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Lavoro: potenziale umano e artificiale

Le competenze tecniche invecchiano
la tua umanità fa la differenza

  • 2 MAG 2024
  • Luca Farè

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L’economia della conoscenza sta cedendo il passo a un'economia in cui le capacità relazionali e sociali sono decisive. Le soft skills assumono un ruolo cruciale nell’era della rivoluzione digitale

Da tempo nel mondo del lavoro le cosiddette soft skills hanno raggiunto e superato il ruolo che le hard skills avevano mantenuto per decenni. Il riconoscimento cioè le competenze relazionali, la comunicazione, la capacità di lavorare in team, quella di ispirare fiducia e di ascoltare, sono oggi parimenti importanti se non di più delle pure competenze tecniche professionali che si acquisiscono attraverso la formazione e l’esperienza lavorativa. Nel mondo della scuola inoltre da tempo le character skills sono un ulteriore passo in più, nel tentativo di riportare al centro delle attenzioni aspetti collegati alla relazione comunicativa (persone, relazioni, valori) e allo sviluppo della personalità dello studente.

Character skills: cinque risposte
a quattro obiezioni e una domanda

06 APR 2022 | LUISA RIBOLZI, ROBERTO RICCI, ANTONIO FELICE URICCHIO, GIORGIO VITTADINI

 

I critici delle competenze non cognitive temono che si svaluti la conoscenza, ci si sottometta al sistema produttivo e si generino disuguaglianze. La domanda: “Sui banchi domina la noia. Come se ne esce?”

Un articolo pubblicato lo scorso 14 febbraio sulle prime pagine del New York Times, “When your technical skills become obsolete, your humanity will matter more than ever” pone un nuovo e ulteriore approccio, prendendo spunto dalla sempre più impetuosa presenza dell’Intelligenza Artificiale nella società contemporanea nell’era della rivoluzione digitale.

La domanda che viene posta nell’articolo è quella che assilla tutti davanti a quello che per la maggioranza delle persone è un interrogativo aperto e anche inquietante: quanto, nel mondo del lavoro, l’IA potrà prendere il posto dell’essere umano? Quante categorie di lavoratori potrebbero vedere a rischio quello che oggi è la propria occupazione, sostituite dall’IA e da macchine che prenderanno il loro posto?

Citando alcuni dati specifici, l’articolo dice come tutt’oggi sempre di più i ragazzi si indirizzino verso studi tecnici (ingegneria, informatica) perché offrono più possibilità di lavoro maggiormente remunerative con il conseguente abbandono degli studi classici: “Il numero di studenti che cercano lauree quadriennali in informatica e tecnologia dell'informazione è aumentato del 41 percento tra la primavera del 2018 e la primavera del 2023, mentre il numero di lauree umanistiche è crollato. I lavoratori che non hanno frequentato l'università e quelli che avevano bisogno di competenze aggiuntive e volevano approfittare di un boom di lavori redditizi si sono affollati in dozzine di bootcamp di codifica e programmi tecnici online”.

Questo, viene detto ancora, è la conseguenza di quanto da decenni si insegna nelle scuole: “Competenze come la programmazione e l'analisi dei dati continuano a plasmare i campi dell'istruzione superiore e della formazione professionale”. In sostanza, si legge, questo succede perché “le nostre capacità di comunicare efficacemente, sviluppare empatia e pensare criticamente hanno permesso agli esseri umani di collaborare, innovare e adattarsi per millenni. Queste competenze sono quelle che tutti possediamo e possiamo migliorare, ma non sono mai state adeguatamente valutate nella nostra economia o considerate prioritarie nella nostra istruzione e formazione. Questo deve cambiare”.

L’INTELLIGENZA ARTIFICALE CAMBIERÀ I RAPPORTI DI LAVORO?

Paradossalmente, proprio l’IA, in particolare quella generativa, potrebbe indicare una strada diversa di quella che superficialmente ci si può aspettare. Ad esempio gli ingegneri, proprio perché passeranno meno tempo a programmare perché sostituiti da una macchina, avranno più tempo per impegnarsi in compiti come la collaborazione e la comunicazione: “In questa fase, la comunicazione è già la competenza più richiesta tra i lavori su LinkedIn oggi. Anche gli esperti di intelligenza artificiale osservano che le competenze di cui abbiamo bisogno per lavorare bene con i sistemi di intelligenza artificiale, come l'incitamento, sono simili alle competenze di comunicazione e di ragionamento efficace con altre persone.

 

Come cambia il mercato del lavoro

con l’Intelligenza Artificiale

 

Oltre il 70 per cento dei dirigenti di LinkedIn lo scorso anno ha dichiarato che le competenze relazionali erano più importanti per le loro organizzazioni rispetto alle competenze altamente tecniche dell'intelligenza artificiale. E un recente sondaggio di Jobs for the Future ha rilevato che il 78 percento delle 10 occupazioni più importanti classifica le competenze e le attività unicamente umane come "importanti" o "molto importanti". Queste sono competenze come la costruzione di relazioni interpersonali, la negoziazione tra parti e la guida e motivazione dei team”.

Tutto questo, viene ancora detto, prima di sfociare nel lavoro, deve passare dal mondo dell’educazione: “Le università hanno un ruolo cruciale da svolgere. Negli ultimi decenni, abbiamo assistito a una priorizzazione della scienza e dell'ingegneria, spesso a scapito delle discipline umanistiche. Tale calibrazione dovrà essere rivalutata (...) I datori di lavoro dovranno essere educatori, non solo riguardo agli strumenti di intelligenza artificiale ma anche sulle competenze relazionali e sulla collaborazione tra persone. Grandi datori di lavoro come Walmart e American Airlines stanno già esplorando modi per mettere l'intelligenza artificiale nelle mani dei dipendenti in modo che possano passare meno tempo su compiti routinari e più tempo sull'interazione personale con i clienti”.

 

Big Data e IA:

come cambierà il mondo del lavoro

 

POTENZIALE UMANO E POTENZIALE ARTIFICIALE

Tutto bene dunque? Ovviamente la differenza di mentalità tra Italia e Stati Uniti è ampia, ma come sottolinea l’articolo si tratta di partire da una domanda basica: “Quali sono le nostre capacità fondamentali come esseri umani?”. Di fatto, riscoprire chi siamo e per che cosa siamo fatti, in un mondo sempre più spietato e arrivista come è oggi quello del lavoro. C’è un passo da fare: tornare a credere nel potenziale umano allo stesso modo in cui si crede nel potenziale dell’intelligenza artificiale: “Se lo facciamo, è del tutto possibile costruire un mondo del lavoro che non sia solo più umano ma sia anche un luogo in cui tutte le persone siano apprezzate per le competenze uniche che possiedono, consentendoci di raggiungere nuovi livelli di realizzazione umana in così tanti settori che influenzano tutte le nostre vite, dalla sanità ai trasporti all'istruzione. Lungo il cammino, potremmo aumentare significativamente l'equità nella nostra economia, in parte affrontando il persistente divario di genere che esiste quando sottovalutiamo le competenze che le donne portano al lavoro in percentuali più alte rispetto agli uomini”.

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