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ARTICOLO | Tema di "Atlantide" n. 12 (2007)

Sfamare il pianeta in un’era di cambiamenti climatici

  • NOV 2007
  • Per Pinstrup Andersen
La Rivista

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La fame in un mondo ricco di cibo Ogni 15 minuti, circa 180 bambini in età prescolastica muoiono per fame e carenze nutrizionali. Dodici al minuto, più di sei milioni all’anno. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Un bambino su quattro, in età prescolastica, nei Paesi in via di sviluppo soffre per fame e deficienze nutrizionali. Questi bambini non crescono sviluppando pienamente le loro potenzialità, hanno scarsa resistenza alle malattie, imparano meno a scuola e guadagneranno meno da adulti. Molti di loro sono portatori di handicap dalla nascita, sono nati nella povertà e probabilmente rimarranno poveri. Più di 800 milioni di persone, equivalenti a circa 15 volte la popolazione italiana, patiscono la fame, risentono di instabilità alimentare e molti di più, a causa di carenze micronutrizionali, con mancanza di ferro e anemia associata, soffrono delle patologie più diffuse. Il mondo è ricco di cibo, e una parte sempre più grande della popolazione mondiale è ipernutrita e soffre di obesità e malattie croniche. La cosiddetta “transizione alimentare” - nella quale la dieta passa da cereali basilari e tuberi a carne, prodotti caseari e cibi ricchi di zuccheri, dolcificanti e grassi - è in pieno divenire nei Paesi in via di sviluppo, dando come risultato un duplice problema alimentare: carenze e fame in alcune famiglie e obesità in altre. I cambiamenti tecnologici nel settore agricolo hanno portato a un forte aumento della produzione di cibo a basso costo, e la globalizzazione e lo sviluppo delle comunicazioni, della tecnologia, dell’informazione e delle strutture di trasporto hanno reso più semplice ed economico il trasferimento di alimentari sulle lunghe distanze. Così, attualmente viene prodotto cibo sufficiente per soddisfare i bisogni di ogni abitante del mondo. Ma allora, perché nel 2007 esistono ancora così tanta fame e carenze nutrizionali? La ragione principale è la povertà, che si traduce nell’incapacità delle famiglie di accedere al cibo di cui necessitano. Sebbene non tutte le persone povere soffrano di fame e di carenze nutrizionali, quasi tutte le persone affamate sono povere. La fame può essere di lunga durata o transitoria. La prima è diffusa tra le persone cadute nella trappola della povertà, dalla quale non riescono a sfuggire. La grande maggioranza di loro vive nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo. Queste persone non possiedono terre, non hanno un lavoro o ricevono comunque bassi salari; spesso il capofamiglia è una donna con capacità di reddito molto scarsa, o si tratta di famiglie con adulti affetti da malattie come l’Aids, oppure di orfani o appartenenti a famiglie disgregate. Le persone che soffrono la fame a lungo termine sono spesso “invisibili” per chi prende le decisioni nelle società dove vivono, e diventa quindi appropriato il termine “fame silenziosa”. La fame transitoria - causata da disastri naturali o provocati dall’uomo, come siccità, inondazioni, terremoti, conflitti o cattive politiche - tende a non essere silenziosa. In televisione, il mondo ha visto immagini indimenticabili di ciò che si verifica durante carestie e disastri, e ha dimostrato la sua generosità verso le vittime della fame transitoria, ma esse rappresentano solo una piccola parte - circa il 10% - della fame nel mondo. Le cause primarie di fame transitoria o acuta negli ultimi anni sono in aumento, con conseguenze disastrose per la sicurezza alimentare dei Paesi poveri. La causa più comune di scarsità di cibo è la siccità, che nel 2004 ha causato rovine dei raccolti agricoli e pesanti perdite di bestiame in zone dell’Etiopia, dell’Eritrea, della Somalia, dell’Uganda e del Kenya. In molti Paesi, le scadenti pratiche agricole, la deforestazione, la salinità in aumento, l’alto numero di pascoli e di colture stanno inasprendo condizioni naturali già avverse. I cambiamenti climatici, che hanno come risultato una maggiore scarsità idrica, grandi variazioni nelle precipitazioni e temperature più alte nelle aree tropicali, comportano nuovi rischi e incertezze per i poveri, acuendo la loro insicurezza alimentare. La fame provocata dall’uomo In anni recenti, la proporzione di crisi alimentari attribuibile a cause provocate dall’uomo è aumentata. Sempre più spesso queste emergenze sono scatenate dai conflitti armati. Dall’Asia all’Africa, all’America Latina, i combattimenti spostano milioni di persone dalle loro case, provocando alcune tra le peggiori emergenze alimentari. Nel 2004, il conflitto che si è aggravato nella regione del Darfur, nel Sudan, sradicò più di un milione di persone, causando una grave crisi alimentare in un’area che normalmente godeva di buone precipitazioni e raccolti. Nei conflitti che tormentarono l’Africa Centrale negli anni Novanta, le persone colpite dalla fame aumentarono dal 36% al 56%, mentre la fine del conflitto armato in Mozambico portò una rapida crescita economica e una riduzione della povertà. Analogamente, in aree più pacifiche dell’Africa, come il Ghana e il Malawi, la malnutrizione sta diminuendo. L’Aids ha aggravato il problema della fame, rendendo orfani milioni di bambini, aumentando i rapporti di dipendenza e le spese mediche, esaurendo rapidamente le risorse e deviandone altre di importanza cruciale dagli investimenti sostenibili per la sicurezza alimentare delle famiglie. Inoltre, l’Aids ha ridotto la capacità delle nazioni di prevenire e mitigare le emergenze alimentari, uccidendo produttori e professionisti essenziali in diversi settori dell’economia.
Iniziative internazionali Nel 1993, l’Istituto internazionale di ricerca sulla politica alimentare lanciò la 2020 Vision Initiative, in cui la vision è «un mondo in cui ciascuno possa avere disponibilità di cibo sufficiente per sostenere una vita in salute e produttiva, dove la malnutrizione è assente e il cibo è prodotto con sistemi efficienti, efficaci e a basso costo, compatibili con l’uso sostenibile delle risorse naturali». Alla Conferenza alimentare mondiale del 1996, organizzata dalla Fao, i leader politici di ogni Paese del mondo si accordarono sull’obiettivo di dimezzare, entro il 2015, gli 800 milioni di persone che nel mondo soffrivano la fame. Gli stessi Paesi si incontrarono ancora cinque anni più tardi per valutare i miglioramenti ottenuti. Mentre alcuni Paesi, come la Cina, avevano raggiunto l’obiettivo, in più della metà dei Paesi si era verificato un aumento del numero delle persone che soffrivano la fame e il loro numero, a livello globale, non era cambiato in modo significativo. I leader rinnovarono le loro promesse, ma gli sviluppi, da quel momento, indicano che troppo poco si è fatto per raggiungere l’obiettivo e, senza altre iniziative, nel 2015 al mondo ci saranno tra gli 800 e i 900 milioni di persone affamate. L’obiettivo della Conferenza alimentare mondiale è stato riaffermato tra gli Obiettivi di sviluppo del millennio; purtroppo, pochi progetti sono stati seguiti da un’azione appropriata: la retorica continua a superare l’azione. Proposte operative Cosa fare per eliminare le carenze alimentari e nutrizionali e farlo entro il 2015, senza recare danno alle risorse naturali? Ottenere la sicurezza alimentare per tutti significa che l’azione politica e le istituzioni dovranno impegnarsi per una rapida crescita economica a favore dei poveri, cercando di aumentarne il potere decisionale, assicurando efficienti infrastrutture, investendo in ricerca nel settore agricolo, in tecnologia, in educazione, cura della salute, e ampliando l’accesso alle risorse produttive e a sistemi politici partecipativi. L’investimento nelle risorse umane è essenziale sia per migliorare il benessere degli individui, sia per promuovere una crescita economica sostenibile e dotata di un’ampia base. L’educazione primaria per le ragazze e i ragazzi è di importanza vitale. Virtualmente, in tutti i Paesi in via di sviluppo è essenziale un forte miglioramento agricolo per generare una crescita economica a favore dei poveri che, per il 75%, vivono in zone rurali. Un forte investimento nella ricerca agricola, che aiuti gli agricoltori a ricavare una maggiore produzione dai loro terreni e dal loro lavoro è misura urgente e indispensabile. La politica e le istituzioni devono fornire alle famiglie povere residenti in zone rurali contributi e tecnologie appropriate, come pure possibilità di lavoro in altri settori. L’accesso al credito e alle istituzioni di risparmio sono di fondamentale importanza, così come è particolarmente importante che i governi assicurino mercati ben funzionanti per quanto riguarda prodotti, contributi, merci di consumo, capitale e lavoro, mercati che non siano prevenuti verso i piccoli coltivatori, le aree meno favorite o i consumatori poveri.
Anche l’amministrazione pubblica deve diventare competente in materia di applicazione dei contratti, di controllo della qualità, di gestione del mercato e degli investimenti, di programmi di rete telematica sicuri, di salute pubblica, di sicurezza alimentare e di infrastrutture appropriate. Gli sviluppi tecnologici nel campo delle scienze biologiche, dell’energia, dell’informazione e delle comunicazioni offrono nuove opportunità per aiutare i poveri e la loro sicurezza alimentare. L’investimento pubblico nella ricerca e nella tecnologia serve per sviluppare il tipo di tecnologia necessario ai produttori e ai consumatori con basso reddito, e per aiutarli ad accedervi, evitando che rimangano esclusi dai miglioramenti tecnologici. Per esempio, il cotone geneticamente modificato, “il cotone Bt”, seminato dai governi cinese e indiano, ha dato risultati positivi a milioni di piccoli coltivatori di quei Paesi. I coltivatori e i consumatori dovrebbero essere pienamente informati sulle opzioni che si presentano loro, e dovrebbero contribuire a indicare priorità per la ricerca. In molti Paesi in via di sviluppo i problemi più critici di gestione delle risorse naturali sono la povertà e la bassa produttività agricola, che portano allo sfruttamento delle risorse naturali e al degrado ambientale, con conseguente sempre maggiore povertà. La politica e le istituzioni dovrebbero essere coinvolte per rompere questa viziosa spirale. Diritti di proprietà adeguati e azione collettiva sono componenti importanti di una gestione sostenibile delle risorse naturali. La politica e le istituzioni dovrebbero facilitare e supportare l’azione della comunità, favorendo e incrementando diritti di proprietà adeguati;inoltre, poiché l’acqua scarseggia in molti luoghi, deve esserne migliorato l’uso efficiente nel settore agricolo. Responsabilità di governo La fame continua a esistere per il fallimento della politica e delle autorità a livello nazionale. Ai fini di una sostenibile sicurezza alimentare sono molto importanti il buon governo, il rispetto della legge, la trasparenza, la mancanza di corruzione, la prevenzione e la risoluzione dei conflitti, una solida amministrazione pubblica e il rispetto e la tutela dei diritti umani. Pur essendo cambiato marcatamente il ruolo dello Stato in molti Paesi in via di sviluppo negli ultimi 10-20 anni, i governi nazionali sono ancora i maggiori fornitori, spesso gli unici, di beni pubblici essenziali. L’importanza di un buon governo e di politiche adeguate è ampiamente dimostrato dal caso negativo dello Zimbawe, che in un breve periodo di tempo è passato dall’essere un Paese sicuro dal punto di vista alimentare, alla situazione attuale di fame diffusa e di deficit alimentari. La responsabilità primaria dei governi nazionali è quella di concentrarsi sulla sicurezza alimentare e sulla nutrizione, ma le azioni dovrebbero essere intraprese in collaborazione con la società civile. È necessario che le politiche internazionali e le istituzioni guidino la globalizzazione a beneficio dei poveri. I Paesi industrializzati dovrebbero accelerare l’accesso ai loro mercati dei Paesi in via di sviluppo, e l’Organizzazione mondiale del commercio dovrebbe collaborare con la società civile e con i governi nazionali per individuare ed eliminare i fattori negativi, come alterazioni dei prezzi, mancanza di competizione nel mercato internazionale, regimi dei diritti di proprietà intellettuale avversi ai poveri. Insieme dovrebbero eliminare le barriere per l’accesso alla tecnologia e gli ostacoli al lavoro oltre frontiera. Mantenere negli Stati Uniti, nell’Unione Europea e in Giappone le barriere commerciali contro le importazioni di prodotti agricoli provenienti dai Paesi in via di sviluppo e, allo stesso tempo, fare pressioni su questi ultimi perché aprano i loro mercati ai prodotti americani, europei e giapponesi, inclusi prodotti agricoli sovvenzionati, è ipocrita e pericoloso nei confronti dei tentativi di ridurre la fame. L’assistenza allo sviluppo dovrebbe essere aumentata dall’attuale 0,3% del Pil dei Paesi donatori allo 0,7% concordato molto tempo fa dalle Nazioni Unite; inoltre dovrebbero essere accelerate le negoziazioni in corso per l’aiuto al debito dei Paesi in via di sviluppo. Vincere la lotta contro la fame, le deficienze alimentari e le sofferenze umane a esse legate non gioverà soltanto a coloro che attualmente soffrono: tutti noi ne trarremo beneficio. Il mondo dispone delle risorse e delle conoscenze necessarie per vincere la battaglia. Non abbiamo però ancora dimostrato di avere la volontà di farlo.

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