di Consulenza clinica nella formazione e di Pedagogia della relazione, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Luisa Ribolzi, già Vicepresidente di Anvur. Ha coordinato i lavori Giorgio Vittadini, Docente di Statistica, Università degli Studi di Milano-Bicocca e Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà.

ALLARME INVALSI

[3'55"] Roberto Ricci, evidenzia che per quanto riguarda la riuscita scolastica l’Italia si trova in fondo alla classifica europea, precedendo solo Spagna e Romania: solo il 52% dei maturati riesce a raggiungere nelle prove Invalsi un livello accettabile. Il merito, che dovrebbe riguardare l’impegno di studenti e docenti, diventerebbe pericoloso nel momento in cui fosse considerato una sorta di competizione che non tiene conto del contesto. Tutti i Paesi avanzati si confrontano con questo tema connesso al loro sviluppo. Un primo problema è la scarsità di dati: il ministero fissa dei traguardi di apprendimento, ma non ne verifica a sufficienza il raggiungimento. Gli allievi eccellenti risultano in un numero 10 volte maggiore rispetto agli studenti di cui non si hanno dati. Questo significa che le aree in cui non si raccolgono i dati sono quelle di maggiore difficoltà.

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[26'37"] Tommaso Agasisti osserva che è sbagliato distinguere gli studenti in base alla condizione socio-economica di partenza, per esempio raggruppandoli in classi omogenee (che non hanno prodotto buoni risultati). Interessante l’esito di un’indagine che mostra quanto l’autovalutazione del lavoro di alcuni presidi coincidesse con la valutazione del livello dei loro studenti: i presidi di scuole frequentate da studenti disagiati tendono loro stessi a darsi una valutazione più bassa. Questo perché si confonde la misurazione con la sua valutazione, che invece implica una domanda da parte dell’insegnante: “Ho fatto tutto quello che potevo per migliorare la situazione di partenza di questo studente?”. Quanto al merito, non va inteso come talento, esso è l’energia, la disponibilità, la capacità di rispondere a una proposta educativa che viene fatta. Il merito quindi dovrebbe riguardare innanzitutto la qualità della proposta di chi insegna

TALENTO MERITO MERITOCRAZIA

[47'47"] Francesco Magni distingue merito da meritocrazia, ovvero la legittimazione etica della disuguaglianza. L’educatore è colui che individua i talenti degli studenti. Non esiste nessuno che non abbia dei talenti. Il tema del merito dovrebbe comprendere le qualità personali, non solo la performance. Il diffondersi dell’intelligenza artificiale impone uno stile enciclopedico, trasmissivo e impone al sistema educativo di “ricucinare” informazione. Mentre quello che più manca sono le dimensioni riflessiva, critica, partecipativa all’apprendimento.

 

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[1h 05’55’’] Per Elisabetta Nigris la meritocrazia basata sul talento è un concetto educativo e pedagogico non sostenibile. Non tutti hanno gli stessi talenti e i talenti non sono valutabili in sé. Lo sviluppo delle potenzialità cognitive, secondo una ricerca OCSE, è legato alla curiosità, che a sua volta è correlata alla famiglia d’origine, cioè dipende dalle aspettative familiari (quindi non del tutto dalla provenienza socio-economica). La meritocrazia (che ha rappresentato il superamento della selezione in base al rango familiare) va coniugata con la non discriminazione e con la responsabilità. Il ragazzo non può essere premiato o punito per qualcosa di cui non è responsabile. Uguaglianza: non basta quella negativa (“pari opportunità per tutti”), occorre anche quella positiva (“le opportunità vanno patrocinate”, bisogna investirci).

Perché ci sia mobilità intergenerazionale, occorre arrivare al concetto di equa uguaglianza delle opportunità. Vanno integrati i principi dell’opportunità, quello delle condizioni e quello della complessità del contesto.

La politica fondamentale di contrasto alla povertà educativa (presente anche in famiglie benestanti) consiste nella cura della prima infanzia, è qui lo spartiacque decisivo. Anche il tempo passato a scuola incide favorevolmente. A riguardo dei finanziamenti, non è sufficiente una politica redistributiva, a pioggia, a favore delle scuole nelle aree svantaggiate. La variabile più importante non è il macro contesto (Paese o momento storico) e nemmeno il meso contesto (comunità e città), ma il micro: scuola, classe, studenti, docenti, dirigenti). Occorre entrare nel merito della singola scuola, andando a vedere dove il livello di uscita è stato migliore di quello di entrata (non può essere considerata scuola di eccellenza quella che seleziona i ragazzi migliori in ingresso).

Per sostenere il merito a prescindere dalle condizioni ho bisogno di strumenti di valutazione che permettano di andare a vedere il percorso individuale, di conoscere i processi (non solo il risultato finale) e che diano un rimando utile ai ragazzi per sviluppare le loro potenzialità. Valutare il merito è un bel problema se valutare significa “dare valore a un processo”. Perrenoud definisce la valutazione realmente formativa come quella che permette di conoscere meglio l’alunno (pedagogia differenziata) al fine di potenziare la capacità di apprendimento degli studenti.

SUPERARE LE FRATTURE IDEOLOGICHE

[1h29’16”] Maria Grazia Riva incentra il suo intervento sulla contrapposizione anche ideologica che i dati Invalsi hanno generato nel mondo educativo: chi sostiene che con i test si ottengono informazioni oggettive sulle competenze raggiunte e sulle relative prestazioni facendole coincidere con la qualità del sistema educativo chi sostiene che i test non colgono la dimensione di contesto e di processo verso cui si generano gli apprendimenti. La valutazione scelta dice quale tipo di scuola e di società si vuole. C’è chi punta solo sui migliori per una scuola-azienda, chi vuole competenze per tutti supportando i più svantaggiati. Occorre superare queste fratture. Cominciando a considerare che i dati Invalsi devono essere in connessione con le altre dimensioni in campo, come le disuguaglianze e le analisi del contesto. È importante che nella comunicazione pubblica non si continui a mandare messaggi contrastanti che generano conflitto, ansia, preoccupazione, sottolineando invece la dimensione di processo che la scuola sta intraprendendo, in relazione al contesto.

La domanda che rimane: che cosa fare del risultato di questi test, prima, durante, dopo? Quale formazione degli insegnanti? Tra i progetti finanziati con il PNRR esistono ne esistono con prospettive interessanti.

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[1h48’49”] Luisa Ribolzi. È responsabilità della scuola usare la valutazione per aiutare i ragazzi ad affrontare le sfide. Perché valutare? Per innescare un miglioramento. È una sfida per i valutatori. Per valutare non è sufficiente una fotografia, ma è necessario disporre di informazioni sul processo che riguardino tutte le componenti del sistema: le caratteristiche degli studenti, dell’istituzione, le risorse finanziarie e umane, le caratteristiche didattiche. Ci sono ancora forti resistenze alla valutazione esterna da parte degli insegnanti, è necessario potenziare la condivisione degli obbiettivi per premiare le scuole migliori, per individuare procedure di sostegno per le scuole deboli, per distribuire le risorse in base agli obbiettivi. La valutazione degli insegnanti è fondamentale: una ricerca dice che sostituire un insegnante scadente con uno migliore può influire nell’arco dei cinque anni di studio di uno studente fino a un anno e mezzo di tempo risparmiato. 

[2h09’17”] Roberto Ricci conclude sottolineando la necessità di responsabilità ed equilibrio. Tutte le scuole hanno responsabilità molto forti, se le devono assumere: le famiglie e gli studenti sono fortemente interessati alla qualità e al risultato: dobbiamo farci carico della voce delle famiglie e degli studenti o non faremo un buon servizio al nostro sistema educativo. Ci sono segnali importanti da cogliere, come la forte crescita dell’interesse per la scuola paritaria rispetto a 50 anni.

[2h15’20”] Giorgio Vittadini osserva che in un dibattito come questo, scientifico prima che politico, la complessità e la differenza di idee non sono un ostacolo. Con un confronto, che non è solo democratico, ma è anche scientifico, si può alzare l’asticella dei risultati attesi. Valutazione e merito non indicano risultati raggiunti una volta per tutte, ma indicano un processo che è bene monitorare, non solo per un interesse scientifico, ma anche dal punto di vista dello sviluppo di tutto il sistema. Forse, da statistici, dovremmo chiederci come essere funzionali a questa riflessione, cioè quali strumenti statistici riescano meglio a inglobare il tipo di riflessioni che ci urgono.

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