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La ricerca di soluzioni diplomatiche ai conflitti che ci allarmano

Celebrare il 4 novembre come Giornata delle Forze Armate, e insieme di quell’Unità Nazionale che esse hanno in così larga misura contribuito a realizzare, consolidare, difendere, significa rendere omaggio a una storia incancellabile e valorizzare un impegno che continua in forme nuove a mostrarsi essenziale.

 

Cogliamo dunque l’occasione per alimentare una memoria collettiva condivisa, come abbiamo fatto su vasta scala in occasione del 150° anniversario della nascita del nostro Stato nazionale unitario. Abbiamo allora richiamato ampiamente anche passaggi drammatici della nostra storia: come quello del devastante conflitto culminato in quel 4 novembre del 1918, giorno di vittoria per l’Italia, che celebriamo oggi e che ci apprestiamo a collocare nella più vasta rievocazione che si prepara del centenario della Prima guerra mondiale.
E siamo lieti di avere associato a questa cerimonia testimoni di durissimi momenti della Seconda guerra mondiale come i rappresentanti della Fondazione Brigata Majella, reduci e familiari dei combattenti di quella coraggiosa formazione partigiana; delegati della Associazione nazionale Superstiti, Reduci e Famiglie dei Caduti della Divisione Acqui, eroica protagonista della tragedia di Cefalonia; e infine rappresentanti della popolazione del piccolo borgo di Limmari, vittima di un orribile eccidio la cui unica superstite è qui con noi.

Saluto ancora calorosamente questi nostri ospiti, e insisto sulla necessità di non cessare mai di coltivare e trasmettere la memoria di quanto Forze Armate e popolo abbiano fatto per unire l’Italia, difenderne l’onore, rinsaldarne l’identità e la coesione.
Ma se da quasi settanta anni l’Italia vive in pace, in un’Europa gradualmente unificatasi, e – terminata anche la guerra fredda – non sussistono più rischi di attacchi ed esigenze di difesa ai nostri confini, non per questo si è venuto esaurendo il ruolo o il concreto impegno delle nostre Forze Armate.

Consegnerò tra poco le insegne ai nuovi decorati dell’Ordine Militare d’Italia, con motivazioni che parlano da sole del contributo di tutte le nostre Armi alla tutela della pace e della sicurezza internazionale e riflettono la giusta consapevolezza del posto che spetta all’Italia attraverso interventi – nell’ambito di missioni delle Nazioni Unite, della NATO, dell’Unione Europea – in aree di crisi nelle quali è stato indispensabile assicurare una presenza militare stabilizzatrice accanto a ogni possibile forma di assistenza civile ed economica.

Gli odierni riconoscimenti dell’Ordine Militare d’Italia a Comandanti, Ufficiali e Sottoufficiali di grande esperienza attestano il valore e la capacità operativa e di guida dei militari italiani nei Balcani, in Afghanistan, in Libia, nel Corno d’Africa, nell’Oceano Indiano. Le prove che le nostre Forze Armate hanno dato in tutti questi, diversi e difficili teatri di operazione, tra gravi rischi e anche a prezzo di dolorosi sacrifici di vite umane, sono state – voglio ribadirlo – un pilastro della credibilità internazionale dell’Italia negli ultimi dieci anni e più. E ancora oggi, ci si guardi dal discutere con leggerezza di una riduzione in generale dell’impegno dell’Italia sul piano militare, al servizio della Comunità internazionale. Viviamo in un mondo in cui fenomeni di terrorismo, di guerra civile in singoli Paesi con ampi riflessi regionali, di destabilizzazione e “fallimento” – o scivolamento nell’anarchia e nella violenza – di diversi Stati, rendono indispensabile la presenza e l’efficienza di un adeguato strumento militare italiano accanto a quelli dei nostri alleati europei e atlantici.
Il nostro Paese e, con esso, l’Unione europea, privilegiano nettamente la ricerca di soluzioni politiche, diplomatiche, negoziali, a conflitti e tensioni che ci allarmano. Facciamo in questo senso la nostra parte con accortezza e tenacia: ci siamo, in tempi recenti, adoperati per favorire il superamento sul piano politico della guerra civile e degli eccidi che ormai da troppo tempo insanguinano la Siria, e siamo soddisfatti di aver contribuito a evitare in quella regione rischi più gravi e ad aprire qualche spiraglio incoraggiante. Ma nello stesso tempo non possiamo sottovalutare le tensioni e le incognite che presentano troppe situazioni innanzitutto nel Mediterraneo; e non possiamo quindi indulgere a semplicismi e propagandismi che circolano in materia di spesa militare e di dotazioni indispensabili per le nostre Forze Armate.

Queste sono anche chiamate ad assolvere compiti, se non del tutto nuovi, certamente di molto cresciuti, con connotati complessi, non racchiudibili in schemi tradizionali. Penso ai compiti – che hanno assunto una drammatica evidenza e urgenza – della gestione di flussi sempre più intensi di immigrati e soprattutto di richiedenti asilo verso l’Italia e verso l’Europa. E mentre sollecitiamo una visione e azione comune dell’Unione europea, poniamoci una semplice domanda per quel che riguarda comunque il nostro impegno: di fronte ai traffici criminali che circondano gli sbarchi sulle nostre coste e alle emergenze che di continuo si creano, che cosa avremmo potuto e potremmo fare senza disporre dei mezzi della Marina Militare e della Guardia Costiera, della Guardia di Finanza e delle Forze di polizia: mezzi di ricognizione anche aerea, mezzi per operazioni, innanzitutto, di salvataggio di vite umane nella massima misura possibile? E senza disporre di personale addestrato, sensibile, umanamente motivato e partecipe? Quale esempio meraviglioso hanno dato – quando non si è riusciti a evitare la tragedia del più grave naufragio mai verificatosi, ancora una volta col miraggio della così provata Lampedusa – i nostri sommozzatori, calatisi in profondità per portare in superficie centinaia di povere salme di uomini, donne e bambini! Un’operazione stoica, che non può essere dimenticata e a cui va reso pieno onore!
L’insieme dei compiti cui l’Italia con le sue Forze Armate non può sottrarsi, richiede risorse che scarseggiano in questo momento; e la coperta resterà corta anche se riusciremo con un grande sforzo collettivo di responsabilità e di coesione a riaprirci presto un sentiero di crescita per l’economia italiana nel quadro europeo e di alleggerimento del debito pubblico e del deficit di bilancio. Si impone dunque la più netta determinazione e continuità nel perseguire la riforma già avviata dello strumento militare, in tutte le sue componenti: contenimento dei costi, riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture, utilizzazione ottimale delle risorse disponibili. Faremo il punto su questo processo nuovamente dopodomani nel Consiglio Supremo di Difesa. Lì torneremo anche sulla necessità assoluta di lavorare intensamente per l’integrazione militare europea secondo la prospettiva della Common Security and Defence Policy, utilizzando intelligentemente gli strumenti offerti dai Trattati, senza mai deviare però il timone dall’idea guida dell’identità politica europea in materia di sicurezza e difesa. In questo settore, non possiamo più accontentarci di formulare auspici, dobbiamo farci avanti con iniziative concrete saldamente fondate su concetti e indirizzi forti, in grado di attivare circuiti virtuosi sul piano delle sinergie operative e delle economie di scala e capaci di coinvolgere in tempi brevi un numero crescente di Stati membri dell’Unione. Il Consiglio Europeo di dicembre è per l’Italia e per la Ue un’occasione preziosa a questo fine. Non dobbiamo perderla. Ho fiducia che non la perderemo.

In conclusione, nella Giornata delle Forze Armate rinnovo il riconoscente apprezzamento di tutti gli italiani e mio personale ai militari impegnati fuori dai nostri confini nei diversi teatri di crisi, e a quelli che operano sul territorio nazionale. Un plauso particolare meritano quanti sono impegnati ancora in quell’autentica “prima linea” che è l’isola di Lampedusa. Un affettuoso incoraggiamento e un saluto particolare vanno ai militari della missione Mare Nostrum, volta a evitare il possibile ripetersi di tragedie che feriscono ogni sentimento di umanità e solidarietà, e volta a evitare anche il riprodursi di emergenze penosissime dopo gli sbarchi.

Ai nuovi decorati dell’Ordine Militare d’Italia manifestiamo ancora la nostra vicinanza e la nostra gratitudine.
Ai nostri Marò – la cui odissea ancora continua lontano dall’Italia – il più affettuoso saluto e l’assicurazione che non cessiamo di operare tenacemente per riportarli a casa.

Un caldo augurio a voi tutti. Viva le Forze Armate, viva la Repubblica, viva l’Italia!

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