La rivolta di Putin contro l’ordine mondiale sta chiudendo Mosca in un progressivo isolamento. Da realtà centrale a Stato periferico. Con profonde contraddizioni e lacerazioni interne. Anche i tradizionali alleati mostrano un sostegno meno granitico alla Federazione. Il presente dell’ex Urss così sfiancato e sfiancante affonda in ragioni storiche. Da una conquistata centralità sulla scena globale da Paese post comunista, negli anni ha saputo disperdere quel patrimonio a causa di numerosi azzardi. Ecco perché il suo futuro di potenza rischia di risultare fortemente compromesso pur davanti a una nuova globalizzazione tutt’altro che definita e rassicurante.
Il sistema mondiale contemporaneo vive un periodo di cambiamenti radicali. Questa trasformazione è nella sua fase iniziale, il che significa che i suoi risultati finali non sono definiti e possono variare; dalla creazione di un nuovo sistema-mondo con un nuovo insieme di regole delle relazioni politiche, economiche e di sicurezza internazionali, alla frammentazione dell’attuale sistema-mondo in diversi “mondi” e blocchi regionali.
Il periodo in cui stiamo vivendo è una cesura storica, vale a dire una fase che interrompe i processi a lungo termine che hanno definito la globalità precedente e apre la possibilità di avviare nuovi processi continui, globali e/o regionali. La profondità di questa cesura non è ancora chiara, ma sicuramente ha iniziato a cambiare le basi delle relazioni internazionali. E come sempre nei periodi di cesura, uno spettatore attento può vedere in tempo reale come si sviluppa la Grande Storia. L’ultima volta che abbiamo potuto assistere a una cesura altrettanto profonda è stato probabilmente nel 1989-1991, quando il blocco orientale, l’URSS, e il blocco socialista globale sono stati dissolti e quando il progetto della Grande Europa — come regione di pace e cooperazione da Dublino a Vladivostok — ha avuto la possibilità di diventare realtà.
Probabilmente è importante sottolineare che quando parliamo della Grande Storia non intendiamo parlare di un processo mistico di grandi forze oscure. Al contrario, ciò a cui guardiamo oggi è frutto delle decisioni prese dai leader politici, economici e culturali contemporanei negli ultimi anni. In combinazione con le crescenti contraddizioni istituzionali del sistema-mondo guidato dall’Occidente, queste decisioni hanno messo in moto la valanga di eventi distruttivi in Europa e di alcuni sviluppi promettenti in Asia e America Latina. Il terrore più grande di questi cambiamenti, tuttavia, si può vedere in Ucraina, dove la Russia guidata da Putin ha iniziato la sua rivolta contro l’ordine mondiale.
La Russia come il “loser” dello sviluppo post-comunista
Per molti versi, le azioni di Putin possono essere spiegate con la visione comune delle élite dominanti russe che vedono la Russia come un potere perdente dell’era post-comunista (1991-2021).
La trasformazione dei Paesi ex-comunisti all’inizio degli anni Novanta avrebbe dovuto seguire quattro tendenze. Ci si aspettava che i nuovi Stati fossero costruiti sui principi dello Stato di diritto, della libertà politica e della diversità ideologica (democratizzazione). Questi nuovi Stati democratici sarebbero stati radicati nelle nuove nazioni — con le loro nuove gerarchie etno-linguo-culturali — nate dai popoli sovietici (nazionalizzazione). Le nuove democrazie nazionali avrebbero dovuto essere sostenute da economie di mercato aperte, installate nel mercato globale (mercatizzazione). E la maggior parte di queste democrazie nazionali ed economie di mercato avrebbero dovute diventare parte di una comunità regionale europea unita da stretti sistemi legali, politici ed economici per una cooperazione pacifica (europeizzazione). La regione, tuttavia, si è sviluppata in modo piuttosto diverso e la Russia ne è un esempio.
Le riforme liberaldemocratiche sono state interrotte nel 1993-1994 dai conflitti del presidente russo Eltsin e della Duma, e poi dallo scoppio della guerra cecena. La dialettica della nazionalizzazione ha promosso i conflitti etnici e il separatismo, nonché l’inizio della ri-centralizzazione della Russia da parte di Mosca, sia sotto forma di guerra contro i secessionisti ceceni, sia come “reintegrazione morbida” di Tatarstan. La mercatizzazione ha spezzato l’inefficace economia sovietica, ha avviato una dolorosa riforma neoliberale, ha impoverito radicalmente la maggior parte della popolazione russa e ha permesso ad alcune famiglie oligarchiche di riunire nelle loro mani proprietà e potere.
All’inizio del XXI secolo, per sue élite, la Russia era il “loser” della trasformazione post-comunista: nonostante l’arsenale nucleare probabilmente più grande nel mondo, la Federazione Russa era un’economia povera, uno Stato feriale con il dominio di oligarchi e conflitti militari sul suo territorio o ai suoi confini, e uno Stato alla periferia del sistema-mondo guidato dall’Occidente.
La simpatia all’Occidente era probabilmente la più longeva per i russi. La Russia è diventata membro del Consiglio d’Europa e le élite russe si sono integrate in molte reti occidentali. E i russi, di base, godevano di frontiere aperte e della possibilità di viaggiare in tutto il mondo dopo decenni di vita in una società chiusa.
Nel primo decennio del XXI secolo la situazione è cambiata. Da un lato, l’economia russa ha iniziato a crescere, la guerra cecena è finita e il benessere della popolazione è migliorato. In un certo senso, questo è stato probabilmente il periodo migliore — dal punto di vista socio-economico — degli ultimi due secoli di storia russa. D’altra parte, i cittadini russi hanno iniziato a perdere diritti e libertà. Il contratto sociale putiniano prevedeva lo scambio della libertà civica per il reddito personale e la sicurezza delle famiglie.
Questo contratto è emerso nel momento in cui la NATO si è allargata alla regione baltica e all’Europa centrale e le rivoluzioni colorate hanno attraversato Georgia, Ucraina e Kirghizistan (2003-2005). Per le élite russe questo ha significato la fine della storia d’amore con l’Occidente e hanno sostenuto la svolta autocratica anti-occidentale di Putin.
Alla fine del suo primo mandato presidenziale, il presidente Putin ha definito una nuova strategia russa: il ritorno alla “grandezza”, che ha significato anche l’autoisolamento dall’Occidente e dai suoi valori e l’aumento dell’interferenza negli affari interni dei Paesi post-sovietici. La “grandezza” ha significato anche un cambiamento della politica interna russa: (1) il governo federale ha iniziato a controllare pienamente tutte le sue regioni (de-federalizzazione), (2) le istituzioni formali e i gruppi informali (clan di oligarchi, gruppi criminali, ecc.) sono stati consolidati in un’unica piramide di potere con un solo leader (autocratizzazione), e (3) le norme e le regole internazionali sono state trascurate a favore di quelle nazionali, anche se ciò significava il conflitto con l’Occidente (la svolta sovranista).
L’apice di questa politica russa si vede nell’annessione illegale della Crimea, nella guerra del Donbas e nell’invasione su larga scala dell’Ucraina. Questi atti aggressivi della Russia sulla scena internazionale e le misure di risposta dell’UE e della NATO hanno reso il continente europeo nuovamente diviso tra due blocchi. Questa divisione geopolitica ha trasformato l’Ucraina, un tempo Paese pacifico, in un terribile campo di battaglia e la Russia, un tempo parte importante dell’economia europea, in una “civiltà” isolata in lotta con l’Occidente.
La rivolta antioccidentale della Russia e il suo ruolo nella frammentazione del sistema-mondo
Nell’attuale riconfigurazione del sistema-mondo con tutte le sue gerarchie economiche, politiche e culturali, la Russia ha svolto un doppio ruolo. In primo luogo, è un classico esempio di Stato che cerca di passare dalla posizione periferica al ruolo centrale nel sistema interstatale globale. Come è stato stabilito da tempo negli studi sul sistema-mondo, tali tentativi mettono un Paese nella situazione più vulnerabile: gli Stati del nucleo globale utilizzano sanzioni e altri strumenti per rendere tale transizione troppo cara ed enormemente dolorosa per un governo intenzionato a diventare una grande potenza. Insieme alla Russia, tra questi Stati ci sono oggi, ad esempio, la Cina e la Turchia. Lo status condiviso da questi Stati ha creato un incentivo per loro a solidarizzare in qualche modo con la Russia e a prendere le distanze dal nucleo occidentale.

La rivolta antioccidentale della Russia trova una forma di solidarietà da parte del Sud globale e delle organizzazioni internazionali alternative alle leghe guidate dall’Occidente. Dal punto di vista del Sud, la guerra, chiaramente neocoloniale, della Russia contro l’Ucraina viene fraintesa come una rivolta di uno Stato periferico contro le principali forze coloniali dell’Occidente. L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS) e l’unione dei BRICS sono ora intese come alleanze interstatali che possono diventare le basi per (1) un nuovo e più giusto ordine mondiale, alternativo al sistema mondiale guidato dall’Occidente, o per (2) un nuovo blocco di Paesi con i propri interessi economici, finanziari, politici e di sicurezza, in grado di competere con l’Occidente per l’influenza in alcune regioni del mondo. Il piano di pace cinese per l’Ucraina è un esempio del primo sforzo alternativo globale, mentre l’iniziativa del Brasile sulla valuta dei BRICS o la de-dollarizzazione cinese sono esempi del secondo approccio.
Ma anche in questo contesto, la Federazione Russa non ha il sostegno internazionale per la sua aggressione contro l’Ucraina — persino Teheran, che vende armi alla Russia, non osa dichiarare pubblicamente il suo appoggio a Mosca su questa questione. Finora la Russia ha stabilito nuovi partenariati internazionali — nell’ambito delle relazioni bilaterali o delle organizzazioni come la OCS e i BRICS — ma non si tratta di alleanze vere.
Indebolita dalla resistenza dell’alleanza ucraino-occidentale, la Russia sta perdendo influenza anche tra le altre nazioni post-sovietiche. L’Azerbaigian aumenta la sua alleanza con la Turchia. Il Kazakistan promuove riforme che allontanano Astana da Mosca. E l’intera Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, in cui la Russia ha tradizionalmente svolto un ruolo importante, è in crisi a causa dell’incapacità dell’organizzazione di sostenere la sicurezza armena.
La risposta occidentale all’aggressione russa e alla frammentazione della globalità
Gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono due grandi potenze che tentano di fermare la rivolta russa e l’impasse globale. Oggi la Russia è il campione globale delle sanzioni internazionali e la sua economia attraversa un periodo difficile. Però, le sanzioni contro la Russia hanno colpito duramente le economie dell’Europa occidentale e centrale.
In risposta all’invasione russa dell’Ucraina, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la NATO si sono trasformati in aperti alleati di Kiev e nemici di Mosca. L’Occidente è ora pronto non solo a sostenere l’Ucraina nella lotta contro l’aggressore, ma anche a dissolvere la Federazione Russa dall’interno, sostenendo i movimenti etnici. La minaccia alla leadership globale dell’Occidente ha solidarizzato i Paesi occidentali al punto che, come dimostrano gli esempi di Svizzera e Finlandia, non lasciamo spazio alla neutralità geopolitica. Il nuovo Occidente unito è pronto a punire qualsiasi violatore delle sanzioni antirusse a livello globale. E la NATO ha assistito a una rapida e radicale rinascita come fornitore di sicurezza dell’Europa occidentale e centrale nel 2022.

L’Occidente non è pronto a rinunciare alle sue posizioni centrali nel sistema mondiale. Gli Stati Uniti stanno cercando di contrastare le influenze globali russe e cinesi in Africa, Asia e America Latina. Il recente secondo Vertice per la Democrazia e le visite dei leader statunitensi nei Paesi asiatici e africani dimostrano la disponibilità di Washington a rimanere leader almeno del Mondo Libero – il Mondo che, purtroppo, sta ora diminuendo a causa della terza ondata di autocratizzazione. La recente visita dei presidenti Macron e von der Leyen in Cina dimostra che l’UE è pronta a fare di tutto per impedire il riavvicinamento tra Mosca e Pechino. Il gruppo AUKUS diventa il blocco militare probabilmente più forte nella regione indo-pacifica.
L’Occidente si riorganizza e si prepara alle sfide della globalità frammentata.
Conclusioni preliminari
Come ho già scritto, l’ordine del mondo emergente non è ancora definito, ma ci sono diverse tendenze che accennano al ruolo della Russia in esso.
Nel tentativo di fermare la rivolta russa, l’Occidente si è armato di quasi tutti i risultati della precedente globalizzazione. In una certa misura, l’Occidente contiene la Russia, ma causa anche un’ulteriore frammentazione dell’ordine globale guidato da se stesso.
Nell’antagonismo Russia-Occidente, alcuni Paesi hanno la possibilità di diventare nuovi leader globali, di creare blocchi regionali e di promuovere i propri programmi. Organizzazioni internazionali come l’ONU, il G7 o il Consiglio d’Europa perdono la loro influenza, mentre nuovi gruppi interstatali emergenti propongono soluzioni fruttuose a vecchi problemi politici.
Nonostante la perdita di influenza internazionale e gli alti costi della trasformazione post-comunista, la Russia ha probabilmente vissuto i suoi anni storicamente migliori nell’inizio del XXI secolo. Ora la Federazione Russa è indebolita dalla sua stessa aggressione contro l’Ucraina e altre nazioni post-sovietiche e dalle sanzioni occidentali. Mosca ha effettivamente creato alcune nuove partnership in Asia, ma la Russia non ha alleati e la sua sicurezza è ora in condizioni molto peggiori rispetto a prima del febbraio 2022. Putin ha portato la Russia nel mondo in via di frammentazione con una reputazione internazionale danneggiata, un esercito debole, una popolazione in calo e un’economia debole. Svuotata della sua forza, la Russia di Putin ha poche possibilità di diventare un attore importante e probabilmente tornerà a essere il Paese periferico in un mondo emergente.