Ricorso alla degenza quando è evitabile: forse la cifra di 1,3 milioni è eccessiva, ma il fenomeno esiste. Ridurlo è possibile. Dai controlli alla formazione, ecco alcuni percorsi da attivare
In un recente intervento (2 marzo 2023) al seminario FIASO (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) “La transizione assistenziale tra rete ospedaliera e servizi territoriali” il Ministro della salute Orazio Schillaci ha detto che “solo nel 2022 i ricoveri impropri sono stati 1.300.000”. Secondo il Ministro l’argomento è di grande interesse e si sposa bene con il tema della assistenza sanitaria territoriale oggetto degli interventi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) perché gli investimenti indirizzati al potenziamento della attività territoriale, sempre secondo il Ministro, “sono investimenti che abbatteranno altri costi, a cominciare da quelli per i ricoveri inappropriati”. I ricoveri impropri (o inappropriati) sarebbero quindi un gravame per il servizio sanitario, gravame che consuma risorse togliendole ad altre opportunità di investimento (in primis la assistenza territoriale, ma non solo).
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Covid 2020: crollo di ricoveri
e prestazioni ambulatoriali
MAR 2023 | CARLO ZOCCHETTI
Quando si danno delle cifre, dei numeri, ai fini della loro interpretazione è sempre fondamentale conoscere quale sia l’universo di riferimento ed a quale definizione, di inappropriatezza nel caso che ci riguarda, ci si sta riferendo: nel caso del Ministro queste specificazioni sono mancate, il che rende difficile la valutazione della sua affermazione. Allora, innanzitutto, ci chiediamo: cosa sono i ricoveri giudicati inappropriati? e sono tanti o sono pochi?
TRE STEP: CHE COS'È, QUANTO È, CHE COSA FARE
La provocazione offerta dal Ministro ci dà l’opportunità di proporre alcune riflessioni sul tema, cercando in primo luogo di identificare l’origine del problema (cosa è un ricovero improprio o inappropriato), poi di quantificarlo e qualificarlo al meglio anche in termini economici, facendo riferimento ai dati disponibili, ed infine di provare ad individuare modalità e percorsi per un efficace intervento.
EQUIVOCI DA EVITARE
Togliamo subito un equivoco che può facilmente insorgere in chi è meno abituato a ragionare su questi argomenti. Un ricovero improprio o inappropriato (con molta probabilità il sottinteso nel senso del linguaggio usato dal Ministro) non è un ricovero che ha avuto un esito infausto (il paziente è deceduto, ad esempio), e non è nemmeno un ricovero in cui si ritiene (a torto o ragione) che qualcuno che fa parte del personale ospedaliero abbia avuto un comportamento censurabile (per non avere adottato una azione ritenuta necessaria ovvero averne adottata una ritenuta superflua o dannosa). In un ricovero improprio o inappropriato nel probabile senso usato dal Ministro non è in gioco il contenuto specifico dell’atto clinico e nemmeno il comportamento dei professionisti che si sono fatti carico dell’evento ospedaliero, anche se vedremo che entrambi questi elementi potrebbero avere un ruolo nel determinare inappropriatezza.
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Come si sta ridisegnando
la funzione degli ospedali
DIC 2022 | CARLO ZOCCHETTI
Il tema generale della inappropriatezza di un ricovero ospedaliero è certamente piuttosto ampio, come si dirà anche più avanti, e rientra nella categoria della valutazione della qualità della prestazione erogata, cogliendo elementi di clinica, di percorso di cura, di organizzazione sanitaria ed assistenziale, e così via, che non è sempre facile mettere a fuoco e misurare.
DEFINIZIONI MINISTERIALI
Una discussione della evoluzione che ha avuto nel tempo il concetto di appropriatezza va al di là degli scopi del presente contributo. Per dare però almeno l’idea della complessità che esso porta con sé è sufficiente osservare come, in termini generali, il concetto di appropriatezza che si è sviluppato nell’ambito dei servizi e dell’assistenza sanitaria può essere caratterizzato dai seguenti elementi: “una cura può considerarsi appropriata quando sia associata a un beneficio netto o, più precisamente, quando è in grado di massimizzare il beneficio e minimizzare il rischio al quale un paziente va incontro quando accede a determinate prestazioni o servizi” (Ministero della salute: Manuale di formazione per il governo clinico: appropriatezza. Luglio 2012). A questa definizione di campo va però aggiunta almeno qualche nota anche dal punto di vista dei costi, considerato che la sanità è un comparto a risorse finite e la finitezza delle risorse disponibili non può non avere impatto sul concetto stesso di cura appropriata. Nel Glossario a cura del Ministero della Salute, ad esempio, “l’appropriatezza definisce un intervento sanitario (preventivo, diagnostico, terapeutico, riabilitativo) correlato al bisogno del paziente (o della collettività), fornito nei modi e nei tempi adeguati, sulla base di standard riconosciuti, con un bilancio positivo tra benefici, rischi e costi”.
Ciò premesso, per delimitare almeno un poco il compito di questo contributo si vedrà di mettere l’accento quasi esclusivamente sul tema della appropriatezza del ricovero ospedaliero, trascurando di entrare nel merito di altri servizi e tipologie di assistenza sanitaria.
INAPPROPRIATEZZA ORGANIZZATIVA
In questo tentativo di individuare cosa si possa intendere per ricovero appropriato (o inappropriato) una delle vie più interessanti e più seguite, per quanto si tratti di una cosciente riduzione della definizione, è stata quella di mettere l’accento sulla inappropriatezza organizzativa. In questa cosciente riduzione, per ricoveri impropri o inappropriati si intendono, molto più semplicemente e più precisamente, quei “ricoveri ospedalieri effettuati per problemi clinici che si potrebbero affrontare, con pari efficacia, minor rischio di iatrogenesi e maggiore economicità nell’impiego delle risorse, ad un livello di assistenza meno intensivo” (Fortino A, e coll: La valutazione della appropriatezza dei ricoveri ospedalieri in Italia con il metodo APPRO; Ministero della salute, Agenzia di sanità pubblica della regione Lazio; Roma, giugno 2002). Questa definizione mette in luce quel tipo di inappropriatezza che ha a che fare con il punto di vista organizzativo, cioè con il contesto (ospedale vs territorio) e lo strumento (ricovero ospedaliero) cui si decide di ricorrere per rispondere ad un determinato bisogno assistenziale. Indicheremo successivamente altri esempi di inappropriatezza.
Ogni volta che un cittadino si presenta con un problema (sanitario, assistenziale…) ad un qualsiasi terminale periferico del SSN (medico di base, specialista ambulatoriale, pronto soccorso…), un professionista (o, a volte, più d’uno) autorizzato prende una decisione su quale sia il contesto organizzativo che si debba fare carico di rispondere al suo bisogno. Si parla, in questa riduzione definitoria, di ricovero improprio o inappropriato quando la scelta assistenziale ricade sul ricovero ospedaliero mentre avrebbe potuto ricadere, con pari efficacia, minor rischio iatrogeno, e maggiore economicità (minor consumo di risorse), su un altro livello di assistenza considerato meno impegnativo rispetto alla assistenza ospedaliera.
IL SISTEMA DI REMUNERAZIONE E LA SUA INFLUENZA
Molti e diversi sono gli elementi che entrano in gioco in questa decisione: dalla valutazione clinica del caso all’atteggiamento dei professionisti (abitudini, esperienze, medicina difensiva…), dalla presenza (o assenza) di servizi alternativi al ricovero alla condizione socio-familiare ed alla età dell’assistito, e così via, non trascurando anche il ruolo che può avere il sistema di remunerazione prospettico delle prestazioni ospedaliere (in vigore nel nostro paese dal 1995), il quale se da una parte è in grado di promuovere efficienza operativa ed equità, dall’altra genera incentivi e disincentivi che “in assenza di un efficace sistema di controlli, possono determinare l’aumento dei ricoveri non necessari ed il trasferimento di prestazioni verso i livelli assistenziali più intensivi e remunerativi”.
CONTROLLI REGIONALI E METODO APPRO
Come si può individuare, quantificare, e qualificare il problema? Due sono le principali strade che sono state percorse, con diversi obiettivi ma anche con diversa efficacia: da una parte ogni servizio sanitario regionale si è dotato di un proprio sistema di controlli, diverso da regione a regione, spesso basato sull’esame di un determinato numero di cartelle cliniche relative a singoli episodi di ricovero; dall’altra è stato elaborato un metodo di tipo statistico (il metodo APPRO citato in precedenza, con le modificazioni ed integrazioni successivamente introdotte) applicabile su tutto il territorio nazionale a partire dalla analisi delle informazioni (considerate in genere di tipo amministrativo) registrate sulle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) riferite ad ogni singolo episodio di ricovero e disponibili su supporto informatizzato. Sul primo approccio (sistemi di controllo regionali) purtroppo non abbiamo rapporti e resoconti nazionali: sappiamo dell’esistenza di metodologie diverse adottate dalle singole regioni, con differenti obiettivi e diverse conseguenze, ma manca una visione complessiva e mancano soprattutto informazioni quantitative (risultati, esiti, caratteristiche); sul secondo approccio (APPRO) invece sono disponibili notizie sul sito del Ministero della salute ed è ai risultati di questo approccio che dedichiamo innanzitutto il seguito di questo contributo.
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Medicina territoriale: sì al Pnrr
ma ci sono due nodi non risolti
108 DRG A RISCHIO INADEGUATEZZA
Volendo fissare una origine temporale (non troppo lontana) alla discussione si deve fare riferimento al D.P.C.M. del 29 novembre 2001, “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, con il quale è stato identificato un gruppo di 43 DRG che sono stati ritenuti “prestazioni incluse nei LEA che presentano un profilo organizzativo potenzialmente inappropriato, o per le quali occorre comunque individuare modalità più appropriate di erogazione: … un elenco di DRG 'ad alto rischio di inappropriatezza' se erogati in regime di degenza ordinaria”. Nel tempo questo gruppo di DRG si è esteso (DPCM 12.1.2017 “Definizione e aggiornamento dei LEA”, allegato 6A e 6B) ed oggi totalizza 108 diversi DRG. Quale è l’idea dietro a questa decisione di individuare dei ricoveri “ad alto rischio di inappropriatezza”, e come può essere quantificata questa quota di ricoveri? Riprecisiamo che non si tratta di una valutazione di inappropriatezza (organizzativa) certa, bensì di “alto rischio” di inappropriatezza, il che implica di precisare meglio sia la definizione sia, soprattutto, la modalità di calcolo con cui si arriva a determinare un “alto rischio di inappropriatezza” del ricovero ordinario.
RICOVERO ORDINARIO DIURNO O NESSUN RICOVERO?
Il primo passaggio è la scelta dei 108 DRG. Giusto per esemplificare, fanno parte della categoria il DRG 006 (decompressione del tunnel carpale), il 036 (interventi sulla retina), il 060 (tonsillectomia e/o adenoidectomia, età < 18 anni), il 139 (aritmia e alterazioni della conduzione cardiaca senza CC), il 266 (trapianti di pelle e/o sbrigliamenti eccetto per ulcere della pelle/cellulite senza CC), il 301 (malattie endocrine senza CC), il 381 (aborto con dilatazione e raschiamento, mediante aspirazione o isterotomia), il 410 (chemioterapia non associata a diagnosi secondaria di leucemia acuta), e così via. Si tratta di attività chirurgiche o mediche che possono essere erogate sia in regime di ricovero diurno che di ricovero ordinario (0-1 giorno, > 1 giorno) per i quali si ritiene che il ricovero ordinario rappresenti un “alto rischio di inappropriatezza” e che pertanto deve essere ritenuto appropriato solo se la quota di tali ricoveri in un dato contesto (ospedale, ASL, regione…) risulta complessivamente limitata (concetto di soglia): il numero di ricoveri ordinari che supera il valore soglia stabilito (in genere sotto forma di percentuale) è ritenuto inappropriato. Ma si tratta, in alcuni casi, anche di bisogni sanitari che potrebbero essere proficuamente trattati senza fare ricorso al ricovero ospedaliero (di qualsiasi tipo): diabete non controllato, asma nell’adulto, influenza nell’anziano, patologie correlate all’alcool, e così via, cioè attività dove il ricovero ospedaliero è considerato un segnale di deficit di altri tipi di assistenza (tipicamente l’assistenza territoriale).
Per semplicità non entriamo nel merito delle modalità tecniche con cui può essere determinata la soglia: ci limitiamo ad osservare che la soglia può essere differente da regione a regione per tenere conto di caratteristiche e peculiarità locali. Come detto, si tratta di un metodo puramente statistico di determinazione della inappropriatezza, che non prevede di indagare in dettaglio il singolo episodio di ricovero.
La tabella 1 riporta per regione la distribuzione dei ricoveri totali e di quelli relativi ai 108 DRG ad alto rischio di inappropriatezza per l’anno 2020, e tra questi distingue quelli potenzialmente inappropriati in quanto effettuati nella forma del ricovero ordinario.
Tabella 1. Distribuzione per regione del totale dei ricoveri, dei ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza, e dei ricoveri potenzialmente inappropriati in quanto effettuati come tipo di ricovero ordinario - Anno 2020 – Fonte: Ministero della Salute, Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero, Dati SDO 2020, Luglio 2022
Quasi 7 milioni sono i ricoveri complessivi effettuati nel 2020 nel nostro paese, ed il 20% (poco meno di 1.400.000) appartiene al gruppo dei 108 DRG considerati a rischio elevato di inappropriatezza. Il volume di questi DRG varia da regione a regione, con un minimo (in termini percentuali) del 12,39% in Puglia ed un massimo del 29,56% in Sardegna. Tra questi ricoveri vengono definiti potenzialmente inappropriati quelli effettuati nella forma del ricovero ordinario (588.681) che corrispondono al 8,64% dei ricoveri totali, anche questa quota con variabilità tra un minimo di 6,83% (Sicilia) e 7,06% (Toscana) ed un massimo di 10,78% (P.A.Bolzano) e 11,62% (Friuli).
In tabella 2 viene riportata, sempre per regione, la distribuzione dei ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza suddivisi per tipo di DRG (medico, chirurgico) e regime di ricovero.
Tabella 2. Distribuzione dei ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza per regione, tipo DRG e regime di ricovero - Attività per Acuti - Anno 2020 – Fonte: Ministero della Salute, Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero, Dati SDO 2020, Luglio 2022
Quasi 315.000 sono i ricoveri medici e circa 275.000 quelli chirurgici che secondo questa metodologia sono considerati ad alto rischio di inappropriatezza organizzativa. Alcuni di questi, per via delle caratteristiche del paziente, della patologia, o di altri elementi, saranno sicuramente appropriati, anche se non siamo in grado di quantificarli, ed in via di principio tutti potrebbero essere appropriati, ma quello che colpisce maggiormente è la enorme variabilità che questi ricoveri presentano nelle diverse regioni (la percentuale riportata non è riferita al totale dei ricoveri, come in precedenza, ma al totale dei soli 108 DRG): per i ricoveri medici ad alto rischio di inappropriatezza organizzativa si va da un 26,9% della Campania e 29,1% delle Marche al 74,2% della Lombardia e 81% della Puglia; per i ricoveri chirurgici si va da un 21% della P.A. di Trento e 27,4% della Sardegna al 57,1% della Valle d’Aosta e 81,8% della Puglia. Questa enorme variabilità, che di per sé non è indice di maggiore o minore appropriatezza perchè, come abbiamo detto, questi ricoveri potrebbero essere del tutto appropriati, è però sicuramente indice di una diversa attitudine al ricovero, di una diversa modalità organizzativa con cui si affronta il bisogno di assistenza in un contesto in cui ci sono (almeno) due alternative, il ricovero diurno ed il ricovero ordinario.
Dal punto di vista economico, se valorizzati considerando la remunerazione teorica (cioè la tariffa nazionale applicata a tutte le regioni, anche se è noto che la metodologia di remunerazione delle attività ospedaliere differisce da regione a regione, i ricoveri ad alto rischio di inappropriatezza nel 2020 hanno totalizzato oltre 720 milioni di euro.
Analoghe considerazioni si possono proporre per alcuni indicatori (sono delle cosiddette “proxy”) che cercano di catturare la accessibilità e funzionalità dei servizi territoriali, come i tassi di ospedalizzazione per diabete non controllato, per asma nell'adulto, per insufficienza cardiaca (età >= 18 anni), per insufficienza cardiaca (età >= 65 anni), per influenza nell'anziano, per patologie correlate all'alcool. Anche in questo caso, trattandosi di bisogni che possono essere affrontati sia in un contesto assistenziale territoriale che in un contesto di ricovero, l’ospedalizzazione non rappresenta di per sé un evento inappropriato, ma un valore elevato del tasso di ricovero può essere un segnale della presenza di problemi nella assistenza territoriale, ed in questo senso si parla di ospedalizzazione inappropriata.
Tabella 3. Indicatori proxy di ridotta accessibilità e funzionalità dei servizi territoriali – Tassi per 100.000 abitanti - Attività per Acuti - Anno 2020 – Fonte: Ministero della Salute, Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero, Dati SDO 2020, Luglio 2022
Anche per questi eventi è da osservare la grande variabilità dei tassi nelle diverse regioni.
Sul tema della ospedalizzazione inappropriata un contributo viene anche dal Piano Nazionale Esiti (Agenas, ISS, DEP Lazio: Programma Nazionale Esiti, Edizione 2022), che non utilizza il termine “ricoveri impropri” ma preferisce la terminologia “ospedalizzazione potenzialmente evitabile”, e riporta informazioni riferite ai ricoveri per scompenso cardiaco (126.840 nel 2021), per broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO, 50.179 ricoveri nel 2021), per infezioni del tratto urinario (nel 2021 si sono registrati 30.787 ricoveri). Le figure 1 (BPCO) e 2 (infezioni urinarie) presentano la variabilità che questi indicatori hanno mostrato nelle regioni.
Figura 1. Broncopneumopatia cronica ostruttiva: tassi di ospedalizzazione per area geografica - Italia 2021 – Fonte: Agenas, ISS, DEP Lazio, Programma Nazionale Esiti, Edizione 2022
Figura 2. Infezioni del tratto urinario: tassi di ospedalizzazione per area geografica - Italia 2021 – Fonte: Agenas, ISS, DEP Lazio, Programma Nazionale Esiti, Edizione 2022
Ulteriori indicatori della potenziale presenza di inappropriatezza organizzativa riferita questa volta alla modalità con cui è gestito un evento di ricovero all’interno della struttura ospedaliera sono la percentuale di dimissioni da reparti chirurgici con DRG medico sul totale delle dimissioni in regime ordinario da reparti chirurgici, la percentuale di ricoveri diurni di tipo diagnostico sul totale dei ricoveri diurni con DRG medico, la percentuale di ricoveri brevi 0-1 giorno sul totale dei ricoveri in regime ordinario con DRG medico, la percentuale di ricoveri brevi 2-3 giorni sul totale dei ricoveri in regime ordinario con DRG medico, la percentuale di ricoveri con degenza oltre soglia sul totale dei ricoveri in regime ordinario con DRG medico di pazienti con età 65 anni e oltre, e così via: pure tutti questi indicatori, di cui per brevità si omettono i valori, sono caratterizzati da una grande variabilità tra le regioni.
E’ probabilmente dal contesto di queste informazioni che sono state tratte le cifre di inappropriatezza di cui si è fatto portavoce il Ministro Schillaci, ma il tema della ospedalizzazione potenzialmente impropria e/o evitabile può essere analizzato anche con altre dimensioni e diverse metodologie. È il caso, ad esempio, della tempestività degli interventi (e dei conseguenti esiti cui la non tempestività può dare luogo), oppure è il caso delle metodologie che fanno riferimento al PRUO (Protocollo di revisione dell’utilizzo dell’ospedale) o alle valutazioni che impiegano sistemi di classificazione isogravità (APR-DRG, Disease Staging…), o ancora all’appropriatezza clinica, tipicamente affrontata con lo strumento delle Linee Guida. Per queste attività non sono però disponibili rapporti riferiti all’intero paese e quindi non risulta possibile una loro quantificazione.
POSSIBILI PERCORSI DI INTERVENTO
A giudicare dai numeri che abbiamo riportato la cifra di ricoveri inappropriati presentata dal Ministro (1.300.000) sembrerebbe un bel po’ sovrastimata, il che non significa che qui si voglia ridimensionare il problema ma è opportuno che lo si possa circoscrivere nella sua reale dimensione, che rimane comunque rilevante. E allora, come lo si può affrontare? Ci sono (o si può provare ad individuare) modalità e percorsi per un efficace intervento? La risposta è senz’altro positiva, almeno dal punto di vista tecnico, perché le iniziative possibili sono tante, diversificate, capaci di agire su vari aspetti e dimensioni del problema, con interventi che possono essere messi in campo a diversi livelli di governo.
Sono certamente da favorire, ad esempio, attività di audit clinico e processi di autovalutazione interne alle singole strutture di ricovero (ospedali, aziende…), è fondamentale l’attività di formazione degli operatori, è necessario il potenziamento della assistenza territoriale con il coinvolgimento della medicina di base (MMG, PLS), è importante la stipula di accordi contrattuali tra programmatori (ASL, Regioni) ed erogatori di servizi ospedalieri pubblici e privati accreditati, è utile la produzione sistematica e periodica di reportistica (con diverso livello di dettaglio) che documenti le attività erogate, occorre indicare con precisione le attività che possono trovare più adeguata collocazione (appropriatezza) in setting assistenziali definiti e meno impegnativi rispetto al ricovero ospedaliero (ospedali di comunità, case di comunità, prestazioni ambulatoriali…), si può agire con lo strumento economico (tariffe, budget…) per creare incentivi ovvero penalizzazioni che premino i comportamenti propri e limitino quelli invece inappropriati, si può intervenire con lo strumento delle attività di controllo, e così via, per una lista di azioni il cui solo limite è la creatività degli addetti. E non basta agire sulle strutture del SSN: occorre coinvolgere (con l’informazione e la formazione, attraverso gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione) anche i (potenziali) pazienti, cioè tutti i cittadini, perché anch’essi possono essere parte attiva del processo di appropriatezza.
VOLONTÀ CONDIVISA
A monte delle soluzioni tecniche occorre però la volontà di intervenire, volontà che come sempre è distribuita ai diversi livelli di governo del SSN nessuno escluso, ma che deve aumentare proporzionalmente mano a mano che cresce il livello di responsabilità (dalle strutture più periferiche fino al governo centrale): da questo punto di vista bene ha fatto il Ministro ad alzare la palla, però adesso ci aspettiamo da lui anche la “schiacciata” che segni la strada.