Trimestrale di cultura civile

La democrazia nel mondo: “scatti” all’indietro

  • MAG 2021
  • Luca Farè

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I limiti di ricorrere a categorie quantitative per fotografare lo Stato di salute dei sistemi democratici a livello globale non impedisce di ricavarne comunque considerazioni che aprono alla riflessione. In generale, a Occidente, dove è storicamente maggiore la familiarità con modelli democratici, è in atto una contrazione più marcata. Questa non è attribuibile solo all’irruzione sulla scena della pandemia. Allo stesso tempo, è in crescita l’esigenza di partecipazione alla vita politica da parte dei cittadini.

La parola “democrazia” racchiude in sé molteplici elementi non immediatamente categorizzabili né tanto meno misurabili. A differenza di concetti come il salario, la densità della popolazione, il numero di occupati o disoccupati, quello di democrazia non è un concetto “quantitativo”. Il suo ordine di grandezza e il suo valore non possono cioè identificarsi direttamente con una quantità osservabile. È possibile distinguere senza troppe difficoltà diversi livelli di sviluppo di democrazia in differenti Paesi e aree geografiche, ma osservare come e quanto questi livelli si differenziano è certamente meno immediato. La nozione di democrazia si avvicina di più a quelle che nella ricerca scientifica sono chiamate “variabili qualitative”, la cui esistenza è determinata dal verificarsi o no di alcuni fenomeni precisi (ad esempio il genere, l’appartenenza religiosa, lo Stato civile, etc.).

Nonostante la difficoltà a misurarne e quantificarne gli attributi, l’esigenza, scientifica e non, di definire in modo più rigoroso e sintetico il concetto di democrazia ha favorito lo sviluppo di alcuni indicatori statistici che potessero associare un valore quantificabile al livello e alla qualità di un sistema democratico.

Premesso che definire con categorie quantitative ciò che per natura quantitativo non è appare inevitabilmente riduttivo, il valore aggiunto di simili indicatori è quello di offrire un’informazione sintetica, comprensibile e confrontabile in diversi momenti temporali. I più noti e i più utilizzati nella ricerca scientifica sono, in ordine di inizio della misurazione, il Polity Index (1800-2020), il Freedom House Index (1972-2020), il Democracy Barometer (1990-2017) e L’Economist Intelligence Unit (EIU) Index (2006-2020). L’utilizzo di questi indicatori nella letteratura è recentemente aumentato, soprattutto dai primi anni 2000, segno della loro attendibilità e del crescente interesse che il fenomeno della democrazia suscita. L’identificazione dei fattori che la determinano e dell’impatto che essa ha sulla crescita economica e lo sviluppo sociale è oggetto di grande attenzione nell’ambito delle scienze sociali. Considerati insieme, tali indicatori permettono non solo di fotografare lo Stato attuale della democrazia nel mondo, ma anche di osservarne il suo percorso di sviluppo. Per la nostra analisi faremo riferimento in modo particolare al Polity e all’EIU Index. Il primo è disponibile per un arco temporale maggiore del secondo, ma considera un numero minore di Paesi e una definizione più limitata di democrazia.

Uno sguardo di lungo periodo

Il Polity Index misura il livello di democratizzazione di gran parte dei Paesi mondiali a partire dall’indipendenza nazionale. Considera essenzialmente tre fattori tra loro interdipendenti: la presenza di istituzioni e procedure attraverso le quali i cittadini possano esprimere liberamente la loro preferenza tra diversi leader e forze politiche; l’esistenza di limiti istituzionali all’esercizio del potere da parte dell’esecutivo; la salvaguardia delle libertà civili per ogni cittadino e della partecipazione politica. L’indice varia da -10 a +10 e distingue tre regimi di governo: autocrazia (da -10 a -6), regime ibrido (da -5 a +5) e democrazia (da +6 a +10) 1 .. La Figura 1 mostra il numero di Paesi per ciascun regime dal 1800 a oggi 2 .

Fino all’inizio del 1900, gli Stati considerati democratici erano la minoranza. Questo indica che, sebbene la democrazia affondi le radici nel passato, nell’antica Grecia, la sua affermazione come fenomeno globale è un fatto relativamente recente. Il trend della variabile “democrazia” è tendenzialmente crescente, a eccezione del ventennio 1920-1940 circa, tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, che ha visto aumentare notevolmente il numero di autocrazie. Altri due periodi rilevanti sono gli anni Settanta, quando inizia una ripida diminuzione del numero di autocrazie e un più marcato aumento delle democrazie, e gli anni attorno al 1990, che hanno visto la caduta del muro di Berlino e la fine dell’Unione Sovietica. Proprio in questo periodo la linea blu relativa alla democrazia supera quella nera e rossa degli altri due regimi. Dai primi anni 2000, la ripida ascesa delle democrazie sembra avere subito una battuta di arresto.

Figura 1. Evoluzione globale dei sistemi di governance
Fonte: Polity Project

La Figura 2 si focalizza sull’evoluzione del Polity Index nell’Europa Occidentale e negli Stati Uniti lungo un arco temporale di 200 anni (1818-2018). A eccezione degli anni durante la Guerra di secessione (1861-1865), il valore per gli Stati Uniti è rimasto sempre compreso tra +6 e +10, confermando la longeva tradizione democratica di questo Paese. Dal 1970 il valore è rimasto stabile, salvo registrare una caduta negli anni più recenti. Meno costante è il trend riferito all’Europa Occidentale. Qui la democrazia ha impiegato più tempo ad affermarsi. Durante i circa cento anni compresi tra il 1818 e il 1920, si registra, infatti, un tendenziale aumento dell’indice, che passa da -7 a +8. Il valore soglia del regime democratico (+6) è raggiunto nel 1918 circa. Il ventennio tra le due guerre vede una netta riduzione dell’indice, che raggiunge addirittura valori negativi intorno al 1940. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, il processo di democratizzazione riprende il suo percorso di crescita con più vigore, tanto da recuperare in pochi anni quello che era Stato perduto nel ventennio precedente. Quasi che le esperienze drammatiche della guerra, della divisione e dell’accentramento del potere abbiano reso ancor più desiderabile un sistema che favorisse la convivenza e la condivisione. Tuttavia, come per gli Stati Uniti, anche in Europa Occidentale tale processo sembra aver recentemente subito un rallentamento.

Figura 2. Evoluzione del Polity Index in Europa Occidentale e Stati Uniti
Fonte: grafico elaboratodall’autore

L’evoluzione della democrazia negli ultimi 15 anni

Dei quattro indici statistici sopra menzionati, quello che consente di avere una visione più completa e approfondita della recente evoluzione della democrazia nel mondo è l’EIU Index. Dal 2006, esso misura lo Stato della democrazia in 165 Stati indipendenti e 2 territori, coprendo la grande maggioranza della popolazione mondiale. Il valore dell’indice aggregato, che varia da un minimo di 0 a un massimo di 10, è derivato dal punteggio di 60 indicatori raggruppati in cinque categorie: efficacia dei processi elettorali e pluralismo politico, rispetto delle libertà civili, funzionamento del governo, cultura politica, partecipazione politica. L’aggiunta di queste due ultime componenti (cultura e partecipazione politiche) estende la definizione di democrazia considerata nel Polity Index. Il punteggio dei 60 indicatori è costruito sulla base delle risposte di esperti a specifiche domande e di dati raccolti da sondaggi di opinione pubblica 3 . La loro media determina l’indice sintetico aggregato. In base al suo valore, gli Stati sono classificati in quattro diverse tipologie di regime: democrazia perfetta (indice > 8), democrazia imperfetta (6 < indice ≤ 8), regime ibrido (4 < indice ≤ 6) e regime autoritario (indice ≤ 4).

Democrazia perfetta è quella in cui non solo i diritti politici e civili sono pienamente rispettati, ma anche in cui sono presenti una viva cultura politica e una robusta coesione sociale; in cui il funzionamento del governo e delle istituzioni è soddisfacente e supportato da un sistema di check and balances; in cui i mezzi di comunicazione sono liberi e i sistemi giudiziari indipendenti. La progressiva mancanza di queste condizioni determina il passaggio agli altri regimi identificati 4 .

La Figura 3, illustrando il numero e la distribuzione geografica dei Paesi osservati per ciascun regime nell’anno 2020, offre un’efficace fotografia dello Stato attuale dei sistemi di governance. Nel 44,9% dei Paesi, che contano circa la metà (49,4%) della popolazione mondiale, vige un sistema democratico, perfetto o imperfetto, ma solo il 13,8% (8,4% della popolazione) si classifica come democrazia perfetta. Più di un terzo degli Stati e della popolazione mondiale rientra nella categoria di regime autoritario 5 . La mappa geografica, in cui l’intensità di colore cresce all’aumentare dell’indice, mostra una netta distinzione territoriale tra Europa-Americhe-Oceania, dove prevalgono le democrazie, e Asia-Africa, in cui i regimi ibridi e totalitari sono in netta maggioranza.

Figura 3. EIU Democracy Index 2020
Fonte: tabella e mappa elaborate dall’autore


Come scritto in precedenza, un valore aggiunto di tali indicatori è il fatto di poter osservare l’andamento dello Stato della democrazia e il suo sviluppo nel tempo. A questo riguardo, già il Polity Index segnalava una contrazione del numero di democrazie negli ultimi due decenni. La serie storica dell’EIU Index 2006-2020 (Figura 4) conferma questa evidenza, riportando una diminuzione del valore medio mondiale da 5,52 nel 2006 a 5,37 nel 2020.

Nell’ultimo decennio è possibile identificare due fasi: una di espansione (2010-2015) e una di contrazione (2016-2020), con una più ripida caduta negli ultimi due anni (i valori del 2019 e del 2020 sono i più bassi della serie). L’effetto netto è comunque negativo, con una diminuzione di 0,15 punti (circa 3 punti percentuali) tra la prima (2006) e l’ultima (2020) osservazione.

La Figura 5 mostra la differenza tra il 2020 e il 2010 del valore medio mondiale relativo alle cinque categorie che compongono l’indice aggregato (processi elettorali e pluralismo, funzionamento del governo, rispetto delle libertà civili, cultura politica, partecipazione politica). Un gap negativo (positivo) indica una diminuzione (un aumento) del valore nell’ultimo decennio.

In primo luogo, lo spacchettamento di questi cinque componenti mette in luce i fattori che hanno maggiormente determinato l’andamento dell’indice aggregato (Figura 4). La diminuzione di quest’ultimo, infatti, sembra essere per lo più dovuta a una caduta degli indici riguardanti il funzionamento del governo e il rispetto delle libertà civili. In secondo luogo, esso rivela una relazione inversa tra i tre indicatori riferiti alla qualità delle istituzioni (processi elettorali e pluralismo, funzionamento del governo, rispetto delle libertà civili) e i due riguardanti la partecipazione e l’interesse per la politica da parte dei cittadini (cultura e partecipazione politiche).

A una diminuzione del primo blocco si contrappone un incremento del secondo, segno che tanto più le istituzioni appaiono inefficienti e irrispettose dei diritti civili, tanto più cresce la necessità da parte del popolo di esprimersi e impegnarsi politicamente.

Figura 4. Evoluzione dell’EIU Index – Media globale
Fonte: grafico elaborato dall’autore


Figura 5. 2020-2010 gap per categoria– Media globale
Fonte: grafico elaborato dall’autore

Il primo dato che emerge, dunque, è che a livello globale la democrazia non sembra attraversare un buono stato di salute e che la pandemia ha contribuito ad accelerare un processo di contrazione già in atto da diversi anni.

Nell’ultimo anno, 116 su 167 Paesi (circa il 70%) hanno registrato una diminuzione dell’EIU Index, 38 (il 23%) un miglioramento e 13 (il 7%) una stagnazione. Eppure, la volontà di partecipazione politica da parte della società non sta venendo meno, ma, al contrario, cresce.

Un confronto geografico

La Figura 6 riporta l’andamento dell’EIU Index e la differenza tra i valori del 2020 e del 2006 per le diverse aree geografiche considerate. Il gap tra l’ultima e la prima osservazione aiuta a visualizzare la variazione dello stato della democrazia dal primo anno di osservazione all’ultimo. Valori negativi (positivi) segnalano una diminuzione (un aumento) dell’indice, quindi una contrazione (espansione) della democrazia. L’Europa Occidentale e gli Stati Uniti sono le due aree con il più alto livello di democrazia, seguite da America del Sud, Asia-Australasia, Europa Orientale, Africa Sub-Sahariana e Medio Oriente-Nord Africa. In Europa Occidentale, Sud America e Stati Uniti il trend è tendenzialmente decrescente, mentre nelle altre regioni si alternano periodi di contrazione ed espansione. Il grafico riferito al Medio Oriente-Nord Africa mostra un incremento importante durante gli anni delle Primavere Arabe (2010-2012) e un successivo periodo di costante riduzione che ha riportato l’indice al livello di partenza.

Da uno sguardo di insieme, le informazioni rilevanti sono principalmente due. La prima è che, tra le regioni osservate, l’Asia-Australasia è l’unica ad aver registrato un incremento netto nell’indice dal 2006-2020, segno che il livello di democratizzazione è in crescita, se pur ancora minore rispetto ad altre aree. Al contrario, in tutte le altre regioni si è verificata una diminuzione.
La seconda è che, tra le aree geografiche con il più ampio gap negativo (Europa Orientale, Europa Occidentale e Stati Uniti) rientrano quelle con il livello medio di democrazia più alto (Europa Occidentale e Stati Uniti). Questo suggerisce che la democrazia sta subendo una contrazione più marcata nelle regioni in cui il livello di democrazia è maggiore.

Figura 6. EIU Index trend e gap per area geografica
Fonte: grafici elaborati dall’autore

La progressiva caduta dell’indice in Europa Occidentale e negli Stati Uniti e il contemporaneo incremento in Asia-Australasia ha fatto sì che il “gap democratico” tra queste aree si riducesse negli anni (Figura 7). Il valore medio è ancora ben superiore nelle prime due regioni rispetto alla terza, ma la differenza si sta riducendo. Il gap tra Asia ed Europa Occidentale si è ridotto dal 3,16 nel 2006 al 2,67 nel 2020, registrando una diminuzione di circa 16 punti percentuali. Quello tra Asia e Stati Uniti da 2,78 a 2,3, circa 17 punti percentuali.

Figura 7. Evoluzione del “gap democratico” tra Europa Occidentale-Asia e Stati Uniti-Asia
Fonte: grafico elaborato dall’autore

Conclusione

Dopo un lungo periodo di espansione, il livello di democrazia nel mondo ha subito negli ultimi anni un processo di contrazione. La pandemia ha indubbiamente accelerato tale decrescita, ma non ne è la sola causa.

Se si considerano gli ultimi 15 anni, solo la regione dell’Asia-Australasia ha registrato un aumento del livello di democratizzazione, pur rimanendo ben al di sotto di quello dell’Europa Occidentale e degli Stati Uniti. In queste due aree si registra il livello più alto di democrazia, ma è proprio qui che, insieme all’Europa Orientale, si è verificata la contrazione più ampia. Di conseguenza, il gap democratico tra Europa Occidentale-Stati Uniti e Asia si sta via a via riducendo. Ciò che al contrario sembra crescere, sono la cultura e il desiderio di partecipazione politiche da parte dei cittadini.

Gli indicatori utilizzati aiutano a visualizzare la passata e recente evoluzione dello stato della democrazia, ma non possono spiegarne esaurientemente le cause sottostanti. Per una maggior comprensione di queste, rimandiamo agli altri preziosi contributi presenti in questo numero.

 

NOTE

1. Rimandiamo al sito https://www.systemicpeace. org/polityproject.html per informazioni più dettagliate sulla metodologia utilizzata per la costruzione dell’indice.

2. Il numero di Stati osservati varia nel tempo. La somma totale non è dunque costante.

3. Tra gli altri, il World Value Survey, l’Eurobarometer, il Gallup polls, l’Asian, Latin America e Afro-Barometers.

4. Per informazioni più dettagliate sulla metodologia utilizzata per la costruzione dell’indice, rimandiamo al report Democracy index 2020. In sickness and in health? (https://www.eiu.com/n/ campaigns/democracy- index-2020/).

5. Il numero di Paesi classificati come democrazie (perfette o imperfette) è inferiore a quello riportato nella Figura 1 nell’ultimo anno disponibile (2018), mentre il numero di regimi autoritari è superiore. La discrepanza è dovuta al diverso numero di Stati considerati e alla metodologia di calcolo dell’indice.

Luca Farè è laureato in Economia presso l’Università Cattolica di Milano, sta svolgendo un dottorato di ricerca in Scienze economiche all’università di Namur (Belgio), dove svolge anche attività di teaching assistant. È membro scientifico del centro di ricerca CERPE (Centre de Recherches en Économie Régionale et Politique Économique).

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