Società benefit e Benefit corporation, due diverse forme per porre la sostenibilità come carattere vincolante e misurabile di un’azienda
SECONDA SESSIONE
· Davide Chiaroni, Full Professor at Politecnico di Milano, Associate Dean at Polimi Graduate School of Management
· Nicola Della Grazia, Direttore Area Tecnica di Rete CAUTO
· Letizia Rigazzi, Evolution Guide & Activism Champion, Nativa
LETIZIA RIGAZZI ha illustrato il modello Benefit nelle sue due forme (Benefit corporation e Società benefit), specificando le differenze strutturali dei due approcci, ma sottolineando che si tratta di due facce della stessa medaglia. Infatti, il motto di BCorp e Società Benefit è quello di usare il business per contribuire al bene comune. E lo si fa in due forme diverse: la prima, una certificazione rilasciata da un attore esterno, B LAB, qualora l’impresa che voglia diventare B Corp partecipi ad un B Impact Assessment, ottenendo un punteggio complessivo superiore a 80 nelle 5 aree della misurazione d’impatto (Governance lavoratori comunità ambiente clienti). Le Società Benefit invece rappresentano un’innovazione legislativa che viene attuata in ogni Paese dal legislatore, creando una nuova forma giuridica (SB). Tale forma giuridica pone alle società benefit l’obbligo di individuare un beneficio comune a cui rispondere, e altresì obblighi di misurazione e rendicontazione di impatto.
DAVIDE CHIARONI ha posto l’attenzione sulla transizione a B Corp di MIP (Business school del PoliMi). Il relatore ha illustrato il processo che ha portato all’acquisizione della certificazione B Corp. Ha spiegato che nel diventare B Corp ci si accorge maggiormente di quello che già si sta facendo in chiave di sostenibilità, e delle possibilità di una più corretta formalizzazione di tali pratiche sostenibili (es. borse di studio per l’inclusione, formazione, concessione part-time ai dipendenti…). Inoltre, il diventare B Corp ha anche favorito la possibilità di un piano di miglioramento delle pratiche di sostenibilità, a partire dal coinvolgimento degli stakeholders.
NICOLA DELLA GRAZIA ha poi illustrato il modello di sostenibilità della non profit Cauto nella rete di cooperative sociali. Cauto si occupa di inserimento lavorativo di soggetti marginalizzati, esclusi e vulnerabili, attraverso l’erogazione di servizi operativi e consulenziali legati all’ambiente. “Integrazione sociale – ha spiegato Della Grazia - non riguarda appena l’assunzione di soggetti marginalizzati (con vari livelli di disabilità, con percorsi alternativi al carcere, o ex tossicodipendenti), ma comporta un vero percorso di educazione”.
In questa organizzazione, seppure non volta alla generazione di profitto per gli azionisti, si è visto una perfetta coesistenza di obiettivi e missioni divergenti, tra il sociale, ambientale e l’economico. Infatti, Nicola della Grazia ha illustrato come per Cauto la sostenibilità sia integrata, e richieda una forte attenzione alle dinamiche manageriali per quanto concerne la sostenibilità economica dell’organizzazione: senza un operato in economicità, non ci può essere sviluppo ambientale e integrazione sociale. In questo, dunque, la marginalità e il profitto sono mezzi necessari anche per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità legati alla missione sociale e alla missione ambientale.
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