Gli shock di natura economico finanziaria e con particolare riferimento ai debiti sovrani hanno portato l’Unione Europea a mettere in piedi forme di contrasto. Alla prova dei fatti, finora non è riuscita a centrare pienamente l’obiettivo fissato. Si tratta di uno strumento importante, ma ancora precario negli esiti per una mancanza di condivisione dei rischi finanziari. Dunque, un cantiere ancora aperto. Occorre un maggiore impegno politico da parte delle istituzioni continentali. Tenuto conto della debolezza strutturale dell’unione monetaria
Il processo di integrazione europea in ambito economico-finanziario, di cui l’Unione bancaria rappresenta uno dei punti di sintesi maggiormente avanzati (dopo l’Unione monetaria) e un modello di integrazione amministrativa del tutto inedito, non procede per composizione bensì per accentramento. A seguito dell’adozione della moneta unica, nel giugno 2012, di fronte alla crisi finanziaria e dei debiti sovrani che ha messo a rischio la tenuta dell’Unione monetaria, si è radicata la percezione che, senza strumenti adeguati a gestire la crisi e a condividere i rischi a livello finanziario, potesse essere messa in discussione la stessa sopravvivenza dell’Unione monetaria.
L’intervento a opera dei pubblici poteri si è caratterizzato per un crescendo di misure culminate nell’adozione di forme stabili di regolazione, rispondenti al modello paradigmatico della pubblicizzazione regolamentare. L’Unione bancaria è sorta pertanto con le dichiarate finalità di:
a) accrescere la solidità del settore bancario e la sua capacità di prevenire e fronteggiare eventuali crisi future;
b) adottare criteri omogenei in materia di vigilanza, risanamento e risoluzione delle banche;
c) evitare il salvataggio delle banche in difficoltà con oneri a carico delle finanze pubbliche
(c.d. bail out);
d) rafforzare la stabilità finanziaria europea.
L’Unione bancaria si è posta come risposta obbligata a tali esigenze, restando tuttavia una costruzione ancora incompiuta, per la mancanza di meccanismi di condivisione dei rischi finanziari, rappresentati dall’operatività di un sistema comune di assicurazione dei depositi (European Deposit Insurance System, EDIS).

I tre pilastri
I tre pilastri che compongono l’assetto dell’Unione bancaria sono: il Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism, SSM), il Meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism, SRM), infine il citato sistema unico di garanzia dei depositi, non ancora operativo.
Il negoziato sulla proposta di regolamento formulata dalla Commissione, introdurrebbe un sistema comune di assicurazione dei depositi, per ridurre la vulnerabilità dei depositi bancari, rispetto a shock locali di grande portata e per attenuare il legame tra fiducia nelle banche e quella nei loro emittenti sovrani nazionali. Lo schema di assicurazione dei depositi, caratterizzato da un negoziato lungo e complesso, tuttora in corso, dovrebbe permettere il rimborso ai piccoli depositanti di banche soggette a procedure di liquidazione, attraverso l’esborso di denaro proveniente dal resto del sistema bancario e non direttamente dai contribuenti. Alcuni Stati membri, tra i quali la Germania, hanno richiesto che l’approvazione del sistema comune di assicurazione dei depositi sia subordinata alla previa approvazione di misure di riduzione del rischio, come l’armonizzazione di altre importanti normative nazionali, quali le leggi fallimentari, la disciplina delle garanzie, alcuni aspetti relativi al trattamento fiscale e, soprattutto, all’introduzione di requisiti prudenziali sui titoli di Stato detenuti dalle banche.
Dopo la realizzazione dei primi due pilastri dell’Unione bancaria, il Meccanismo di vigilanza unico, e il Meccanismo di risoluzione unico, entrambi all’altezza delle sfide poste alla stabilità finanziaria, si tratta di agire con coerenza imparando dalla lezione della crisi pandemica da Covid-19.
Attraverso il programma europeo di ripresa e resilienza Next Generation EU sono state poste le premesse istituzionali, politiche ed economiche per superare lo storico contrasto sulla condivisione dei rischi finanziari tra gli Stati dell’eurozona. L’Unione bancaria è oggi un cantiere ancora aperto e in costruzione, tuttavia, c’è un impegno politico preciso da parte delle istituzioni europee per completare il cammino della costruzione dell’Unione bancaria approvando anche il sistema unico di assicurazione dei depositi bancari per rafforzare la resilienza delle economie dell’eurozona e sostenerne le transizioni.
Spazi bianchi e spazi scritti
Sempre a proposito di Unione bancaria, Sabino Cassese1 ha osservato che “per comprendere il disegno che si va costruendo, bisogna soffermarsi sulle figure organizzative composite” e che “le figure composite sperimentate all’interno degli Stati presentano i seguenti caratteri: concorso di amministrazioni separate, ma contitolari di funzioni o di parti di funzioni, che vengono conferite a un’amministrazione comune, alla quale esse contribuiscono anche organizzativamente; integrazione in forma associativa, non ordinabile in forma gerarchica, né in funzione del centro o della periferia, ma in funzione del servizio da svolgere; prevalenza del profilo funzionale su quello soggettivo, che passa in secondo piano, in quanto i soggetti fanno parte dell’organizzazione comune, non viceversa (per cui le amministrazioni composte sono adespote)”.
Cassese ha parimenti messo in guardia dal rischio di voler ricostruire in modo statico l’architettura finanziaria europea, perché essa stessa non appare “un corpo legislativo stabile, e neppure una legislazione in movimento, bensì un movimento legislativo nel quale – per dirla in termini proustiani – gli spazi bianchi sono almeno altrettanto quanto quelli scritti”.
L’Unione bancaria, che rappresenta un intricato e complesso sistema a cerchi concentrici e asimmetrici, pare aprire la strada a un modello istituzionale, fondato sul federalismo e sulla sovranazionalità. Il modello così delineato, da un lato rappresenta un fattore indubbiamente foriero di maggiore integrazione tra gli Stati dell’eurozona, per fronteggiare l’emergenza economico-finanziaria, dall’altro segna un passo verso la frammentazione dell’ordinamento giuridico europeo nella sua globalità. Attesa la difficoltà di cristallizzare il modello giuridico di composizione amministrativa vigente nell’Unione bancaria, in continua evoluzione, peraltro del tutto inedito e peculiare rispetto ai modelli precedenti adottati nel processo di integrazione dell’Unione Europea, pare potersi affermare che l’Unione bancaria risulta da una combinazione tra i caratteri dell’amministrazione diretta e alcuni elementi della coamministrazione, disegnando un sistema unico all’interno dello spazio europeo (corrispondente all’eurozona) a trazione sovranazionale.
Il sistema amministrativo unico proprio dell’Unione bancaria non si affianca, bensì prende il posto delle amministrazioni nazionali, secondo un’organizzazione di tipo federale, sul modello dell’integrazione in cui “si registra una penetrazione della amministrazione sovranazionale in quelle nazionali e, viceversa, una penetrazione delle amministrazioni nazionali in quella sovranazionale2”.
Il rapporto tra tecnica e politica
Lo stato di avanzamento dell’Unione bancaria mette in evidenza che nel rapporto tra tecnica (che rappresenta l’elemento prevalente nell’assetto attuale della governance dell’Unione bancaria) e politica (ovvero Commissione, Consiglio e Stati membri che hanno inteso dare una riposta alla crisi economica e finanziaria) risiede la chiave di volta per l’avanzamento nell’integrazione ancora più compiuta o per l’arretramento del progetto europeo. Il problema dell’equilibrio e della razionalità del rapporto non deriva da compiti svolti da organi tecnici che, invece, dovrebbero essere appannaggio di soggetti politici, bensì discende da decisioni a oggettivo contenuto tecnico. Tali decisioni sono rimesse alla discrezionalità di organi politici che deliberano a maggioranza come avviene per la Commissione e per il Consiglio, i quali giocano un ruolo centrale nel decretare la risoluzione delle crisi bancarie. È stato segnalato da più parti che, nel difficile e complesso equilibrio tra tecnica e politica nell’impianto istituzionale dell’Unione bancaria, le problematiche principali si spostano essenzialmente nell’ambito della legittimazione. Proprio sotto quest’ultimo profilo emergono due interrogativi: da un lato quello che attiene al livello della tecnificazione delle regole, dell’organizzazione dei poteri e dall’altro quello inerente all’aspetto della democraticità, in ordine alle decisioni assunte nell’ambito delle politiche di stabilità finanziaria. Tuttavia, è opportuno segnalare che le procedure di parlamentarizzazione sull’esercizio della funzione amministrativa, nell’ambito della vigilanza e della risoluzione, sono state valorizzate dal legislatore europeo anche mediante la stipulazione di accordi interistituzionali. Questi ultimi sono stati finalizzati a corroborare gli obblighi di rendicontazione sull’attività delle autorità dell’Unione bancaria, con l’obiettivo di legittimare il processo democratico-rappresentativo con riferimento a funzioni amministrative in cui risulta prevalente il profilo tecnico.
L’Unione bancaria si pone così in parziale dissonanza rispetto al disegno istituzionale europeo, poco incline alla centralizzazione e alla reductio ad unum, anche sotto il profilo economico-finanziario. L’avvento dell’Unione bancaria ha permesso sinora uno straordinario rafforzamento dell’unione monetaria e ha ricondotto a sistema talune debolezze del disegno istituzionale europeo, che la crisi dei debiti sovrani e anche la recente crisi pandemica da Covid-19 ha riproposto con tratti di drammatica attualità.
Se il Meccanismo di vigilanza unico è ormai un dato acquisito nell’ordinamento europeo, con successo, il Meccanismo di risoluzione unico necessita ancora di qualche correttivo, a causa dei notevoli profili d’instabilità che hanno generato le citate plurime crisi, soprattutto sotto il profilo dell’esigenza di garanzia per depositanti e investitori, con l’incertezza dovuta principalmente alla carenza dell’assicurazione comune dei depositi bancari e di un sistema di condivisione dei rischi d’insolvenza degli istituti bancari..
Il principale problema di fondo rimane la debolezza strutturale dell’Unione monetaria, che è a tutt’oggi priva di una dimensione statuale di rango politico, in cui il possibile e sempre in agguato rischio d’insolvenza dei debitori Stati nazionali, non può essere oggetto di assicurazione e di salvaguardia piena fintanto che non si sia portata a compimento l’unione fiscale, che permetta almeno in una qualche forma condivisa e concertata la garanzia dei debiti dei Paesi membri.
NOTE
1. S. Cassese, La nuova architettura finanziaria europea, in Dal testo unico bancario all’Unione bancaria: tecniche normative e allocazione dei poteri, in Quaderni di Ricerca Giuridica della Consulenza Legale della Banca d’Italia, marzo 2014, p. 19.
2. S. Cassese, Il procedimento amministrativo europeo, in F. Bignami, S. Cassese (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto europeo, Milano 2004, p. 33.