FORMAZIONE | “Conversazioni” – X edizione (2022)

Non profit e società benefit / 1
Sostenibilità, da dove ripartire?

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Dalla crisi finanziaria alla pandemia alla guerra in Ucraina, grandi shock scuotono il mondo globalizzato. Emergenza climatica ed economia dello scarto delineano le grandi sfide da affrontare. Occorre applicare una cultura della sostenibilità a tutti i livelli

PRIMA SESSIONE

· Mauro Magatti, Professore di Sociologia, Università Cattolica del Sacro Cuore
· Alberto Brugnoli, Professore di Economia applicata, Università degli Studi di Bergamo
· Stella Gubelli, Docente di Economia Aziendale e Responsabile Area Consulenza ALTIS – Università Cattolica del Sacro Cuore

MAURO MAGATTI nel suo intervento introduttivo ha illustrato i principali “effetti collaterali” della globalizzazione, che pure ha prodotto crescita e miglioramento della vita.
“Quanto più questo trend di miglioramento delle condizioni di vita ha successo, tanto più crescono gli effetti collaterali”: vedi gli shock mondiali causati dagli attacchi terroristici del 2001, la crisi finanziaria nel 2008, quella pandemica nel 2020, la guerra in Ucraina nel 2022.
Inoltre “la crescita di possibilità di vita per milioni di persone deve affrontare delle complessità enormi, come quella climatica, più complicata ancora che quella data da un virus”. Magatti ha poi segnalato i principali effetti sull’ambiente (entropici) e sulla vita dell’uomo (antropici): la produzione di scarti (emissioni inquinanti e anche scarti umani), il disordine (disordine energetico e anche frammentazione sociale), la perdita della biodiversità e anche della diversità sociale (anche attraverso la standardizzazione digitale).
La domanda sul “che fare?” non trova risposta in una ricetta, “almeno rendiamoci conto di questo: che ogni singolo individuo, impresa, organizzazione o Stato non si può concepire se non in relazione... Occorre imparare il fatto che siamo in relazione”.
Per risolvere i problemi servirà la tecnologia, certamente. Ma innanzitutto la sfida è, per Magatti, culturale. E “io credo che in Occidente, l’unica radice culturale in grado di dire qualcosa di sensato su questo tema è quella cristiana. In dialogo con le scienze contemporanee che già pensano relazionalmente”.

ALBERTO BRUGNOLI ha affrontato il tema dello sviluppo sostenibile, cioè quello sviluppo che “… soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità di soddisfacimento dei bisogni di quelle future”, secondo la definizione della Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo nel documento Our Common Future del 1987. Indicatore dello sviluppo quindi non può essere solo il Pil; la sostenibilità è data dalla compresenza di tre dimensioni: quella ambientale, quella sociale e quella economica. In questa luce vanno considerati i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Rispetto a questi obiettivi, Brugnoli ha mostrato il posizionamento dei vari Paesi del mondo, ricavandone anche la tesi che “non vi è sviluppo sostenibile senza sussidiarietà”. La cultura sussidiaria “favorisce il coinvolgimento e la partecipazione di tutti gli attori della società, offre motivazioni adeguate per perseguire uno sviluppo sostenibile, favorisce la collaborazione, l’inclusione e la solidarietà, riducendo le disuguaglianze e il conflitto tra i diversi attori, permette di perseguire le migliori strategie di governo e di governance multilivello, declinandole alle differenti scale territoriali ed è decisiva, quindi, per tutti obiettivi dell’Agenda 2030”.
Nell’ultima parte della sua relazione, Brugnoli ha approfondito il tema dell’economia sociale e del capitale sociale.

STELLA GUBELLI, anch’essa con l’aiuto di slide, ha esplorato le possibilità per un’impresa di “ripartire da un approccio strategico alla sostenibilità”. In primo piano è la responsabilità delle imprese per il loro impatto ambientale”. La quale impresa agisce in un contesto di cui deve tener conto, e in cui le varie presenze, non solo le normative in vigore, richiedono sostenibilità: le istituzioni e l’opinione pubblica, i cittadini consumatori, ma anche i clienti industriali, gli istituti di credito e gli investitori.
D’altro canto la relazione di Gubelli ha messo in risalto anche i benefici in termini economici che un approccio sostenibile può offrire: benefici economici (ad esempio per risparmio energetico, efficientamento della logistica, riutilizzo degli scarti, ingresso in settori a valenza sociale, ecc.) e benefici immateriali ma non meno importanti (come l’aumento della motivazione e della produttività dei lavoratori, la fiducia degli investitori, la reputazione, ecc.
Nella parte finale, la relazione ha suggerito le leve «facilitanti» per l’integrazione della sostenibilità nel modello di impresa dai presidi organizzativi agli strumenti operativi; policy, procedure, codici che contribuiscano a definire regole chiare e stabili; investimento sulla diffusione di una cultura interna e di competenze orientate alla sostenibilità.

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