Trimestrale di cultura civile

Pensare per generazioni

  • AGO 2023
  • Giovanna Rossi

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Individualismo, assenza della storia, occultamento della tradizione. Queste alcune cause che hanno prodotto l’affermazione di società sconnesse. Dove il tentativo di annullare la memoria, il nesso con la “provenienza” ha generato la grande negazione: ovvero, che i “giovani” non sono più legati a una storia precisa, quella delle proprie madri, dei propri padri, dei propri nonni, dei propri bisnonni. Si censura un’evidenza elementare. E questo deficit sta producendo, in modo particolare nei “giovani”, solitudine e non di rado patologie. Si tratta allora di ricollocare al centro il metodo relazionale per favorire un incontro non deterministico fra generazioni. Infatti, nella teoria relazionale, “l’imprevedibile è tematizzato come un possibile effetto emergente delle relazioni e si coniuga con la dimensione della libertà del soggetto. L’esercizio della libertà nelle relazioni tra i membri di diverse generazioni può infatti avere esiti imprevedibili, non scevri dalla componente di drammaticità prima richiamata, ma cruciali sotto il profilo dell’innovazione sociale”.

Una premessa

Quando si affronta il problema dei “giovani”, c’è sempre un grave pericolo, che consiste nel fatto di considerarli come un “prodotto” da sottoporre a svariate analisi specialistiche, secondo la moda del momento. Gli adulti spesso dimenticano che i “giovani” non sono dei prodotti venuti dal nulla, non vogliono prendere coscienza del fatto che i giovani provengono da una “storia”, che non può non coinvolgerli. Sono stati loro a mettere al mondo i “giovani”, a mantenerli, a istruirli, a educarli, a inserirli nella battaglia che viene combattuta quotidianamente nella società. Per non vedere riflessi nei giovani i propri errori e le proprie dimenticanze gli adulti arrivano a tacere ai giovani questo fattore essenziale; non dicono più che essi provengono da una storia vissuta dai propri genitori, dai propri nonni e prima ancora dai propri bisnonni. Ciò è grave perché, saltando questo passaggio, si produce il male peggiore che oggi affligge, i giovani: la solitudine. Se essi non hanno coscienza di non venire dal nulla, affrontano la vita con una latente depressione, di cui oggi si vedono tutti i drammatici frutti. Questa assenza della storia e della tradizione è l’indice più clamoroso della rinuncia a educare da parte degli adulti.

Il contributo della sociologia relazionale

Le relazioni intergenerazionali a livello familiare e sociale hanno subito un rilevante mutamento morfogenetico legato all’intensità delle trasformazioni socio-demografiche (diminuzione della natalità e invecchiamento della popolazione) che hanno condotto alla formazione di famiglie di dimensioni più limitate dal punto di vista numerico e caratterizzate dalla contemporanea presenza di più generazioni.

L’attenzione alle generazioni ha acquistato negli ultimi anni una nuova centralità in ragione delle mutate condizioni demografiche e delle preoccupazioni circa la tenuta dei sistemi di welfare in tutti i Paesi a sviluppo avanzato. “Pensare per generazioni” implica, in concreto, mettere a fuoco la diversa, reciproca responsabilità: le generazioni precedenti hanno, infatti, un ruolo cruciale nel favorire od ostacolare la possibilità che quelle successive possano essere generative o meno (Boccacin, 2005).

La sociologia relazionale assume il termine “generazione” come “relazione sociale che lega coloro che hanno una stessa collocazione della discendenza familiare (figli, genitori, nonni) rispetto al modo in cui tale collocazione viene trattata dalla società attraverso le sfere sociali che mediano tali relazioni all’interno e all’esterno della famiglia” (Donati, 2002, p. 31).

L’essere parte di una generazione familiare consente ai soggetti di agire secondo forme molteplici di appartenenza che concorrono a costruire identità più articolate e complesse, più adeguate ad affrontare le sfide delle società post-moderne in cui pure permane una ineludibile istanza generativa.

Osservare le relazioni sociali consente di porre le generazioni in uno “spazio” che è, contestualmente, familiare e sociale, dal momento che l’intreccio relazionale tra i generi e le generazioni ha immediate risonanze di ordine sociale, interrogando come tale le transazioni di welfare.

L’accezione specificamente familiare e quella specificamente sociale del concetto di generazione sono, quindi, reciprocamente interrelate nell’approccio relazionale, in cui l’età storico-biologica si coniuga con le relazioni di discendenza/ascendenza (asse del familiare) e con le mediazioni che la società e, in particolare, gli assetti di welfare, esercitano su questi legami (asse del sociale).

L’ambivalenza nelle relazioni intergenerazionali familiari

Mettere a fuoco le relazioni tra le generazioni implica, inevitabilmente, tematizzarne l’ambivalenza che è generata dalla notevole pluralità e frammentarietà degli elementi in gioco (Pillemer, Liebermann, 1979) e che riguarda specificamente gli aspetti di rischiosità insiti nelle relazioni (soggezione, emancipazione, solidarietà, atomizzazione).

La strategia di gestione dell’ambivalenza identificata come soggezione, applicata alle relazioni familiari tra le generazioni, riguarda la famiglia nelle sue connotazioni istituzionali, nelle quali prevalgono gli aspetti di imposizione, mentre resta sullo sfondo la palese diversità culturale tra le generazioni.

All’estremo opposto, nella strategia dell’emancipazione, si attua un equilibrio basato, da un lato, sulla convergenza dei modelli culturali e valoriali dei componenti il nucleo familiare e, dall’altro, sulla capacità dei soggetti di dar vita a nuove esperienze familiari facendo leva sui valori comuni per fronteggiare le sfide della società complessa, che impone di innovare i modi dello stare insieme.

La strategia della solidarietà è ben esemplificata nel caso della cosiddetta “famiglia lunga” (Scabini, Rossi, 1997; Carrà, Mittini, 2001) che può offrire le risorse necessarie per portare a compimento il processo di transizione dei membri giovani-adulti, per uscire dalla fase di sperimentazione in campo affettivo e lavorativo, cioè dal periodo di moratoria, e acquisire ruoli socialmente definiti.

Al contrario, nella società odierna, prevale una logica di contrapposizione e di atomizzazione che giustappone le generazioni traducendosi in una tutela di interessi di parte. Si genera così una spirale senza ritorno secondo una logica di difesa corporativa del proprio interesse.

L’ambivalenza all’interno dei rapporti tra le generazioni rende impossibile conoscere a priori se le relazioni sono destinate a sfociare in tragedia, nel caso in cui la componente di tensione prevalga fino a farle implodere (atomizzazione) o a trasformarsi in solidarietà nell’eventualità che risultino dominanti gli elementi connettivi e accomunanti.

Buona parte della riflessività post-moderna tende ad appiattirsi su una concezione deterministica e univoca delle relazioni intergenerazionali, che prescinde dalla messa a tema dell’ambivalenza di tali rapporti ed esclude la categoria della imprevedibilità. Come ha ampiamente chiarito Hanna Arendt (1987) l’uomo contemporaneo cerca di fuggire dalla imprevedibilità e dalle tensioni connesse all’azione compiuta da un soggetto libero e preferisce non mettersi alla prova.

Nella teoria relazionale, al contrario, l’imprevedibile è tematizzato come un possibile effetto emergente delle relazioni e si coniuga con la dimensione della libertà del soggetto.

L’esercizio della libertà nelle relazioni tra i membri di diverse generazioni può infatti avere esiti imprevedibili, non scevri dalla componente di drammaticità prima richiamata, ma cruciali sotto il profilo dell’innovazione sociale.

La trasmissione tra le generazioni

All’interno della prospettiva relazionale la trasmissione tra le generazioni è elemento qualificante il concetto stesso di generazione, nei suoi due registri (Pontalti, Rossi, 1993, Cigoli, 1995): il primo segna ciò che si situa tra le generazioni e che si caratterizza come trasmissione intergenerazionale (De St. Aubin, Mc. Adams e Kim, 2004), il secondo riguarda ciò che va al di là, ciò che attraversa e passa, eccedendole, le generazioni e che è stato identificato dalla riflessione psicosociale come trasmissione transgenerazionale (Liebermann, 1979).

Tale trasmissione rinvia simultaneamente a una dimensione temporale sincronica, presente e situata, e a una diacronica, lunga e profonda. Nella prima, il tempo delle singole generazioni è qualificato precipuamente come intergenerazionale, e in esso si situano gli scambi tra le generazioni, come avviene ad esempio all’interno delle relazioni tra nonni e nipoti. Nella seconda gli scambi tra le generazioni avvengono in situazioni di compresenza simbolica che rendono possibile il “passaggio della memoria” come humus dell’identità.

È contemplata, infatti, anche la trasmissione di ciò che fonda e radica l’esistenza della generazione presente, in modo che la generazione futura possa far conto su tale fondamento come risorsa per costruire, nella prospettiva della continuità innovativa, la propria specifica identità sociale.

La perdita di memoria e i processi oggi molto diffusi di falsificazione della memoria collettiva producono una destabilizzazione dell’identità sociale delle giovani generazioni.

L’esito di tale passaggio simbolico sulla ultima generazione non può essere conosciuto a priori dalla generazione che costituisce il penultimo anello della catena, né questa può sapere quale forma prenderà l’ultimo anello. Per questo spesso sembra che ogni generazione “ricominci da capo”, non in quanto comincia da zero ma perché costituisce per certi aspetti un nuovo inizio che dà avvio a una nuova storia, in qualche misura connessa a quella di coloro che l’hanno preceduta.

In sintesi, gli esiti della trasmissione tra le generazioni e il suo contenuto specifico di generatività possono essere identificati a livello sociale come contesti relazionali di “continuità innovativa”. Essa è resa possibile da due azioni specifiche che qualificano il passaggio generazionale: il trasmettere e il tramandare. La trasmissione evidenzia lo spazio generazionale, mentre il tramandare mette in luce il tempo generazionale (Cigoli 1994).

L’Associazione Nonni 2.0: un esempio di trasmissione tra le generazioni

Lo scopo sociale dell’Associazione Nonni 2.0 (https://www.nonniduepuntozero.eu) è quello di dare risposta a uno specifico bisogno di sostegno e di accompagnamento reciproco tra le generazioni, oggi urgente. La dimensione associativa, il noi (we-relation), si poggia sulla convinzione che la relazione tra le generazioni sia fondamentale per fronteggiare la sfida della generatività della famiglia non solo al proprio interno (come generatività biologica), ma anche nella comunità più ampia in cui è inserita, producendo “beni” che possiamo chiamare “relazionali”. Questa è una forma di prosocialità della famiglia.

Ecco il manifesto dell’Associazione

“Nel mondo in cui viviamo, i nonni, custodi della memoria, sono più che mai chiamati a essere attivi testimoni delle virtù e delle esperienze che, alla prova del tempo e della vita, si sono dimostrate utili e valide per affrontare le sfide personali e sociali del tempo presente. In un’epoca di fragilità psicologica diffusa, con la loro stessa presenza, i nonni possono testimoniare la capacità dell’uomo di superare le difficoltà della vita.

In un’epoca di crisi di civiltà come quella che si sta attraversando, i nonni come noi consapevoli del valore della tradizione cristiana come fondamentale risorsa e come fonte di energie per affrontare le sfide del presente, sono chiamati con la loro testimonianza di vita, con i loro gesti e le loro parole a farla incontrare ai più giovani.

In un’epoca sempre più segnata dalla tentazione di nuove e insidiose forme di autoritarismo, i nonni sono chiamati a dare un loro specifico contributo alla difesa e alla promozione della libertà; in tale prospettiva, innanzitutto, anche se non solo a impegnarsi perché sia ovunque tutelata la libertà di educazione e venga assicurata ai nipoti e alle future generazioni una formazione che tenga conto dei principi di realtà, natura e ragione.”

La crisi dell’umano e della famiglia che i nonni si trovano a fronteggiare viene da lontano, da una cultura europea fondata sull’individualismo che ha emarginato le forme di autorganizzazione sociale quale la famiglia e i gruppi primari e associativi, avvertiti come fattori di conflitto e di disordine. Si è consolidato un apparato tecnologico ricco, anonimo, efficiente ed efficace che non ha nessun interesse a riconoscere i fenomeni sociali primari.

L’Associazione contribuisce alla diffusione di una cultura solidaristica all’interno della società sia erogando servizi sia promuovendo il riconoscimento di diritti specificamente “familiari”. Le relazioni tra le generazioni costituiscono in molti casi l’asse portante delle famiglie nelle loro esigenze quotidiane: politiche del lavoro, della casa, politiche fiscali e politiche sociali hanno un’influenza diretta sulla “tenuta” del soggetto famiglia e possono facilitare o ostacolare l’intergenerazionalità.

I Nonni 2.0 sono un esempio nel contesto italiano della socio-generatività dei nonni sul fronte familiare e sociale. Ci sono nonni attivi che sviluppano una generatività familiare in quanto sono al centro di una fitta rete di compiti di aiuto e di sostegno nei confronti dei nipoti e dei grandi anziani e una generatività di carattere prosociale-volontario verso altri non familiari. Questi nonni-risorsa “socio generativi” documentano la possibilità di investire in azioni solidaristiche e di partecipazione civile accanto all’impegno a favore delle loro reti familiari.

 

Bibliografia

Arendt H. (1987), La vita della mente, Il Mulino, Bologna.

Bertocchi F. (2016), Generazione, in Terenzi P., Boccacin L. e Prandini R., Lessico della sociologia relazionale, Il Mulino, Bologna.

Boccacin L. (2005), Le generazioni nell’ottica della teoria relazionale. Sociologia, cambiamento e politica sociale, in Donati P. e Terenzi P. (a cura di), Invito alla Sociologia relazionale. Teoria e applicazioni, Franco Angeli, Milano, pp. 95-109.

Carrà Mittini E. (2001), Famiglia e transizione generazionale: dall’adolescenza all’età adulta, in Rossi G. (a cura di), Lezioni di Sociologia della Famiglia, Carocci, Roma, pp. 129-166.

Cigoli V. (1994), Fabula ed intreccio. Transizione familiare e temporalità familiare, in Scabini E., Donati P. (a cura di), Tempo e transizioni familiari, Studi Interdisciplinari sulla Famiglia, 13, Vita e Pensiero, Milano, pp. 31-46.

Cigoli V. (1995), Transizioni familiari, in Scabini E., Donati P. (a cura di), Nuovo lessico familiare, Studi Interdisciplinari sulla Famiglia, 14, Vita e Pensiero, Milano, pp. 107-116.

De St. Aubin E., Mc Adams D.P. e Kim T.C. (2004), The generative society: caring for future generations, American Psychological Association, Washington.

Donati P. (2002), L’equità sociale fra le generazioni: l’approccio relazionale, in Sgritta G.B. (a cura di), Il gioco delle generazioni, Famiglie e scambi sociali nelle reti primarie, Franco Angeli, Milano, pp. 25-50.

Liebermann S. (1979), A Transgenerational Theory, in Journal of Family Therapy, 1, pp. 347-360.

Lüscher K. (2000), Ambivalence: A key concept for the study of intergenerational relations, in Trnka S. (a cura di), Family issues between gender and generation, Office for Official Publications of the European Communities, Luxembourg, pp. 11- 25.

Pillemer K., Lüscher K. (2004), Intergenerational ambivalences: new perspectives on parent-child relations in later life, Elsevier, Amsterdam, 2004.

Scabini E., Rossi G. (a cura di) (1997), Giovani-adulti tra autonomia e nuove dipendenze. Studi interdisciplinari sulla famiglia, 16, Vita e Pensiero, Milano.

Giovanna Rossi, già professore ordinario di Sociologia della Famiglia, Facoltà di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano.

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