Libertà di educazione: un diritto fondamentale

  • MAR 2006
  • Mary Ann Glendon
  • Luca Antonini
La Rivista

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Lo scorso 17 gennaio, Mary Ann Glendon è stata relatrice al convegno Virtù e Torti del diritto nelle società post moderne, organizzato dall’Università di Padova e Treviso, assieme alla Fondazione Novae Terrae e alla Fondazione per la Sussidiarietà. Mary Ann Glendon è uno dei più illustri accademici degli Stati Uniti, insegna Constitutional Law ad Harvard, ed è Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

Nell’occasione Mary Ann Glendon ha accettato di dialogare sul problema dell’educazione, reagendo ad alcune questioni che le sono state sottoposte a partire dal recente appello sull’urgenza dell’educazione presentato in Italia.

Antonini: Nel recente appello per l’educazione si denuncia una prassi culturale diffusa: «Per anni dai nuovi pulpiti - scuole e università, giornali e televisioni - si è predicato che la libertà è assenza di legami e di storia, che si può diventare grandi senza appartenere a niente e a nessuno, seguendo semplicemente il proprio gusto o piacere». Che cosa ne pensa di questa prassi culturale?

Glendon: L’idolo della musica rock Janis Joplin, in una canzone che divenne un inno dei turbolenti anni Sessanta e Settanta, cantava: «La libertà è solo un’altra parola per quando non c’è più niente da perdere». In effetti, se siamo così poco saggi da tagliare ogni legame con gli altri e con la nostra storia, finiamo per ritrovarci in balia di una “libertà solitaria”. Janis Joplin, che sarebbe morta da lì a poco per un’overdose di eroina, deve aver intuito dove l’avrebbe condotta, alla fine, quel tipo di libertà. Infatti, la canzone continua: «Sentirsi bene era facile allora, quando cantavamo i blues, e sentirsi bene era sufficiente per me». Un padre della Chiesa, Tommaso da Kempen, scrisse: «Molti di coloro che escono allegramente alla ricerca del piacere tornano a casa tristi la sera, perché, alla fine, questo morde e ammazza». Oggi, avendo valutato il danno causato al tessuto delle società occidentali da uomini e donne che hanno voltato le spalle a tutte le convenzioni sociali per il gusto di “sentirsi bene”, stiamo ricominciando ad apprezzare la saggezza degli antichi. Adesso capiamo, per esempio, che l’agire da “adulti consenzienti” spesso ha effetti anche su molte altre persone. Risulta chiaro, oggi, che molte delle pseudo-libertà abbracciate dagli adulti negli anni Settanta e Ottanta sono state comprate a spese dei loro figli. Adesso ci rendiamo anche conto che, come insegnavano Platone e Aristotele molto tempo fa, una persona abbandonata ai propri piaceri non è davvero libera. Un uomo, si diceva un tempo, ha tanti padroni quanti vizi. Ora siamo in grado di capire che un Paese dove ognuno può fare tutto quel che vuole non è un Paese davvero libero.

Antonini: Il recente appello per l’educazione mette in evidenza un fenomeno sempre più diffuso: «Sta accadendo una cosa che non era mai accaduta prima: è in crisi la capacità di una generazione di adulti di educare i propri figli».

Glendon: A partire dagli anni Sessanta, i tassi di natalità e di matrimonio hanno iniziato a precipitare, nei Paesi ricchi del Nord America, Europa, Giappone e Australia; al contempo, i tassi di divorzio sono cresciuti bruscamente, così come sono aumentate le nascite al di fuori del matrimonio e l’incidenza delle convivenze di fatto. La proporzione e la rapidità di questi fenomeni non hanno precedenti, con aumenti e diminuzioni di più del 50% in meno di vent’anni. Quando finalmente questi tassi si sono stabilizzati ai loro nuovi, alti livelli, verso la fine degli anni Ottanta, ci siamo ritrovati in un contesto sociale completamente trasformato. Consuetudini che avevano governato il comportamento sessuale per millenni sono state non solo ampiamente messe da parte, ma apertamente rigettate. Con il senno di poi, possiamo osservare che i cambiamenti di comportamento e di idee, avvenuti in quegli anni, non sono stati altro che un grande esperimento sociale di massa. Pochi si rendevano conto allora che si trattava di un esperimento che i bambini di allora avrebbero pagato a caro prezzo. Oggi constatiamo ciò che avrebbe dovuto essere ovvio già allora: se cambia il comportamento degli adulti, si modifica anche l’ambiente nel quale crescono i bambini. Aver dato la priorità, da parte degli adulti, alla ricerca della propria realizzazione personale, ha portato ad un cambiamento della società a spese dell’infanzia: un numero più alto che mai di bambini è cresciuto in famiglie prive della figura paterna, ed è stato lasciato alla cura non genitoriale già in età molto giovane. Si è prestata scarsa attenzione a ciò che questi cambiamenti avrebbero significato per i bambini, o per il futuro delle società maggiormente coinvolte

Antonini: Oggi si assiste all’incapacità di trasmettere in modo persuasivo i valori della tradizione. Recentemente lei ha ricordato una lettera del giovane Tocqueville ad un amico, in cui, accusando l’influsso del razionalismo moderno, egli affermava: «La mia vita era trascorsa avvolta in una fede che non aveva permesso neanche al dubbio di penetrare. (...) Poi il dubbio... ha fatto breccia, guidato da un’incredibile violenza. (...) Ad un tratto ho avvertito la sensazione descritta dalle persone che hanno vissuto un terremoto: quando la terra si muove sotto i loro piedi, così come le mura che li circondano e il soffitto sopra alle loro teste, i mobili sotto le loro mani, e la natura tutta di fronte ai loro occhi. Sono stato preso dalla melanconia più buia e poi da un estremo disgusto per la vita, anche se nulla sapevo della vita. Ed ero quasi prostrato dall’agitazione e dalla paura alla vista del cammino che mi rimaneva da percorrere in questo mondo.» Lei commentava: «Tocqueville almeno è stato confuso da alcune delle più grandi menti della storia occidentale. Ma molti dei nostri contemporanei non sono pronti ad affrontare neanche le versioni più semplificate del relativismo e dello scetticismo!» Cosa permette oggi a un educatore di essere in grado di trasmettere un metodo per verificare i valori della tradizione?

Glendon: Chiunque sia in grado di rispondere a questa domanda meriterebbe il premio Nobel! Tuttavia, in qualità di docente universitario e di genitore, sono speranzosa, perché i giovani in tutto il mondo sembrano essere alla ricerca, desiderano, si interrogano e cercano risposte alle domande più importanti: «Che cos’è una vita buona e come posso viverla anch’io?» I giovani sembrano sempre più insoddisfatti delle semi-verità accettate da molti nella generazione dei loro genitori e, in misura sempre maggiore, rifiutano di accontentarsi di facili risposte. Se questa percezione della situazione è corretta, siamo giunti a un momento storico importante, in cui genitori e insegnanti hanno un’eccezionale opportunità di impegnarsi con coloro che rappresentano il nostro futuro. Giovanni Paolo II, verso la fine del suo grande pontificato, per cogliere questa opportunità, propose la creazione delle “scuole di fede” a livello universitario. Dopo tutto, perché la formazione religiosa dovrebbe cessare proprio nel momento in cui la fede tende a trovarsi di fronte ai dubbi più seri e molti giovani sono fuori di casa per la prima volta? Mi sembra sia stato saggio da parte sua suggerire la necessità di seguire i nostri figli e le nostre figlie mentre sono all’università. Dobbiamo trovare la strada per accompagnarli nel loro pericoloso viaggio verso un cristianesimo maturo, e questo può essere fatto in molti modi. In molti atenei le grandi organizzazioni laiche sono già presenti e hanno svolto un eccellente lavoro, dimostrando che la formazione e la compagnia tra amici vanno mano nella mano. Tuttavia si può e si deve fare molto di più lungo queste linee.

Antonini: Molto si discute sulla libertà di educazione. Spesso si mette in dubbio, in varie forme e modalità, che questo possa costituire un diritto costituzionale fondamentale. Qual’è la sua opinione in proposito?

In un’epoca come la nostra, in cui i diritti dei genitori riguardo alla formazione dei loro figli sono minacciati in molti modi, trovo sia utile ricordare il motivo per cui gli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 ritennero necessario affermare: «I genitori hanno un diritto prioritario nella scelta del tipo di formazione che deve essere data ai loro figli». Questa formula è una diretta conseguenza delle discussioni sul modo in cui il regime nazional-socialista tedesco aveva tentato di utilizzare le scuole per minare il ruolo dei genitori e quindi indottrinare i giovani con i programmi governativi. A questo riguardo, ritengo importante attirare l’attenzione sul discorso riguardante l’educazione che svolse John Stuart Mill nel suo famoso saggio sulla libertà. Molti rimangono sorpresi dal fatto che un protettore della libertà individuale così determinato come Mill, ritenesse che l’educazione fosse troppo importante per essere lasciata nella mani del governo. «Un sistema d’istruzione generale a livello statale - scriveva – è un mero espediente per plasmare le persone una esattamente uguale all’altra: poiché lo stampo in cui le persone vengono formate è quello deciso dal potere predominante al governo, (…) si stabilisce un dispotismo sulla mente che porta, per tendenza naturale, a quello sul corpo». Sono parole che vale la pena di ricordare ancora oggi.

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